La prima volta di Phil

Two Truths and a Lie – Prompt:

Chiedi a un amico di dirti due verità e una bugia su di sé, poi scrivi una storia che includa tutte e tre le affermazioni. Se non hai nessuno a cui chiedere, puoi usare le seguenti:
Ho 4 animali domestici, e uno è un rettile.
Parlo un po’ di russo.
Ho corso 5 maratone.

Come molte altre volte, era una tranquilla serata a casa di Andreas e Lalore.
Questi erano sul divano, a guardare un episodio della seconda stagione de Il trono di spade. Infatti, dopo essere tornati insieme, Lalore e Andreas avevano deciso di continuare nel loro piccolo progetto di visione, per poter arrivare preparati alla stagione finale del 2019.
Purtroppo, però, Andreas aveva dimenticato tutte le famiglie in gioco, i nomi dei personaggi, e di qualcuno anche le facce:
“Ma quello chi è?”
“Daario, quello che è un po’ innamorato di Daenerys.”
“Ma è un cambia faccia anche lui? Mi sembrava fosse diverso… Ma poi ad essere innamorato di quella lì non era quell’altro… il biondo… Come si chiama?”
Dopo quelle difficoltà, Lalore decise di sospendere la visione, troppo intervallata da pause e spiegazioni, e di spendere del tempo sul divano a leggere i riassunti degli episodi su Wikipedia. Nonostante fossero romanticamente accoccolati, avvolti in una coperta di pile, Lalore presto dovette interrompere quell’attività, ora che i mal di gola erano diventati di stagione, e la voce le serviva per il suo lavoro.
Così, non restò altra alternativa che ricominciare daccapo con la serie.
Fumagalli, che già ne aveva visto tutti gli episodi, guardava quasi annoiato lo schermo, e si ringalluzzì appena ricevette una notifica di ricezione mail sul portatile. Proveniva dall’indirizzo di Phil e, come sempre, la mail era composta dal solo oggetto, abbondantemente in grado di contenere il numero di caratteri che egli usava per i suoi testi:
vieni. apre Billa
“Scusate, qualcuno mi potrebbe aprire la porta? Devo andare da Billa,” disse Fumagalli, non potendo rivelare a Lalore l’esistenza di Phil. Fu questa ad accompagnarlo alla porta:
“Mi fa piacere che tu e Billa vi stiate frequentando.”
Fumagalli urlò, poi disse:
“Non serve che citofoni al signor Cavalleri: mi stanno aspettando. A dopo.”
Fumagalli attese qualche istante davanti la porta del vicino, poi riconobbe i rumori dell’armeggiamento di Billa sulla serratura della porta.
“Che succede?” chiese immediatamente Fumagalli.
“Una cosa bellissima! Vieni,” rispose Billa, e lo condusse direttamente nel soggiorno, dove c’erano sia il signor Cavalleri, addormentato davanti al televisore acceso, che la scatola nella quale dimorava lo squonk.
“Ciao Phil,” disse Fumagalli.
Venne dalla scatola qualche indistinto rumore e poi, da una fessura intagliata nel bordo inferiore, un foglietto di carta, come ne sarebbe venuto fuori da una stampante:
ciao
C’era però anche un’altra presenza nel soggiorno: un geco rosato.
“Non ci conosciamo,” disse Fumagalli, e si presentò.
“Piacere,” rispose il geco, “purtroppo non posso aggiungere altro: sono sempre stato solo, quindi non ho mai avuto bisogno di un nome. Come ben sai, l’io e, perciò, l’utilità di un nome, viene a esserci una volta che c’è una relazione con un tu, con un altro. Insomma, per farla breve, chiamami solo il geco.”
“Ilgeco,” ripeté Fumagalli, che nel corso del 2018 non aveva perso la sua tendenza al rinominare i personaggi dotati di articolo. Poi chiese:
“Da dove vieni?”
“Da qua fuori: è da due anni che abito sul balcone del signor Cavalleri, ma lui non se ne è mai accorto, visto che spazza soltanto, e anche saltuariamente.”
“Sei entrato in casa per il freddo?”
“A parte che non sta facendo freddo, ma in genere passo la stagione invernale in un posticino più riparato. Sono qui per l’evento di Phil.”
Fumagalli urlò:
“Conosci Phil?!”
“Posso spiegarlo io, Phil?” chiese Ilgeco alla scatola. La risposta, su un foglio di carta, arrivò subito:
vai
Così Ilgeco spiegò:
“Come saprai, Phil è in terapia per risolvere alcuni suoi problemi. Sta lavorando molto su sé stesso, e ogni tanto si mette una coperta di pile addosso e va sul balcone, dove fa gli esercizi che gli vengono assegnati dalla terapista. È così che l’ho conosciuto.”
“E che esercizi sono?”
“Di comunicazione orale. Phil si allena con dei bisbigli.”
“Ma stasera,” intervenne Billa, entusiasta, “Phil mi ha scritto che è la serata nella quale proverà a fare il prossimo step: parlare a voce alta.”
Fumagalli urlò, e dalla scatola venne un foglietto:

Il pubblico composto da quei tre animali1 si raccolse davanti alla scatola.
“Più vicino,” suggerì Ilgeco, “potremmo non udirlo.”
I due volatili approvarono e giunsero tutti vicinissimi alla scatola, dove potevano udire il respiro pesante di Phil come, del resto, il vocio confuso del televisore. E anche un vago russare provenire dalla poltrona del signor Cavalleri.
La bizzarra combriccola di animali attese per un buon minuto, ogni tanto chiedendosi l’un l’altro se avessero sentito qualcosa.
Poi, improvvisamente, Phil parlò, e non fu esattamente come l’avevano immaginato.
Prima, ci fu una sgraziata sillaba, roca e poco articolata, poi Phil si schiarì la voce tossicchiando rumorosamente e, infine, con voce calda e anche piuttosto sexy, disse:
“Scusate.”
“Bravissimo Phil,” esclamò Billa, “sono fiera di te!”
Billa aveva nella voce la commozione che poteva avere una madre (umana) che sentiva il proprio figlio pronunciare la prima parola. In effetti, era comprensibile: Billa era un po’ la madre di Phil, visto che lo aveva accolto, se ne era presa cura, e lo nutriva con le uova che produceva.
“Ottimo lavoro,” disse Fumagalli, “stai facendo davvero importanti progressi.”
Dalla scatola venne fuori un foglietto:
grazie
Anche Ilgeco si complimentò con Phil, e aggiunse:
“Hai una voce splendida.”
Foglietto dalla scatola:
davvero?
“Sì, hai la voce simile a quella di un sax tenore. Dovresti cantare, perché è un peccato tener nascosto un simile talento.”
“Ci sarà tempo anche per quello, ma un passo alla volta,” disse Billa, da brava mamma chioccia.
Poi fu la volta di un’altra voce, ad essere inaspettata:
“Пожалуйста, располагайся.”
I tre animali si voltarono verso la poltrona sulla quale era il signor Cavalleri.
“Non ho capito, ma forse ha bisogno di aiuto,” disse Fumagalli avvicinandosi a lui.
Lo trovarono mezzo sveglio (o mezzo addormentato, dipende), ma perfettamente in salute. L’uomo salutò Fumagalli, decisamente più visibile di Ilgeco, e poi disse:
“Mi sono addormentato un attimo.”
“Sì, succede,” lo tranquillizzò Fumagalli, “sa di aver parlato nel sonno? Qualcosa tipo pojau…”
“Forse ‘пожалуйста, располагайся’?”
“Che vuol dire?” chiese Billa.
“Vuol dire ‘prego, accomodati’, in russo. Stavo evidentemente sognando…”
“Conosce il russo?” chiese Fumagalli.
“Qualcosa. Negli anni ’60 ero un tipo piuttosto sportivo e correvo nelle maratone.”
Fumagalli urlò.
“Sì, cinque complete e quattro mezze. Comunque, a uno di questi eventi ho avuto modo di conoscere un’atleta russa e, per impressionarla, ho cercato di imparare qualche parolina di russo.”
“E ha funzionato?” chiese Ilgeco.
“Purtroppo no, perché… Un geco!” esclamò il signor Cavalleri rannicchiandosi istintivamente in poltrona, poi urlò, “presto, una scopa!”
“No! No, va tutto bene,” intervenne Billa, “lui è Ilgeco, un nostro amico.”
Il signor Cavalleri si rilassò appena:
“Un amico?” poi guardò Ilgeco, rilassandosi sempre di più.
“Va bene, Billa,” disse infine, “se vuoi puoi tenerlo.”
“Grazie,” rispose Ilgeco, “ma io già vivevo qui: alloggio regolarmente da un paio di anni sul suo balcone.”
“Be’, se già vivevi qui, e non me ne sono mai accorto, che diritto ho di mandarti via? Mi fa piacere conoscerti.”
A quelle parole, Fumagalli richiamò l’attenzione di Billa, e quando la ottenne, indicò con il becco la scatola di Phil. Billa annuì e disse:
“In realtà, credo che sia il caso di far presente che c’è un’altra creatura di cui debba essere a conoscenza. E aggiungo che mi spiace aver taciuto sulla sua esistenza. Si tratta di Phil.”
Il signor Cavalleri ispezionò il pavimento, come alla ricerca di un altro animaletto tascabile. Billa allora indicò la scatola, e impiegò oltre dieci minuti a raccontare tutta la vicenda di Phil: come lo aveva conosciuto, come lo aveva mantenuto per tutte quelle settimane, i suoi problemi di autostima, la terapia, nonché l’estrema cautela necessaria a interagire con lui.
Il signor Cavalleri si avvicinò alla scatola, e disse:
“Buonasera Phil.”
Foglietto:
piacere
“Che dire, Billa,” disse il signor Cavalleri, “grazie a te la mia vita non è più triste e solitaria.”
Billa, con il suo piumaggio sempre più folto, scosse un po’ le penne, come a schernirsi per quel complimento, poi disse:
“Se non vi spiace, vi pregherei però di lasciarmi un attimo da sola: tutte queste emozioni di stasera mi hanno stimolato la deposizione di un uovo.”
I maschi normalmente deambulanti ubbidirono, e la lasciarono da sola.

  1. Se la matematica non è un’opinione, in questo momento il signor Cavalleri, seppur ignaro, ha quattro animali, di cui uno un rettile.