Polline combinaguai

Tornado Season – Prompt:

Si sta formando un tornado, e sei nel posto peggiore in cui trovarti. Dove ti trovi, e che cosa fai?

“Andri, ma secondo te il tempo reggerà per la passeggiata?” chiese Lalore mentre calzava le scarpe, finendo quindi di prepararsi a uscire, “non sarebbe meglio incontrarsi in un locale o, meglio, qui a casa? È rimasta ancora della torta al limone e semi di papavero.”
Oramai Lalore evitava di sottolineare il fatto che tutto ciò che preparava fosse vegano.
“Ma certo che reggerà,” le rispose Andreas, “c’è stato il sole per tutta la mattinata. Non ci serve l’ombrello.”
“Appunto. Per la mattinata,” disse Fumagalli mentre si preparava a uscire.
“Al più rientriamo subito,” rispose Andreas giocherellando con il guinzaglio di Fumagalli.
Lì sul pianerottolo citofonarono a Manuel, che doveva stare dietro la porta ad aspettarli, perché aprì immediatamente. Era perfettamente sbarbato, e anche ben profumato, mentre sulla faccia Andreas gli lesse l’eccitazione e l’anticipazione per l’incontro di quel pomeriggio.
Era ormai primavera inoltrata a Milano. Lo si vedeva dal verde degli alberelli secchi e spauriti nelle aiuole spartitraffico di viale Monza ma, soprattutto, dai grumi di polline di pioppi che danzavano senza sosta nell’aria. Era la tipica tempesta primaverile della città.
Andreas, Lalore, Fumagalli e Manuel imboccarono l’ingresso della metro, incontrando la resistenza di una grossa folata di vento, e si ritrovarono nel primo piano sotterraneo della metro, a livello dei tornelli, circondati ancora dai batuffoli di polline.
Poi, scesero ancora di livello: lì il polline non era arrivato, ma c’era comunque qualcosa di bizzarro. In quei giorni, infatti, si teneva a Milano il raduno nazionale degli alpini. Le metro erano colme di uomini, per la maggior parte un po’ attempati, con cappelli ornati dalla classica penna laterale, e camicie che avrebbero fatto concorrenza a quelle degli hipster più modaioli.
Quando il gruppetto dei quattro riemerse dalla metro a Porta Venezia, venne accolto da un cielo biancastro.
Corso Buenos Aires era come sempre affollato, così Andreas prese Fumagalli in braccio per poter permettere al gruppo di essere più agile nell’arrivare ai giardini Indro Montanelli. Lo rilasciò sulla ghiaia dell’ingresso del parco, nei pressi del planetario Ulrico Hoepli.
Poi aspettarono.
“È da tanto che noi non vediamo Brianna,” constatò Lalore.
“In effetti nemmeno io,” rispose Manuel, “è sempre impegnata in mezza Europa per delle ricerche.”
“Non ti dà fastidio che ci siamo anche noi?”
“No,” la tranquillizzò Manuel, “e poi so che è stata una sua idea: mi ha anzi spiegato che, visto che non riesce quasi mai a fermarsi troppo tempo a Milano, preferiva vederci tutti insieme.”
Andreas, invece, conosceva la vera versione dei fatti: Brian lo aveva chiamato qualche ora prima, dicendo che era appena atterrato all’aeroporto di Orio al Serio, e che aveva voglia di vedere dei volti amici.
“E penso che inviterò anche Manuel,” gli aveva detto.
Andreas, senza parole, aveva aspettato che Brian continuasse:
“Insiste affinché ci vediamo, e so bene che cosa vuole da me. Se usciamo tutti insieme, magari non tenterà nulla.”
“Ma scusa, perché non metti le cose in chiaro con lui, invece di tergiversare?”
“E che cosa gli dico, che ho una mezza cosa con Johannes? Ah, rabbrividisco al pensiero.”
Andreas impiegò un po’ a rispondere, turbato dall’immagine che gli si era impressa nella testa.
“Non devi per forza essere così esplicito. Puoi dirgli semplicemente di no.”
“Credi sia facile per una donna, dire di no a un uomo? Di questi tempi, poi, non sai mai chi ti trovi davanti. Non li leggi i giornali?”
Andreas non mise più nulla in discussione, e lasciò che l’amico gestisse la propria vita in narrazione come meglio credeva. Dopotutto, ne aveva ogni diritto, visti gli obblighi narrativi che gli aveva imposto Salinks.
Dopo un paio di minuti di attesa lì nel parco, lo sguardo di Manuel si fermò e tutti presero a guardare nella sua stessa direzione. Impermeabile marrone, impeccabili décolleté nere per le sue gambe sempre scoperte, e trolley al seguito: Brian era donna con uno stile semplice ed elegante.
“Che piacere vedervi tutti,” disse questi, quasi con le lacrime agli occhi mentre, inginocchiato, accarezzava Fumagalli.
“Come stai?” gli chiese Lalore, “Manuel ci diceva che sei molto impegnata.”
“Sì, sto portando avanti questa ricerca che coinvolge quattro università.”
“Deve richiedere tanto impegno.”
“Non sai quanto.”
“Spero che, dopo tutto questo lavoro, tu riesca a ottenere una pubblicazione.”
“Credimi, non sei decisamente la sola a sperarlo,” rispose Brian guardando Andreas con sguardo d’intesa. Poi incrociò gli occhi di Manuel e il suo sorriso. Ricambiò, quindi si rialzò e la passeggiata ebbe inizio.
C’erano molte persone in giro, compresi piccoli gruppi di alpini seduti sulle panchine. Qualcuno di loro si era perfino messo a cantare a cappella, forse ironicamente, ‘O sole mio.
“Cavoli,” disse Brian soffiandosi il naso, “penso mi stia venendo il raffreddore.”
“Perché? Che cosa ti senti?” gli chiese Lalore, poggiandogli un braccio attorno alle spalle.
Brian la guardò riconoscente:
“Non lo so, ma è da quando sono atterrato… atterrata a Milano che è come se mi venisse da piangere, e il naso…” concluse la frase con uno starnuto.
“Sei allergica?” gli domandò Lalore.
“Non lo so… Non credo. Fino all’anno scorso, quando ero ancora un u… quando ero ancora un po’ più giovane, ecco, no.”
Starnutì ancora, e divenne chiaro ad Andreas, Fumagalli e Brian che il nuovo corpo che aveva quest’ultimo, per quanto affascinante, fosse definitivamente allergico al polline.
“Credo che sia meglio andare in farmacia per un antistaminico. E poi, il tempo non promette nulla di buono,” disse Lalore spostandosi con la mano libera delle ciocche di capelli che il vento, sempre più forte, le aveva fatto appiccicare sulla faccia.
Andreas scrollò le spalle, esprimendo così la sua totale assenza di controllo sulle condizioni meteorologiche di quel momento.
Fecero per incamminarsi ma, invece, indugiarono e guardarono un punto del cielo all’estremo del parco.
Lì, a qualche centinaio di metri da loro, iniziò a formarsi tra le nuvole un imbuto grigio che prese delicatamente a discendere.
Fumagalli urlò:
“Ragazzi, questa è la formazione di un tornado!”
Nessuno gli rispose.
Poi, le urla, questa volta dei passanti:
“Un tornado di polline!”
Fu il delirio: centinaia di persone presero a correre nella direzione del gruppetto, starnutendo, o soffiandosi il naso.
Presdo, il dornado,” dicevano con voce nasale.
Brian non riusciva più a mantenersi eretto: starnutiva in continuazione, a stento sembrava essere in grado di respirare.
“Presto, usciamo!” urlò Fumagalli .
Andreas lo prese in braccio mentre Manuel, con un accenno di sorriso sul volto, fece altrettanto con Brian. Lalore impugnò la maniglia del trolley di quest’ultimo e, giusto per un fugace secondo, guardò insieme agli altri il mostro allergenico che vagava incerto nel parco: un piccolo tornado bianco, dall’aspetto soffice per tutto il polline che lo formava, che seminava il panico e rendeva vane le dosi di antistaminico di coloro ai quali si avvicinava.
Appena ritornati sul corso Buenos Aires, il gruppetto individuò una farmacia, dove Manuel e Brian entrarono per un antistaminico.
Andreas, Lalore e Fumagalli rimasero fuori. Conclusero che il tornado di polline doveva essersi disperso, perché la gente non correva più. Dopotutto, Milano non era una città famosa per i tornado.
Era rimasto solo il vento, che spingeva in modo disordinato i batuffoli di polline, e alcune cartacce che si erano sollevate da terra.
Ma non tutti quei fogli erano cartacce: alcuni erano dei volantini e la gente, curiosa, li prendeva e leggeva.
Lalore ne afferrò uno al volo.
“Ah,” disse, “campagna elettorale per le europee… Certo però che potevano almeno usare una foto nuova. Mi pare che questa sia la stessa che aveva usato quell’associazione animalista di qualche tempo fa.”
Fumagalli, perspicace, urlò, mentre Andreas scosse la testa.
“Ma sì, Andri, quell’associazione che raccoglieva fondi agli Oh bej! Oh bej!
Andreas sbiancò e si accostò a Lalore per guardare il volantino.
Sotto la foto del solito gatto visto di spalle, poche righe di testo:
Stanco delle solite facce? Vota per un candidato che non ce la mette, perché non ne ha bisogno. Un candidato forte e indipendente, in grado di fare grandi cose ma, allo stesso tempo, ludico, che sa quanto le attività ricreative siano importanti. Scommetti sul futuro e vota Grossomodo a credito.
“Che succede?” chiese Manuel con Brian al proprio fianco che, anche se aveva smesso di starnutire, aveva gli occhi rossi e gonfi.
“Nulla, nulla,” disse Andreas cercando di mettersi davanti Lalore, così da occultare il volantino alla loro vista, specialmente a quella di Brian.
“Nulla,” confermò Lalore, ma poi continuò, “è cominciata la campagna elettorale. E devo ammettere che affidare la diffusione dei volantini al vento di queste giornate è stato un colpo di genio.”
Brian prese il foglio dalle sue mani e lo lesse. Guardò Fumagalli e Andreas e, dopo che questi annuirono flebilmente, si portò una mano alla gola.
“Non riesci a respirare?” gli chiese Manuel avendo notato il gesto, “sei allergica al farmaco che ti hanno dato?”
“No. Pensavo…” disse Brian sventolando il volantino, “pensavo che, con il vento che c’è, questi foglietti avranno varcato i confini della provincia.”
Fumagalli urlò.