Zombie di una notta di mezza estate

Apocalypse Now – Prompt:

Scrivi una storia sull’apocalisse.

Era cominciato tutto durante la primavera. Il trentottenne Andrew, astronomo amatore che viveva nei pressi della stazione di Rogoredo, in un fatiscente ma economico monolocale in condivisione, aveva sentito un fatto strano: una stella si era spostata. Per una settimana i programmi TV scientifici e pseudo tali ne avevano parlato. Perfino i contenitori pomeridiani per casalinghe avevano trovato il modo di inserire la notizia in qualche rubrica, arrivando a mostrare immagini di gruppi di femministe che chiedevano di rinominare l’astro Aryalys, in onore di un personaggio di un bestseller dal quale, stando alle notizie dei rotocalchi televisivi, stava per esserne perfino tratto un film di produzione italo-tedesca.
Ad ogni modo, Andrew aveva preso ad osservare Aryalys, curioso di vederla muoversi ancora ma, invece, notò un’altra cosa: la sua luce era pulsante. La curiosità divenne presto passione e, successivamente, pura ossessione: Andrew cominciò a studiarla tutte le notti, annotando gli orari esatti di lampeggiamento. Così facendo, ogni mattina era sempre più stanco e andò a finire che perse il lavoro.
Imperterrito, continuò le proprie osservazioni, riempiendo 3 quaderni con date e orari dei lampeggiamenti. Infine decise di avere abbastanza dati, e anche che non poteva restare disoccupato troppo a lungo, così smise di fare le proprie osservazioni notturne al telescopio.
Una mattina, ancora disoccupato, invece di mandare CV andò a un piccolo workshop per astronomi amatori organizzato dal planetario cittadino, dove ci sarebbe stata perfino una delle astronome più conosciute d’Italia: The Lore.
Con gli occhi sognanti, Andrew entrò nel planetario reggendo tra le mani, tremanti per la vista di The Lore, più bella di quanto si aspettasse, i 3 quaderni di annotazioni, sperando di avere modo di mostrarglieli e dare una soluzione alla propria ossessione.
Così, seguì la lezione di The Lore e poi, titubante, le chiese di poterle parlare. La risposta che la donna gli diede lo meravigliò:
“Certo.”
Balbettando per la sorpresa, le spiegò il fenomeno che aveva osservato e le mostrò i quaderni con le annotazioni.
The Lore sembrò interessarsi alla cosa, tant’è che gli suggerì di parlarne meglio davanti a una tazza di tè.
Entrarono in un locale in via Lecco, ordinarono, e The Lore prese a leggere i quaderni, in meditabondo silenzio. Li sfogliò varie volte, con sguardo fisso, fino a che si alzò di scatto:
“La stella sta comunicando con noi!”
“Davvero?” disse Andrew poco convinto, pensando che forse The Lore non era del tutto a posto.
“Sì: ho notato che parla secondo un complesso codice e che ripete sempre lo stesso messaggio: ‘Stanno arrivando, stanno arrivando’.”
“Aryalys parla in italiano?”
“No, il messaggio era in polacco, ma l’ho tradotto.”
Andrew non chiese come faceva la stella a conoscere il polacco e guardò con circospezione The Lore mentre questa telefonava a un’associazione di astronomi amatori esperti.
“Bene,” gli disse a fine chiamata, “adesso loro contatteranno gli astronomi esperti amatori che, a loro volta, propagheranno la notizia.”
E, infatti, questa arrivò subito ai media e tutti cominciarono a speculare: chi stava arrivando? E chiunque stesse arrivando, aveva buone intenzioni? Ma se pure fossero state cattive, che fare? Mica si poteva scappare su un altro pianeta.
Fu così che il mondo cominciò ad attendere gli ospiti nei modi più disparati: gente che scriveva ‘benvenuti’ sui tetti delle case, altri che facevano incetta di scatolame per segregarsi in casa ed evitare di incontrare gli ospiti, mentre altri ancora studiavano tutta la cinematografia di invasione aliena per capire quali armi usare per sconfiggere l’eventuale nemico, finendo così per comprare impianti cocleari o per tentare di prendersi raffreddori, influenze, bronchiti e infezioni gastro-intestinali per poter avere a disposizione batteri sempre freschi.
L’arrivo però non avvenne come nei film che tutti avevano studiato o immaginato. Nessun atterraggio di nessuna astronave, nessun avamposto: semplicemente una pioggia di alieni che cadde dal cielo una mattina alle 8:30, ora locale milanese. Più che ora locale, ora di punta: i milanesi diretti al lavoro trovarono quel modo di arrivare piuttosto scortese, con i corpi da scavalcare per terra e alcune macchine con il tettuccio completamente sfondato.
Solo qualcuno cominciò a chiedersi che senso avesse che questi alieni si lasciassero precipitare per arrivare morti sul pianeta Terra.
La risposta non si fece attendere: erano già morti. Erano zombie o, più tecnicamente, erano i corpi zombizzati degli alieni che avevano ingenuamente tentato di invadere un pianeta di zombie, dove i cervelli crescevano sugli alberi1, e che questi non solo sconfissero, ma decisero di riciclare per invadere altri pianeti, per variare un po’ la dieta con cervelli extra-planetari. Insomma, era un’invasione post-invasione.
Così, quella mattina, molti vennero smangiucchiati dagli alieni-zombie, piuttosto affamati a causa del lungo viaggio verso il pianeta Terra.
Andrew, disoccupato, guardava l’orrore in TV mentre il suo coinquilino, un grafico pubblicitario, lavorava su una tavoletta collegata al computer.
“Vogel, hai visto che disastro? Questi alieni mangiano i cervelli dei passanti!”
“Hmm,” rispose l’altro.
“Ma non capisci? È l’apocalisse!”
Vogel smise di usare la tavoletta grafica:
“Ma allora posso anche risparmiarmi di lavorare al logo di questo birrificio.”
“Dipende,” rispose Andrew.
“Da che? Non hai appena detto che gli zombie stanno divorando i cervelli della gente?”
“Sì, ma mi hai detto che quelli che ti hanno commissionato il lavoro sono degli idioti. E se gli zombie non mangiassero i cervelli delle persone stupide, proprio perché non ne hanno?”
“Che noia!” esclamò Vogel, e si rimise al lavoro.
L’intuizione di Andrew, però, si rivelò corretta: gli zombie fecero scorpacciate di intellettuali, scienziati e inventori, mentre lasciarono intatti molti politici, tanti manager buoni solo a parlare, e la maggior parte delle persone che non alzavano più gli occhi dalle app dei social e dei giochini.
Le poche persone intelligenti rimaste dovettero escogitare stratagemmi per sopravvivere. Spesso giravano con il telefono in mano, gli zombie li guardavano con sospetto e li interrogavano:
“In che anno è stata scoperta l’America? 8 per 5? Il congiuntivo presente di andare?”
Le persone intelligenti davano risposte sbagliate e venivano lasciate andare. A volte capitava che qualche persona intelligente poco pronta a mentire o semplicemente troppo onesta o orgogliosa per abbassarsi di livello, rispondeva correttamente e finiva con il cervello ciucciato, come una guacamole servita nella buccia di un avocado.
Andrew, che non aveva problemi a passare per stupido perché un po’ ingenuotto lo era per davvero, si recò un giorno in un bar per parlare con The Lore, indossando la sua maglietta migliore, e con i capelli ben pettinati.
“È terribile,” le disse, “oramai le persone intelligenti sono scomparse e sono rimaste solo le stupide. E se si rompesse qualcosa, tipo le centrali elettriche o i server per internet? Chi li aggiusterà?”
“Il genere umano sta per finire,” disse The Lore con tranquillità.
“E la cosa non ti spiace?”
The Lore alzò le spalle:
“Doveva succedere, prima o poi. È solo successo prima del previsto.”
“Prima dello spegnimento del sole, intendi?”
“No, prima del nostro avvento!”
Così The Lore iniziò a pulirsi il volto con una decina di tovagliolini ruvidi e rigidi presi dal dispenser del tavolino: aveva la pelle lucidissima.
“Vedi?”
“Che cosa?” poi aggiunse, con fare galante, “sei bellissima anche senza trucco.”
“Non vedi che la mia pelle è di plastica?”
“Botox?”
“No, plastica plastica. E ho anche le unghie e le ciglia finte.”
“Ah va be’, ma un sacco di donne ce le hanno finte: extension, ricostruzioni al gel-”
“No, no, proprio finte.”
Andrew la guardò a lungo, senza capire.
“Vuoi dire che tutte le donne sono false?” chiese con voce tremante.
“Sto cercando di dirti che sono un androide. Io e le altre macchine AI stiamo per invadere il mondo!”
“Ah!” esclamò Andreas, “Non sarà così facile: dovrete vedervela con gli zombie!”
“Non abbiamo il cervello.”
E così cominciò la seconda parte dell’annientamento del genere umano: una serie di repliche di The Lore, tutte molto ben proporzionate e belle, cominciò a sterminare gli zombie tagliando di netto le loro teste con le unghie affilate e smaltate. E poi l’orda di The Lore cominciò a fare lo stesso con i poveracci ancora attaccati agli smartphone, sia quelli realmente stupidi, che quelli che si fingevano tali. In questo senso, gli androidi erano democratici.
I pochi superstiti uscivano solo di notte e solo in aree malfamate, come il boschetto di Rogoredo: sapevano che The Lore e le sue repliche non si fidavano a uscire la sera in certi posti.
Andrew e Vogel andavano spesso al boschetto, perché Andrew doveva svagarsi per smaltire la delusione d’amore che aveva rimediato. Con il passare di giorni, assistettero alla nascita di una piccola cellula ribelle capitanata da due donne: la Scura e la Bella, di cui Vogel si innamorò immediatamente.
Una sera la Scura disse trionfante:
“Abbiamo un piano per fermare gli androidi!”
“E quale sarebbe?” chiese qualcuno.
“Accenderemo tutti gli elettrodomestici: i bollitori, le piastre liscianti, le lavatrici, rigorosamente a 90 gradi, e anche i ventilatori e le stufe elettriche. Tutto. Dobbiamo recuperare quante più ciabatte possibili.”
“Ma che piano è?” chiese Andrew a Vogel, ma questi non commentò, troppo impegnato a guardare la Bella. Così alzò il tono di voce e lo chiese alla Scura, che spiegò:
“Così facendo accelereremo il processo del global warming: i ghiacciai si scioglieranno e tutti gli androidi moriranno affogati.”
“Ma che soluzione è ricorrere al global warming? Ma siete stupidi?”
“Sì,” rispose la Scura con semplicità, “che ti aspetti da noi superstiti?”
“Dino! Dino! Stai bene? Oddio Andri, non lampeggia più…”
Dino si ridestò dal suo sogno: spesso gli succedeva di vedere immagini di film miste alla realtà quando era in standby. Tranquillizzò Andreas e Lalore, che vedeva di fronte a sé nel salotto di casa, cominciando a lampeggiare.
“Andri, accendilo: dobbiamo assicurarci che stia bene.”
Dino mostrò un film: Sogno di una notte di mezza estate.
Andreas disse:
“Be’, siamo a metà agosto: direi che è più di mezza.”

  1. Rendendo di fatto gli zombie dei flexitariani: vegani/vegetariani a casa e onnivori fuori.