Harmonie accidentali

I’m Thankful for That – Prompt:

Un personaggio è grato per qualcosa di inusuale.

Era il primo sabato di dicembre. Ed era anche il giorno del rientro di Phil dalla sua tournée con i Jazz musical box a New York.
Durante quella settimana di assenza, Phil aveva costantemente chiamato Billa dopo ogni esibizione, cioè ogni mattina alle 6, ora italiana.
Chiamate brevi, visto che Phil, per quanto notevolmente migliorato nel corso dell’anno, era sempre un tipo un po’ taciturno, e anche perché voleva far riposare le corde vocali, stanche dopo i concerti.
Così quel sabato, verso l’ora di pranzo, Pier e Gian avevano riportato lo scatolone di Phil nell’appartamento del signor Cavalleri, con non poco trambusto sul pianerottolo. Fumagalli era subito accorso per poter salutarlo.
“Phil?” lo chiamò una volta giunto nel soggiorno.
Pier e Gian alzarono le spalle all’unisono:
“È stato taciturno per tutto il viaggio in auto. Non una parola,” disse il primo.
“Forse gli è piaciuta troppo l’atmosfera di New York e ha bisogno del tempo per riabituarsi,” disse il secondo.
“Sarà solo stanco dopo il lungo viaggio,” disse Billa avvicinandosi a Phil, “dopo tutto, essendo in una scatola, lo hanno imbarcato come bagaglio. E poi si sa che c’è il jet lag.”
I due musicisti se ne andarono e Fumagalli si trattenne ancora un po’ davanti la scatola di Phil. Dopo averla guardata a lungo, disse:
“Scusa Billa, non trovi che questo scatolone sia un po’ diverso dal solito? È decorato con una fantasia che non ricordo di aver disegnato e, soprattutto, mi sembra più piccolo.”
“Forse è un costume di scena che si è fatto fare lì a New York per l’occasione, e se lo è fatto fare un po’ attillato per essere più alla moda.”
“Phil?” lo chiamò ancora Fumagalli, ma senza ottenere risposta.
“Lasciamolo riposare per oggi,” gli disse Billa.
Fumagalli seguì l’indicazione e ritornò la sera successiva, per riprovare a salutare l’amico e avere da lui qualche impressione sull’esperienza musicale oltreoceano.
Trovò Billa in visibile stato di agitazione:
“Qualcosa non va,” gli disse immediatamente, “è da ieri che Phil non mangia. Gli ho lasciato le uova, come sempre, e… non le ha prese.”
“Potrebbe essere malato,” suggerì gravemente Fumagalli.
“Dici?”
“Be’, se si è sforzato tanto a cantare, e se il tempo era freddo, magari si è indebolito e ora si è preso qualche virus. Phil: non c’è bisogno che parli, ma potresti almeno scriverci qualcosa?”
Dalla scatola non venne fuori nulla.
“Io ho un’idea,” disse Ilgeco, discretamente avvicinatosi ai due uccelli, “mettiamo un po’ di musica, come facciamo di solito. Rientrare in una routine potrebbe aiutarlo a sciogliersi.”
Chiaramente, i tre animali dovettero coinvolgere il signor Cavalleri, che mise sul giradischi uno dei dischi jazz preferiti dallo squonk.
Dopo qualche secondo, si sentì qualcuno improvvisare.
Billa si avvicinò alla scatola:
“È come dicevi tu, Fumagalli: Phil si è ammalato. Non senti come il suono della sua voce sia diverso dal solito?”
Il pavone si avvicinò alla gallina e porse l’orecchio alla scatola:
“Hai ragione, sembra che ora sia il suono di… un vibrafono.”
“Non solo,” disse il signor Cavalleri avvicinandosi anche lui alla scatola, “ma fa dei virtuosismi non indifferenti, alla Red Norvo.”
Fumagalli trattenne un urlo.
“Tutto bene?” gli chiese Ilgeco.
“Un’idea… Un foglio di carta e una penna, per favore,” rispose Fumagalli rivolgendosi al signor Cavalleri. Quando questi tornò con un foglietto e un penna, gli chiese di infilarli tra le fessure che chiudevano la parte alta dello scatolone.
“Ma certo,” disse Billa, “ha mal di gola e, sfortunatamente, ha anche finito carta e penna!”
Tutti si strinsero attorno alla scatola e tacquero: si sentiva effettivamente che, al suo interno, una punta di una penna stava scorrendo su un foglio.
Infine, da una fessura superiore, venne fuori il foglio. Fumagalli lo prese immediatamente nel becco, lo poggiò a terra e urlò.
Anche Billa espresse la propria sorpresa:
“Non si capisce nulla!”
Il signor Cavalleri prese il foglio, se lo avvicinò alla faccia, poi lo allontanò, poi chiese un momento per prendersi gli occhiali. Dopo che li ebbe inforcati, disse:
“È una variazione del cirillico russo.”
“E che cosa dice?” chiese Billa.
“Sembra che… Sembra che stia chiedendo aiuto per tornare a casa.”
“Oh no,” disse Billa, “Phil è malato al punto da essere in stato confusionale!”
“O forse ho solo sbagliato a tradurre,” disse il signor Cavalleri, “conosco un po’ di russo, ma non la parlo da tanto tempo. E poi questa sembra essere una variazione del russo che conosco io, quindi quanto ho detto non è del tutto attendibile.”
“Per favore,” disse Fumagalli risoluto, “stiamo tutti calmi. Non si impara a scrivere in cirillico-”
“In una sua variazione,” aggiunse il signor Cavalleri.
“Certo, in una sua variazione, ma anche in quel caso, non lo si impara da un giorno all’altro. E poi non dimentichiamo la sua nuova voce da vibrafono. Tutto ciò ha una sola spiegazione.”
Fumagalli si godette il momento di gloria, con tutti a pendere dalle sue labbra. O, meglio, dal suo becco.
Ilgeco, intuitivo, disse:
“Manteniamo la calma. Manteniamo tutti la calma.”
“Ma perché? Non capisco,” disse Billa.
“Questo non è Phil,” dichiarò infine Fumagalli.
Ci volle un po’ affinché Billa si riprendesse dopo l’immobilismo iniziale:
“Ma allora, dove è finito Phil? E chi c’è qua dentro? Oh: chiunque sia, è smarrito e non mangia da almeno due giorni!”
“Signor Cavalleri,” disse Fumagalli, “con il russo che conosce, potrebbe chiedere alla scatola qualche dettaglio? Tipo il nome, la provenienza… Insomma, qualche informazione per capire chi ci sia e che cosa è successo.”
Il signor Cavalleri iniziò a parlare in russo, mentre ripassava alla creatura nella scatola il materiale per scrivere, affinché potesse rispondere.
Fu così che gli astanti vennero a conoscenza del fatto che nella scatola non c’era uno squonk, ma una squonk ucraina di nome Harmonie, proveniente da Myrhorod, vibrafonista professionista in una band jazz, coincidentemente in tour oltreoceano nello stesso periodo in cui c’erano anche i Jazz musical box.
“Povera piccola,” disse Billa, “tutta sola in una terra straniera. Dobbiamo aiutarla a tornare a casa.”
“Sì, ma Phil, allora?” domandò Ilgeco.
Billa si rabbuiò e, pur ascoltando il signor Cavalleri che chiedeva informazioni a Harmonie per cercare di riunirla alla propria famiglia, stava rannicchiata con il collo incassato e le scapole sporgenti.
Ma l’angoscia non durò a lungo: a sorpresa, il giorno dopo qualcuno suonò al citofono del signor Cavalleri. Fumagalli, che era lì per dare conforto alla famiglia in quel momento difficile, ne ascoltò le strane risposte.
“Come un pacco? Ma io non ho ordinato nulla… Una bolla di accompagnamento? E che cosa dice?”
Ci fu una pausa, poi il signor Cavalleri urlò:
“Presto, presto, me lo porti su!”
“Che succede?” chiese Billa.
“Un pacco per noi, con un messaggio: Sono Phil!.”
Appena Phil fu portato in casa dal corriere, tutti si assieparono attorno al loro scatolone di famiglia per chiedere spiegazioni.
Divenne così chiaro che c’era stato una scambio di scatole in aeroporto e che, una volta ritrovatosi nella famiglia di Harmonie a Myrhorod, Phil era riuscito rapidamente a chiarire il malinteso perché aveva preso a parlare in italiano. La famiglia di Harmonie, riconosciuto a orecchio l’idioma, aveva chiamato una donna che, a causa di un precedente lavoro da badante svolto in provincia di Caserta, conosceva l’italiano.
“Forse non siamo stati altrettanto rapidi ma, grazie al signor Cavalleri, siamo riusciti ad avere comunque l’indirizzo della famiglia di Harmonie: Andreas la spedirà domani con la prioritaria,” spiegò Fumagalli a Phil, il quale si rivolse alla squonk:
“Harmonie?”
Harmonie non rispose e allora Phil prese a cantare, come un sax. E qui, avvenne quanto meravigliò i presenti: la squonk prese a cantare come un vibrafono. I due improvvisarono a cappella per una decina di minuti, con grande soddisfazione del piccolo pubblico che li ascoltava.
Il giorno dopo, Andreas si presentò prestissimo a casa del signor Cavalleri, accompagnato da Fumagalli. Come concordato anche con la famiglia di Harmonie, contattata telefonicamente per non farla stare ulteriormente in pensiero, era il giorno della partenza.
Il signor Cavalleri tradusse alla squonk i saluti di Billa e Ilgeco, e Harmonie rispose con bigliettini scritti in ucraino che l’uomo, pazientemente, leggeva e traduceva in italiano.
Infine, toccò a Phil.
“Non vuoi dirle nulla?” gli disse Billa.
Phil emise un foglietto che il signor Cavalleri prese:
“Una lettera di ringraziamento al personale del JFK per aver invertito le spedizioni delle scatole?”
“Ops!” esclamò Phil, prima di far uscire un secondo foglietto che, di nuovo, venne raccolto dal signor Cavalleri. Questi lo lesse e poi, commosso, disse:
“È bellissimo… Provo a tradurlo il più fedelmente possibile.”
“Che cosa dice?” chiese Andreas.
“È un haiku per Harmonie,” spiegò il signor Cavalleri, poi parlò in russo alla squonk. Dopo qualche secondo, dalla scatola di Harmonie venne fuori un foglietto. Il signor Cavalleri lo prese, sorrise e, senza una parola, lo passò a Phil tramite un interstizio.
“Che cosa dice?” chiese nuovamente Andreas.
“È un cuore,” disse il signor Cavalleri.
Fumagalli trattenne un urlo: non voleva rovinare il momento.