Alluvioni mutevoli

Setting the Scene – Prompt:

Comincia una storia immaginando l’ambientazione. Che posto è?

A Fumagalli piacevano i viaggi in macchina. Si adagiava sempre su un estremo del sedile posteriore e lasciava che la sua coda di penne occupasse il resto dello spazio fino a curvarsi leggermente e toccare il tappetino.
Quel tardo pomeriggio, nonostante il sedile fosse parzialmente occupato, il viaggio gli piacque lo stesso: Billa sedeva di fianco a lui.
Restarono in silenzio, ad ascoltare le chiacchiere di Lalore, al volante, e Bruna, sul sedile passeggero. Infine, Lalore parcheggiò in una traversa di Corso Buenos Aires.
“È qui vicino?” le chiese Bruna slacciandosi la cintura.
“A 300 metri,” rispose l’altra.
Uscirono tutti e quattro dalla macchina e camminarono fino a che approcciarono un palazzo vecchio, al limite della fatiscenza, dalla facciata grigia scrostata, e un portone in legno opaco e con la maniglia dorata ma in certi punti consumata al punto da risultare verdastra.
Lalore suonò il citofono e una voce metallica ma decisamente femminile chiese chi fosse.
“Siamo noi,” rispose.
“Quarto piano,” riprese la voce metallica, poi la serratura del portone scattò secca.
Entrarono in uno spazioso androne, dalle piastrelle grigie che, ogni due passi, sembravano traballare. Sulla sinistra, un corridoio che conduceva sia a delle scale, dal corrimano in legno, dalla forma troppo definita e la lucidatura troppo nuova per essere della stessa epoca di tutto il resto, sia a un ascensore, di quelli con la doppia porta.
“Facciamo i turni,” disse Lalore e lasciò che Bruna e Billa fossero le prime a salire nello stretto ascensore.
“Ti aspettiamo su,” disse Bruna prima di chiudere la prima porticina.
Dopo qualche minuto i quattro furono al quarto piano. Le pareti del luogo in cui si trovarono erano grigio scuro, e le piastrelle quadrate, di un marmo puntellato da macchioline bianche, fini come la grana di un salame Milano.
Lalore esaminò le targhe delle tre porte che si aprivano su quello spazio, tutte in legno scuro e dall’aria di essere blindate.
Quindi, a colpo sicuro, suonò il campanello di quella all’estrema sinistra.
Una voce femminile, la stessa che aveva loro risposto, ma senza il taglio di frequenze operato dal microfono e dall’altoparlante del citofono, urlò:
“È aperto. Prima porta a sinistra.”
Lalore spinse la porta e i quattro misero piede in un’anticamera che, in passato, doveva essere stato l’ingresso di un appartamento. Ora, invece, serviva a dare la possibilità a chi entrava di prendere una delle due porte che vi erano.
Quella a sinistra era aperta e vi passarono attraverso.
Giunsero in una stanza che odorava di libri vecchi e, infatti, le pareti erano coperte da scaffali pieni di libri, molti dei quali Harmony, dai classici agli eLit, e vecchie edizioni dei romanzi di Liala e di Barbara Cartland.
Continuando, sbucarono in un’altra stanza, dove c’era una scrivania e dei poster alle pareti. Fumagalli ne riconobbe uno: era la stampa che avevano regalato a Camilla per Natale.
La signora Piacentini, seduta alla scrivania, li salutò:
“E voi, quindi, immagino siate Bruna e Billa.”
Le due annuirono e, dopo che tutti si furono accomodati su un divanetto e due sedie con il sedile in gomma, Billa prese la parola:
“Come forse le ha già accennato Lalore, noi apparteniamo a un gruppo di femministe in senso largo.”
“Me lo ha detto, sì.”
“Quest’estate,” proseguì Bruna, “ho avuto modo di leggere Il richiamo del barbaro e, parlandone con Billa e Fumagalli, sono venuta a sapere che lei è la madre di Lalore. Mi lasci-”
“Datemi del tu.”
Bruna sorrise compiaciuta, come se quella richiesta della signora Piacentini sottintendesse complicità. Continuò:
“Aryalys è una giovane indipendente che sfida un sistema chiaramente patriarcale. Ma la cosa bella è che non prevarica l’uomo: reclama sì la sua libertà di essere sé stessa ma mantiene rapporti sani con l’altro sesso.”
La signora Piacentini guardò le due con l’aria di chi non stesse esattamente capendo di che cosa si stesse parlando.
“Sto divagando,” si interruppe Bruna, “Billa e io siamo qui perché avremmo pensato che, magari, nel terzo volume della saga, il personaggio potrebbe divenire ancora più impegnato.”
La signora Piacentini guardò le due con l’aria di chi non stesse affatto capendo di che cosa si stesse parlando.
Billa spiegò:
“Magari Aryalys potrebbe smettere di usare la lana e le stole di volpe, come evitare di mangiare lo stufato… come si chiamava?”
“Lo stufato con la salsiccia di maiale grigio di Phos,” precisò Bruna.
La signora Piacentini le guardò con l’aria di chi stesse capendo di che cosa si stesse parlando e, infatti, disse:
“Capisco.”
Fece una pausa e riprese:
“Credo però che un cambiamento del genere, specialmente nell’ultimo volume della trilogia, sia fuori dalla personalità del personaggio. Aryalis non ha mai dato segni di interessarsi alla causa animalista. Mi dispiace tanto. Davvero.”
“E se,” disse Billa, “scrivessi una breve storia che riguarda un personaggio legato ad Aryalys, che magari può fare, invece, questa evoluzione?”
“Lo farei volentieri, ma non credo di averne il tempo: per contratto devo terminare la bozza dell’ultimo volume della saga entro maggio dell’anno prossimo. E con i miei impegni… Hmmm…”
La signor Piacentini smise di parlare, come se una certa idea l’avesse incuriosita e stesse ragionandoci su.
Fu in quel momento che il campanello suonò.
“Ma chi è? Non aspettavo nessuno oltre voi.”
“Sarà Andreas. Gli ho detto di passare per salutarti.” spiegò Lalore.
Solo Fumagalli colse una rapida smorfia di disgusto affiorare sulle labbra di Camilla.
“Poteva risparmiarsi il disturbo e chiederti di farlo a te per conto suo.”
“Non ci vediamo da un po’. E pensare che vieni abbastanza spesso a Milano, visto che hai lo studio qui.”
“Già,” disse Fumagalli, “come mai lo hai qua e non a Pizzighettone?”
“La scena letteraria è inesistente lì. Qua ci sono più intellettuali e posso incontrarmi più facilmente con il mio editore.”
Il citofono suonò ancora, più insistentemente della prima volta.
Sospirando, la signora Piacentini schiacciò un pulsante sulla scrivania e si sentì l’audio proveniente dall’esterno:
“Sono Andreas.”
“Quarto piano,” disse la signora Piacentini prima di buttare giù la comunicazione.
Andreas arrivò dopo un paio di minuti e, appena ebbe salutato i presenti, la signora Piacentini continuò:
“Prima di essere stata interrotta,” disse guardando il nuovo arrivato, in piedi vicino alla sedia dove c’era Lalore, “stavo pensando a una cosa. Non lavoro solo alla trilogia del Barbaro, ma ho anche una rubrica mensile su Donna domani. Potrei provare a inserire qualcosa lì.”
“Che rubrica?” chiese Billa.
“Una rubrica dove scrivo un erotico culinario seriale, dove ogni episodio è legato a una sagra o fiera alla quale si reca la protagonista.”
“Magari,” disse Bruna, “si potrebbe parlare di un festival vegano.”
“L’evento deve essere reale e, inoltre, attuale.”
“Magari può conoscere un vegano e sovvertire la sagra insieme a lui… No,” chiuse la questione Bruna in totale autonomia, “darebbe una pessima immagine del veganesimo.”
“Se può interessarvi, l’episodio che devo scrivere ora riguarda la sagra del sedano ad Alluvioni Cambiò, in provincia di Alessandria.”
Bruna sorrise raggiante e la cresta di Billa divenne più rossa. Fumagalli non le staccava gli occhi di dosso.
“Scusate, mi sono perso,” si intromise Andreas, “chi è che sedano? E che cosa cambierebbero le alluvioni?”
Dovette essere Lalore a cogliere un’espressione di stizza sul volto della madre, perché si apprestò a dire:
“Alluvioni Cambiò. Un paese.”
“Si chiama proprio così?” chiese conferma Andreas.
“A onor del vero,” riprese la signora Piacentini, “il suo nome è recentemente cambiato, da quando si è unito al comune di Piovera, diventando Alluvioni Piovera.”
“Alluvioni Piovera o Alluvioni Pioverà, così da mantenere una consecutio temporum?” chiese Andreas.
Fumagalli urlò e l’altro si zittì. La signora Piacentini ne approfittò per riprendere il discorso:
“Il sedano è verdura: magari potrei trovare il modo di inserire nella storia dei riferimenti a una dieta vegana.”
Billa e Bruna si illuminarono di nuovo.
“Che poi non ha molto senso,” interruppe il silenzio Andreas, “se ci sono state le alluvioni, vuol dire che ha già piovuto, quindi sarebbe corretto Alluvioni Ha Piovuto.”
La signora Piacentini sospirò:
“Ah, avessero scelto la sagra della patata a Montecretese: sarebbe stata decisamente meno equivocabile.”
Andreas arrossì e non parlò più.