Una rottura di scatola

Red Snow – Prompt:

È arrivata la prima neve dell’anno e vai nel cortile. Ammiri quanto c’è intorno a te, quando intravedi qualcosa di rosso spiccare su un cumulo di neve.

In quei giorni a Milano si era vista tantissima neve. O, almeno, la si era vista nei servizi sul maltempo al telegiornale, e sui quotidiani online.
Andreas non poteva fare a meno di leggere sul telefono le notizie sul millantato maltempo, corredate di foto letteralmente agghiaccianti, e poi di guardare fuori dalla finestra. C’era qualche fiocco che cadeva, ma l’asfalto era bagnato e avrebbe inghiottito la debole nevicata, facendola cadere nell’oblio.
“Andri,” gli disse Lalore pronta per andare al lavoro, “ricordati di portare giù la busta dell’organico: sta strabordando dal secchio.”
“Vuoi che vada in cortile con questo freddo?” disse Andreas mostrandole la foto sull’articolo che stava leggendo.
Lalore sorrise e lo baciò, poi andò via di casa.
Andreas si preparò e fece per lasciare anche lui l’appartamento.
Fumagalli urlò:
“Stai dimenticando l’umido.”
Andreas andò in cucina, chiuse la busta e corse verso la porta, con il terrore che potesse esserci qualche perdita.
Scese così le scale del palazzo e arrivò a una porticina: quella che dava sul cortile.
Lì, a parte i bidoni condominiali della spazzatura, non c’era nulla. Era un posto così desolato, che nemmeno il sole ci batteva. Andreas constatò che, forse, quello era l’unico posto di Milano dove potevano esserci le condizioni per avere mezzo centimetro di neve. In quel momento, era tutto spolverato come la superficie di un pandoro1, a parte qualche impronta di scarpa che lasciava intravedere il grigio del cemento.
Andreas corse al bidone marrone dell’organico e buttò la busta. Poi notò qualcosa di strano nel sottile strato di neve.
Non tanto una serie di impronte, ma qualcosa di rosso. Si avvicinò: il rosso era stato causato da un gocciolamento. E così come la serie di impronte proseguiva, così quella delle gocce rosse le seguiva parallelamente. Fu così che Andreas la imitò e arrivò in un posto che odorava di muffa, riparato da una piccola tettoia in lamiera, dove fino a qualche anno prima c’erano stati i bidoni della spazzatura, prima che i condomini chiedessero di averli più vicini alla porta del cortile. Ora la tettoria offriva riparo a oggetti in stato di semi-abbandono, come ramazze spampanate e scale a pioli scheggiate e consumate.
Andreas restò per qualche secondo fermo sotto la tettoia, poi qualcosa lo colpì in testa. Qualcosa di leggero, ma ben concentrato in un solo punto. Si passò la mano sul capo e vide le dita rosse.
Urlò e scappò, tornando nell’appartamento come un razzo.
Anche Fumagalli urlò quando ne vide l’espressione:
“Che succede?”
“La Robi ci ha messi in un giallo!”
“Interessante, a me piacciono i gialli,” disse Fumagalli nettamente più calmo, prendendo un po’ l’aria da detective che aveva mostrato in qualche precedente occasione, “che cosa hai trovato?”
“Un cadavere!”
“Davvero?”
“Be’, no, non ancora almeno. Ho trovato però del sangue.”
Fumagalli ridacchiò:
“Per una volta devo essere io a dirtelo: non fare il drammatico. Nelle storie della Robi non muore mai nessuno. Però sono curioso: portami giù, così vediamo insieme.”
“Va bene, però mi sentirei più sicuro se avessimo qualcuno esperto di crimini.”
“Ma io… non ho forse dato prova in passato di avere il tocco dell’investigatore?” disse Fumagalli scotendo leggermente le penne.
“Ne avrai anche il tocco, ma non ne hai le mani, e due braccia potrebbero essere d’aiuto.”
Fumagalli dovette dare ragione all’amico, e andarono da Manuel, che aprì loro la porta ancora in pigiama. Andreas restò sul vago, e chiese all’amico di andare giù in cortile perché c’era qualcosa di inusuale.
“Datemi un minuto,” disse Manuel. Sparì dalla vista per qualche secondo e, lì sulla soglia, si preparò, buttandosi addosso solo il cappotto e infilando i piedi negli scarponi. Era di fatto stato solo qualche secondo più lento di Fumagalli, quando questi si preparava a uscire.
Poi cominciarono a scendere le scale.
“Ti vedo affaticato: lavoro o donne?” chiese Andreas reggendo in braccio Fumagalli.
“Donne: ma va… Però devo ammettere almeno con te che Linda, o Brianna, come ora vuole essere chiamata…”
“Voi due…” chiese Andreas rallentando il passo.
“No, no. Che cosa vai a pensare. Ogni tanto le mando qualche messaggio e il modo in cui mi risponde… Non ho mai conosciuto una donna così.”
“Non ne dubitiamo,” rispose Fumagalli.
Arrivarono nel cortile, dove Andreas poggiò Fumagalli per terra e mostrò a Manuel le impronte e le gocce rosse.
Manuel ispezionò il percorso delle impronte indicato da Andreas e si avvicinò alla tettoia.
“Vediamo semplicemente che cosa c’è sulla lamiera,” disse, e si tolse il cappotto.
“Aspetta, c’è una scala-”
Andreas non lo credette possibile, ma lo vide: Manuel, seppur poco incline al cibo sano, si tirò su agevolmente fino a poggiarsi con entrambi gli avambracci sulla lamiera.
“Ci sono delle scatole,” disse con il fiato corto, “e una, effettivamente, è macchiata di rosso.”
“Rosso… Tipo sangue?”
“Sì, tipo,” rispose Manuel sforzandosi di allungarsi sulla lamiera, con i piedi penzoloni.
“È ancora viva?” chiese Andreas.
“Chi?”
“La scat… Scusa.”
Poi la porta del cortile si aprì. Il rumore fece spaventare Manuel, che cadde a terra.
I tre guardarono chi aveva aperto la porta: non un condomino, ma qualcuno di bianco che reggeva una scatola tra le mani. Andreas lo riconobbe, ora che lo rivedeva in quelle vesti per la seconda volta. Era l’assistente di Odoacre.
Alla vista dei tre, l’uomo in bianco si spaventò e la scatola gli scivolò, facendo un rumore sordo.
Poi il pavimento dove la scatola era caduta cominciò a macchiarsi di rosso.
“Oh no,” disse l’uomo, “spero non si siano rotte tutte.”
“E lei chi è?” chiese Manuel scrollandosi minuscole particelle di neve di dosso dai pantaloni del pigiama.
“Lo conosco io,” disse Andreas, “lavora per la Asir Sat.”
Fumagalli urlò.
I tre si avvicinarono all’uomo, che aveva aperto la scatola rivelando che cosa lasciasse macchie rosse: delle bottiglie di vino.
“Ma lei abita qui?” chiese Manuel.
L’uomo in bianco smise di rovistare nella scatola:
“Qui?! No, per carità: io abito in centro.”
“E allora come è entrato?”
“Forse non lo sapete, ma questo è l’unico palazzo di Milano nel quale si può entrare e uscire come si vuole.”
Andreas sospirò:
“Vero: non avete idea delle persone che mi ritrovo direttamente a suonare il campanello di casa.”
“Non ho mai ospiti,” disse Manuel alzando le spalle.
“Però,” continuò Andreas, “è comunque violazione di proprietà privata.”
“No,” disse l’uomo in bianco riprendendo ad armeggiare con la scatola e le bottiglie, nettandone una con un fazzoletto, poi rinunciandoci, “non è chiuso e non serve un biglietto: di fatto, sono in un luogo pubblico.”
Manuel ci pensò, poi disse:
“Credo che non faccia una piega.”
“Voi della Asir Sat siete tremendi con i cavilli. Comunque, che cosa fai qui?” chiese Andreas.
“Sto mettendo al fresco le bottiglie di vino da dare ai potenziali nuovi fornitori della ditta.”
“Cioè, quel gocciolio che passa tra le lamiere della tettoia, viene da bottiglie di vino?” domandò Manuel.
“No, davvero?! Ce ne sono altre rotte? Devo ricordarmi di far presente al capo di cambiare la vetreria,” disse l’uomo correndo verso la tettoia. Ivi prese una scala, la appoggiò al bordo della lamiera del tetto e cominciò a salire.
“Scusa… Posso darti del tu?” chiese Fumagalli.
“Ma certo che puoi,” gli rispose Andreas, “è praticamente di casa.”
Fumagalli annuì e continuò a rivolgersi all’uomo in bianco:
“Stai implicitamente dicendo che la Asir Sat sta usando il nostro cortile come deposito delle bottiglie?”
“Sì,” disse l’altro facendo rumori metallici sulla lamiera.
“Gratuitamente?” chiese Andreas.
“Sì. Me lo reggi un attimo?” disse l’uomo calandogli la scatola che gocciolava.
Andreas la prese e rimase a mantenerla imbambolato.
L’uomo scese della tettoia e ripose la scala al suo posto:
“Facciamo così, visto che siete in un certo senso dei fornitori anche voi, vi regalo questa scatola,” disse indicando quella che Andreas stava reggendo, “un affare, visto che probabilmente solo una bottiglia si è rotta, mentre le altre saranno sicuramente integre. Siamo a posto, no?”
Manuel, Andreas e Fumagalli si guardarono dubbiosi, ma non poterono protestare: l’uomo era già scappato, lasciando l’altra scatola, quella che aveva fatto cadere per terra, esattamente dove era.
Andreas poggiò quella ricevuta in dono e la aprì insieme a Manuel, quindi estrasse una delle bottiglie: il vino si chiamava schianti, prodotto dalla Vitivinicola 7 acri.
“Ma è una truffa,” disse Fumagalli, “sembra un chianti, ma non lo è.”
“Non è una truffa,” disse Manuel rigirando la bottiglia sporca fra le mani, “perché non si chiama chianti. E poi l’etichetta dice chiaramente che non è chianti classico, ma chianti abbastanza classico. Come si dice in questi casi, in vino veritas.”
“Non posso crederci,” disse Andreas lasciando impronte confuse sullo strato di neve del cortile, “ora la bestia si è messa a fare anche vini, sempre con il suo stile da criminale!”
Manuel si portò una mano sporca di vino al naso, poi alla bocca.
“Guarda,” disse Andreas, “ti dico solo che già so che è un vino pessimo.”
“Mettiamola così: hanno trasformato l’acqua in vino quel tanto che basta per non considerarla più tale. Be’, le vuoi prendere tu?” disse Manuel indicando la scatola più o meno intatta.
“Ma io non bevo.”
“Ti garantisco che una cosa così non la bevo nemmeno io. Magari però Lalore può usarlo per cucinare.”
L’idea sembrò subito buona, e Andreas accettò di portare a casa le bottiglie sopravvissute, non prima però di aver sistemato con Manuel il disastro che l’uomo in bianco aveva combinato con l’altra scatola di schianti.
Infine, lasciarono il cortile e cominciarono a salire le scale, Andreas reggendo Fumagalli e Manuel le bottiglie, poi Andreas si fermò.
“Che c’è?” gli chiesero Manuel e Fumagalli.
“Non vedete queste macchie color ruggine, qui sui gradini?”
“No, ti prego,” disse Fumagalli, “nessun altro giallo, perché questo è stato letteralmente un fiasco.”
“Ma quale giallo,” disse Andreas sconsolato, “è la busta dell’organico che ho portato giù prima: colava.”

  1. Il prompt parla di cumulo di neve, ma a Milano non c’è stato assolutamente nulla di paragonabile a tale precipitazione atmosferica, e la verosimiglianza di una storia viene prima di tutto ;)