Con-clave

The Wonderful What of Where? – Prompt:

In memoria di L. Frank Baum, scegli una delle seguenti frasi1 de Il mago di Oz, riempi gli spazi vuoti, e usala come incipit della tua storia.

Non c’è essere vivente che non abbia paura quando si trova davanti a un poliziotto, specialmente se questi citofona alla porta di casa, e alle sette del mattino.
Andreas restò a guardare l’agente che era lì sulla soglia, in una divisa perfettamente stirata e inamidata.
“Qualunque cosa sia,” gli disse, “posso spiegargliela. E se non posso, sarà sicuramente perché c’è Odoacre di mezzo.”
Il poliziotto socchiuse gli occhi, concentrato a capire il significato di quelle parole, e Andreas continuò:
“È per le latte di fagioli che abbiamo messo nella raccolta della plastica, con ancora l’etichetta della carta attaccata?”
“Forse il cappello mi rende irriconoscibile. Io sono-”
“Sei Brian?” bisbigliò Andreas, accostando un po’ la porta dietro di sé.
“No, sono il vicino,” rispose l’altro, mentre indicava la porta del proprio appartamento. Andreas annusò un po’, ma dell’odore di kebab non c’era traccia e della nicotina c’era solo un vaghissimo accenno.
L’uomo si presentò, dicendo di chiamarsi Manuel, e continuò:
“Sono passato solo un momento prima di andare al comando per dirle del signor Cavalleri. L’altra volta mi sembrava interessato sulla sua salute e-”
“È morto?”
“No, anzi. Sono andato a trovarlo in ospedale, e sta abbastanza bene. Potrebbero perfino dimetterlo per la fine del mese.”
Andreas pensò che mancava ancora qualcosa come un paio di settimane per la conclusione di maggio:
“Che notizia. Credo che mi serva un caffè: ne vuole uno?”
Manuel declinò l’invito:
“Mi saluti la sua signora, buona giornata.”
“Non è la mia signora, è la mia ragaz…”
Non continuò, perché Manuel era andato già andato via. Così rientrò in casa, e sia Fumagalli che Lalore, la quale era ancora in bagno per prepararsi a uscire, chiesero chi fosse stato a quell’ora.
“Mi sembra una buona notizia, no?” urlò Lalore sopra il rumore dell’asciugacapelli che aveva acceso appena Andreas terminò di raccontare quanto saputo da Manuel.
“Direi di no,” disse Andreas a voce normale, rivolto solo a Fumagalli, “sai quanti programmi stanno finendo in questo periodo, in previsione della stagione estiva?”
“Ma c’è lo streaming,” gli fece notare Fumagalli.
“Non è la stessa cosa.”
“Va bene, potrebbe non esserlo: e allora? Hai alternative, a parte comprare un altro decoder?”
Fumagalli attese la risposta, che fu ovviamente negativa, e poi andò lentamente in salotto, dove si mise davanti al ritratto di Mirtilla che, seppur chiaramente concluso, era rimasto sul cavalletto. Fumagalli infatti, molto perfezionista, ogni giorno dava una pennellata qua e là, avvicinandosi asintoticamente al risultato che lui aveva in mente.
“Quando pensi di darglielo?” disse Andreas che lo aveva seguito.
“Tra una o due settimane: vorremmo organizzare un picnic, e glielo regalerei in quell’occasione. Ehi, lascia stare, non toccare niente!” urlò poi Fumagalli ad Andreas, che stava togliendo il lenzuolo che copriva la tela con il ritratto della bionda con Odoacre.
“Dai, solo una sbirciatina…”
Fumagalli scosse le penne e Andreas si arrese o, almeno, parve farlo, perché disse:
“Un giorno o l’altro, di nascosto…”
Poi rimase imbambolato e, poco prima che Lalore uscisse dal bagno, disse in fretta:
“Oggi usciamo, vediamoci subito dopo il lavoro. Ti do i dettagli dopo in un messaggio.”
Fumagalli fu mestamente curioso: aveva imparato che spesso le idee di Andreas, per quanto abbastanza interessanti dal punto di vista narrativo, erano realmente pessime.
Ad ogni modo, all’orario convenuto, Fumagalli fece in modo da trovarsi al luogo dell’appuntamento. Quando Andreas lo raggiunse, Fumagalli gli diede le chiavi di casa che teneva nel becco e disse:
“Anche se un po’ lo dubito, spero che tu mi abbia fatto venire fin qui per un valido motivo: dopo la lezione ho dovuto chiedere a uno dei miei allievi di chiudere la porta per me, e anche di allacciarmi il guinzaglio e condurmi fino a qui.”
“Stai tranquillo, il motivo è più che valido: andiamo a far visita a qualcuno. Le tieni per me?” disse Andreas ridandogli indietro le chiavi. Con queste nel becco, Fumagalli non parlò più, ma le sue penne lo fecero per lui.
Si trovarono così alla reception dell’ospedale nel quale il signor Cavalleri era ricoverato e lì, prontamente, un addetto protestò per la presenza di Fumagalli:
“Gli animali non sono ammessi, nemmeno al guinzaglio.”
“Ma di che cosa sta parlando?” disse Andreas, “non vede che è il mio portachiavi?”
L’addetto accettò la logica spiegazione fornitagli e lasciò passare i due. Fu in quel momento che Andreas si riprese le chiavi e lasciò libero il becco di Fumagalli.
Camminarono per quasi dieci minuti, fino a che trovarono la stanza doppia del signor Cavalleri che, però, aveva un solo degente.
“Buongiorno e buonasera,” disse subito Andreas.
Il signor Cavalleri, un vecchietto secco e dalla pelle scura e spessa come il cuoio, che faceva contrasto con il bianco del gesso alla gamba e braccio destri, lo guardò accigliato, e poi sorrise:
“Buonasera! Che piacere vederla! Qui non viene mai nessuno.”
“No?” chiese Fumagalli.
“Le mie figlie abitano lontano e non sono riuscite a staccare con il lavoro. Però ieri è passato il poliziotto, mi ha lasciato anche delle riviste,” disse indicando con la mano una pila di giornali sul suo comodino di plastica e metallo, cioè in classico stile ospedaliero. Fece per farli accomodare, ma in quel momento arrivò un’infermiera che chiese ai due ospiti di uscire per qualche minuto.
Fu lì, nel corridoio, che Fumagalli disse:
“Ho timore a farti questa domanda, ma devo fartela: qual è il vero valido motivo di questa uscita? Che cosa siamo venuti a fare qui?”
“Voglio convincerlo a darci il pacco.”
“Non voglio mettere in dubbio che il signor Cavalleri sia una brava persona, ma credi davvero che ti darà le chiavi di casa sua per farlo, quando è stato proprio a causa di quel pacco se ora si trova qua in ospedale?”
“Ci ho pensato anche io, ed è per questo che ho un piano B che mi è venuto in mente stamattina per il quale, però, mi serve la tua collaborazione. Ti ricordi quella canzone che cantavi-”
“I love you baaabeee…” cominciò a cantare Fumagalli: gli piaceva molto, quella canzone.
“No! Stop, stop! L’altra, quella che avevi cantato una volta in macchina?”
“Sì.”
“Bene. Noi adesso rientriamo, tu gliela canti con la tua bella voce da contralto, lui si addormenta, io mi metto a cercare le chiavi e ce ne andiamo.”
Fumagalli urlò, poi disse a bassa voce:
“Un furto!”
“No: stasera ripassiamo di nuovo, con una scusa a caso, tipo che ho lasciato qua il telefono, rimettiamo le chiavi più o meno allo stesso posto, ed è fatta.”
Fumagalli iniziò a muovere dei passi nervosi nel corridoio:
“Ma ti rendi conto dell’assurdità dei tuoi piani, specialmente del secondo? A parte che siamo venuti qui senza nemmeno un pacco di cioccolatini, ma poi tu pensi che tra un paio di settimane, alle sue dimissioni, non si accorga che gli manca proprio quel pacco in casa?”
Con un filo di voce, Andreas disse:
“E allora come facciamo?”
Fumagalli rimase un attimo in silenzio, fino a che l’infermiera uscì, dando loro il permesso a rientrare. Fumagalli si precipitò a dire:
“Lascia fare a me, però devi farmi parlare da solo con lui.”
Andreas annuì in silenzio. Poi lasciò che Fumagalli entrasse nella stanza e richiuse la porta. Però, per tutto il tempo, cercò di ascoltare che cosa stava avvenendo nella stanza: Fumagalli parlava, ma non cantava, segno che il suo piano B era stato decisamente scartato. Infine, quando sentì becchettare sulla porta dall’interno, aprì. Il signor Cavalleri sorrideva e disse:
“Prego, prego: le chiavi sono qui nel cassetto. Le prenda e corra subito a casa! E buona fortuna!”
Andreas ringraziò:
“E scusi se non le ho portato cioccolatini: prometto di rifarmi la prossima volta, quando tornerò a portargliele indietro.”
Nel corridoio, Andreas chiese a Fumagalli come aveva fatto.
“Gli ho detto che hai fatto un grave torto alla tua ragazza, e che in quel pacco c’è un regalo molto importante che potrebbe essere la tua unica possibilità per riconquistarla.”
“La leva dell’amore! Sei grande, sei un mito.”
Fumagalli piantò le zampette per terra e, con aria impettita, disse:
“Guarda che non l’ho fatto né con piacere, né per te. L’ho fatto solo per Lalore: ci sarebbe rimasta malissimo se avesse saputo di chissà quali tue malefatte per quello stupido decoder, e non avrebbe più avuto il coraggio di guardare in faccia il suo vicino di casa. Davvero, non posso credere che tu stessi pensando a un furto. Con un vicino di casa poliziotto!”
“Ma quale furto, il pacchetto è il nostro!”
“Violazione di domicilio! È prevista la reclusione!”
“Ma tu sei sicuro che i pavoni non siano imparentati con i grilli?”
Fumagalli scosse le penne, poi riprese a camminare:
“Almeno prendi dei cioccolatini di buona marca, quando torni qua a ridargli le chiavi.”
“A proposito di chiavi: tienile nel becco, giusto per evitare storie.”
Arrivarono infine a casa. O, meglio, quasi a casa: sul pianerottolo. Lì Andreas usò la chiave che Fumagalli gli aveva procurato. Quasi tremò dall’emozione mentre apriva la porta.
Trovarono subito il pacco: era nel salone, per terra, in equilibrio sul lato corto. Andreas lo raccolse con delicatezza e lo strinse al petto con esagerata commozione.
Fumagalli non disse nulla: preferì non rovinare il momento ricordando ad Andreas che stava stringendo un decoder della temibile Asir Sat.

  1. Nel link.