L’inibitore di pompa protonica Omeprazolo e il gatto

Thrift Store Finds – Prompt:

Entra in un negozio di articoli usati, prendi un oggetto e immagina il suo precedente proprietario: come usava l’oggetto? Perché lo ha dato via?

Un uomo entrò in un bar.
Questo è l’inizio non di una barzelletta, ma di ciò che presto si sarebbe trasformato in un incubo per l’uomo in questione, del quale non si sa il nome, se non quello che si è scelto per condividere la sua storia con i suoi compagni di sventura.
Così, una sera di maggio del 2018, dopo un litigio con la sua ragazza, Omeprazolo entrò in un bar per calmarsi, bevendosi una pils ghiacciata mentre si godeva la finale della Champions League.
Nella pausa tra il primo e il secondo tempo, notò un gatto rosso camminare sul bancone, passando delicatamente tra i bicchieri degli altri uomini.
“Solo?” lo approcciò il felino.
Omeprazolo annuì incuriosito: in tutta la sua vita nessuna donna lo aveva mai avvicinato a un bancone. Figurarsi un gatto.
“Che ne diresti di intrattenerci con un gioco?” gli disse il gatto strofinandosi un po’ sul braccio di Omeprazolo.
“Che cosa hai in mente?” gli chiese in rimando questi mentre gli grattava il collo. Il gatto cominciò a fare le fusa, poi rispose:
“Forza 4.”
Omeprazolo rise:
“Ci sai giocare?”
“Certo.”
“Davvero?”
Il gatto strofinò il suo corpo contro il braccio di Omeprazolo, poi lo guardò dritto negli occhi:
“Scommettiamo?”
E fu così che, accettando, Omeprazolo firmò la propria condanna.
Tutto avvenne in pochi secondi: un uomo arrivò con il materiale necessario al gioco, lo poggiò sul bancone, e la partita iniziò.
Il gatto puntava la sua zampetta pelosa e delicata dove voleva che il suo gettone rosso venisse inserito, e l’uomo lasciava cadere il piccolo disco.
Omeprazolo guardò con terrore l’ultima mossa del gatto: aveva costruito una sequenza di 4 gettoni rossi in diagonale e un’altra in verticale.
Il gatto vinse la prima partita.
Omeprazolo non sopportò l’aver sottovalutato così tanto il gatto e gli chiese una rivincita. L’animale acconsentì:
“Allora vada per 2 vinte su 3.”
Ma Omeprazolo perse anche la seconda partita e, con essa, la dignità: chiese un 3 su 5.
“E sia,” disse il gatto muovendo la coda, “ma sappi che non ho tutta la sera.”
Omeprazolo perse ancora.
“Bene,” disse il gatto, “mi pare avessimo scommesso qualcosa all’inizio…”
Umiliato e accaldato, Omeprazolo ascoltò attentamente le istruzioni del gatto su quanto dovesse fare.
“Comunque, sono Odoacre,” disse infine il gatto, prima di balzare giù dal bancone, seguito dall’uomo che lo aveva aiutato a far cadere i gettoni nella griglia di gioco, e un altro del tutto simile a lui.
Omeprazolo rimase al bancone, lasciando cadere le lacrime nel bicchiere di birra.
La prima cosa che si trovò costretto a fare a causa della scommessa persa, fu lasciarsi crescere dei sottili baffetti.
“Quelle specie di limacce non ti donano affatto,” gli diceva la sua ragazza tutte le mattine guardandogli gli spessi peli sul labbro superiore.
Quando poi i baffi furono ben formati, Omeprazolo si avviò a proseguire con la parte di scommessa che temeva di più.
Si recò in un negozio di costumi.
“Desidera?” chiese il commesso.
“Un… Un costume… da…”
“Da…?”
Omeprazolo bisbigliò qualcosa.
“Non ho capito, può ripetere?” disse il commesso, un po’ innervosito.
“Da Zorro.”
“Con o senza cappello?”
“Con. E anche con la spada finta.”
Fu così che Omeprazolo divenne un intervistatore per la Asir Sat, allo scopo di valutare ciò che lui conosceva come customer satisfaction. Nella vita reale, infatti, Omeprazolo aveva studiato lingue, ed era traduttore di libri dal francese e dall’inglese all’italiano, e anche viceversa.
I giri nelle case degli utenti milanesi erano tanti, e andò a finire che Omeprazolo trascurò non solo la sua ragazza, ma pure il lavoro, perdendoli entrambi:
“E poi, Biiip1,” gli disse la donna prima di andare via di casa con uno scatolone contenente le sue cose, “quei baffi ti stanno veramente male e mi fanno irritazione.”
Omeprazolo seppe solo in seguito che la sua (ex-)ragazza aveva avviato una relazione con il dermatologo che le aveva consigliato la pomata per il rossore che i baffi alla Zorro le avevano provocato.
La casa editrice per la quale lavorava, invece, non disse nulla e smise da assegnargli nuovi lavori da tradurre.
Fu così che, quasi un anno dopo, Omeprazolo era di nuovo al solito bar, solo e con i baffetti alla Zorro che si sporcavano con la schiuma della birra.
“Ehi,” lo salutò qualcuno di fianco al bancone.
Era Odoacre.
Con terrore, Omeprazolo gli chiese che cosa volesse.
“Vedi, sono stato eletto europarlamentare, e penso che tu mi possa servire.”
“Per la soddisfazione degli elettori?”
“No, come traduttore simultaneo.”
A Omeprazolo quasi vennero le lacrime agli occhi.
Il giorno dopo si rase i baffetti e portò il vestito da Zorro in un negozio dell’usato: stava per avviarsi a una vita nuova, divisa tra Bruxelles e Strasburgo.
Lì si rese presto conto che il suo lavoro era confinato alle pause caffè degli europarlamentari:
“Socializzare è molto importante se si vuole aumentare sempre di più il proprio divertimento e, di conseguenza, il proprio potere,” gli aveva detto Odoacre.
Fu così che Omeprazolo quasi rimpianse i tempi nei quali girava per le case vestito da Zorro, imitando un accento spagnolo.
Nelle sedi del Parlamento, infatti, doveva tradurre quanto Odoacre diceva ai suoi interlocutori incravattati mentre si era in pausa. Aveva anche pensato di tradurre quanto Odoacre gli diceva in modo ridicolo, ma Omeprazolo era una persona troppo onesta per poterlo fare. E poi aveva capito che quel gatto ne sapeva una più del diavolo2 e, data la sua natura, giocava con tutti come se fossero topi. Non c’era via di scampo, ed era un compito più difficile di quanto potesse credere.
“Ti chiede di che cosa ti occupi,” riferì una volta a Odoacre.
“Digli che sono un imprenditore.”
Omeprazolo tradusse all’uomo incravattato e poi tradusse a Odoacre la domanda che aveva guadagnato:
“Chiede il tuo business.”
“Digli che prima ero nella bigiotteria, ma ora ho un’azienda di decoder, una vitivinicola e una cioccolateria. E quasi una che produce coperchi.”
“Quasi? Coperchi?”
“Sì. Digli che è un po’ come una nuda proprietà con usufrutto non a vita, ma a morte del nudo proprietario.”
Omeprazolo lo guardò perplesso.
“Se non sai come tradurlo, prova a spiegarlo con altre parole,” disse Odoacre muovendo la coda.
Omeprazolo tradusse, pensando che si sarebbe procurato presto una pessima fama di traduttore.
Cominciò perfino a immaginare le risate degli altri traduttori che avevano udito quella confusa accozzaglia di parole, quando una voce di donna gli si avvicinò e prese a parlargli in italiano, ma con un accento francese.
“Che bello questo gattino che hai.”
Odoacre non disse nulla e se ne andò a passettini veloci.
Fu così che Omeprazolo iniziò a parlare con la donna, di madre italiana e padre francese, e a conoscerla. E quando lui era a Milano chattava con lei in francese, italiano e inglese. Lo trovava divertente, specialmente quando lo faceva al bar davanti a una birra.
“Ehi,” gli disse una voce nota in una di quelle occasioni.
Omeprazolo non aveva più paura di Odoacre anzi, gli era perfino un po’ grato per avergli fatto conoscere, seppur inconsapevolmente, la donna francese.
“Ti volevo dire che non mi servono più le tue traduzioni.”
Omeprazolo sbatté le palpebre: era evidente che quel gatto era una totale sorpresa.
“Non per colpa tua, ma ho bisogno di stare a Milano per gestire le mie aziende ed espandermi, perciò ho trovato un mio sosia, un gatto irlandese che parla inglese e italiano. Farà le mie veci al Parlamento Europeo per una modica cifra.”
Omeprazolo guardò il telefono: la francese gli aveva inviato un nuovo messaggio. Dall’anteprima si vedeva:
Quando torni? Next time I’d like to…
“Perciò,” continuò Odoacre, “prenditi una o due settimane per farti ricrescere i baffi e poi ricomincia con il vecchio lavoro con i clienti Asir Sat.”
Omeprazolo guardò la luce dello schermo del telefono spegnersi mentre pensava che il giorno dopo sarebbe dovuto passare al negozio dell’usato a ricomprare il costume da Zorro. Probabilmente lo avrebbe ritrovato: non era Carnevale, dove ogni scherzo valeva.
Era giugno, e non c’era proprio nulla da ridere.

  1. Censura per tutelare la (residua) dignità del protagonista di questa storia.
  2. E aveva ragione.