Alla fine della fiera

The Town of Soft Rains – Prompt:

Una leggera brezza smuove una foglia che è caduta a terra. A parte essa, la strada è pulita e ben tenuta, e tranquille sono le case che la costeggiano, o le vetrine dei negozi. Dove sono tutti?

La spazzatrice stradale doveva essere appena passata, perché la strada era pulitissima: risplendevano, sotto la luce dell’inusuale sole di dicembre, i colori delle macchine ordinatamente parcheggiate ai lati della strada, il grigio dei palazzi e il nero tenue dell’asfalto.
Fumagalli guardò smuoversi una sottile foglia gialla che era scampata alla spazzatrice.
Gli altri, cioè Lalore, Andreas e la bionda, si fermarono, interrompendo il loro scalpiccio. Odoacre, invece, con il suo cappottino da cani di taglia minuscola, non interruppe nulla, visto che era in braccio alla bionda.
Nel silenzio surreale di quel venerdì mattina, appena rotto dai vaghi rumori delle macchine, come provenienti dall’oltretomba, i tre si voltarono verso il pavone.
“Che c’è?” chiese Andreas.
“Mi piace molto questa foglia,” rispose Fumagalli, “ma non saprei se è perché è il simbolo della natura che sopravvive alla follia dell’uomo, o se perché ci rammenta che anche noi siamo parte della natura.”
“Direi che con i livelli di pm10 che hanno portato al blocco delle auto Euro 4, forse la seconda,” commentò Andreas, “coraggio, andiamo.”
Non era infatti un venerdì qualunque, ma il 7 dicembre. Tutti coloro che non erano partiti da Milano per il weekend lungo, erano o rimasti a dormire fino a tardi, o concentrati nei luoghi delle due fiere di quei giorni. Il risultato era una città che, alle 10 del mattino, sembrava ancora dormiente.
Il gruppetto aveva approfittato di ciò per recarsi alla fiera degli Oh bej! Oh bej!. In realtà il gruppetto avrebbe dovuto comporsi di un’altra creatura: Billa. Questa, però, rifiutò, dicendosi contro il consumismo:
“È a causa di questa tendenza allo spreco e all’ostentazione che le mie sorelle vengono giornalmente sfruttate e consumate per la produzione massiva di uova,” aveva detto la gallina a Lalore, quando questa l’aveva invitata. La donna, a quelle parole, aveva provato per Billa tenerezza e pena ma, allo stesso tempo, aveva anche pensato anche che eliminare le uova dalle proprie ricette, specialmente da quelle delle occasioni importanti, sarebbe stato impossibile, e così cadde in una silente dissonanza cognitiva e non le disse perciò nulla.
Ad ogni modo, i tre umani decisero di andare alla fiera a un orario relativamente tranquillo, in modo che Fumagalli potesse muoversi con la propria coda tra la folla. Ma Fumagalli non sembrava più essere dello stesso avviso:
“Vorrei restare qui, se non vi spiace,” disse infatti.
“Hai paura che la gente pesti le tue penne?” gli chiese Lalore.
“No, è che quella foglia mi ha dato un’ispirazione. Vi scoccerebbe molto deviare verso un negozio di articoli da disegno, per prendermi dei fogli e delle matite carboncino?”
Lalore e la bionda, consce del talento del pavone, non se lo fecero ripetere due volte e decisero di accontentarlo.
“Me lo tieni un attimo?” disse la bionda ad Andreas, porgendogli Odoacre.
“Non aspettavo altro che stringere quel Pallino fra le mie braccia.”
Le pupille di Odoacre si contrassero fino a diventare due fessure appena accennate, ma il gatto non poté nulla: venne passato passivamente nelle braccia di Andreas. Appena le due furono via, Odoacre prese a divincolarsi, ma Andreas lo strinse forte.
“Mollami!”
Andreas strinse la presa ancora di più.
“Lasciami, ché per colpa vostra e questo orario mattutino e non pomeridiano, mi ritrovo a non poter nemmeno partecipare alla prima alla Scala alla quale sono stato invitato.”
“Ti hanno invitato come scaldamani?”
Odoacre soffiò:
“No, come figura nascente dell’industria milanese. Mollami!”
“Pallino, guarda che non ti conviene scappare: i tuoi amici non sono qua a proteggerti, e non sai che incontri potresti fare, specialmente qui nei dintorni della fiera,” disse Andreas.
“Ah sì?” chiese Odoacre beffardo.
“Sì. Immagina una famigliola con due o tre bambini in età scolare che non desiderano altro che un gatto. Lo sai vero, come sono i bambini: sempre vogliosi di giocare e di toccare, con le loro mani sporche e poco delicate.”
In realtà Andreas avrebbe potuto fermarsi alla parola ‘famigliola’: Odoacre, pietrificato dal terrore, aveva smesso di dimenarsi.
Le due donne arrivarono dopo una decina di minuti:
“Abbiamo trovato i fogli,” disse Lalore, “ma, purtroppo, vendevano solo il carboncino in bastoncini.”
“Va benissimo, siete state gentilissime,” rispose Fumagalli, “anzi, potrebbe essere una ragione in più per sperimentare: dovendo essere più cauto con il becco, per non spezzare il bastoncino, potrei ottenere un tratto molto delicato.”
“Già immagino il risultato,” disse la bionda, “delicato come le decorazioni delle ceramiche di Delft.”
Fumagalli annuì e poi, appena Lalore scartò il materiale, si mise all’opera, prendendo un bastoncino nero. Il gruppetto lo salutò, ma la musa della creatività si era già impossessata di lui.
I tre, gatto incluso, arrivarono così davanti al castello sforzesco, dove gli stand erano già tutti allineati: chi vendeva addobbi natalizi, chi specialità regionali (spandendo puzza di fritto), chi caldarroste (spandendo puzza di bucce abbrustolite), chi piante, chi cosmetici naturali… Era esattamente quanto Andreas si era aspettato.
A un certo punto, la bionda si fermò e indicò uno stand:
“Lì vendono cappottini per cani!”
Andreas sorrise nel guardare la smorfia di Odoacre.
“Ma sì, Andri: potremmo prendere un cappottino per Fum… Andri, che c’è?” gli chiese Lalore quando lo vide con quell’espressione bizzarra in volto.
“Niente, guardavo… guardavo… quello,” disse puntando l’indice a caso. Fu così che, del tutto involontariamente, Andreas indicò un semplice tavolo piazzato nel mezzo del percorso della fiera, circondato da tre ragazze con dei giubbetti rossi, che fermavano i passanti e distribuivano loro dei foglietti.
Lalore guardò Andreas perplessa e poi, dopo aver avvertito la bionda, cominciò a incamminarsi per raggiungere il tavolo delle ragazze. Andreas la seguì e, quando arrivò al tavolo con un solo secondo di ritardo rispetto a Lalore, questa era stata già approcciata da una delle agguerrite ragazze.
Come sempre in quella stagione o, meglio, come la settimana precedente, era quella l’ennesima associazione che perorava una encomiabile causa e che aveva bisogno di offerte. La ragazza stava spiegando a Lalore che con un piccolo contributo avrebbe potuto aiutare degli animali in difficoltà, ricevendo in cambio una simpatica sorpresa.
“Che bella idea,” disse Lalore, anche un po’ per rimediare alla dissonanza cognitiva avuta dopo il dialogo con Billa.
“Avete un rifugio per cani? Quale?” chiese Andreas, chiaramente interessato all’argomento.
“No, ci occupiamo di aiutare animali in difficoltà. Ecco,” disse una delle tre dandogli uno dei foglietti. Andreas lesse con attenzione il testo, le cui lettere coprivano la foto leggermente opaca di un gatto visto di spalle:
Ogni anno a Milano centinaia di persone si trovano coinvolte in un cruento giro di scommesse pericolose, bestiali, senza nulla di umano, che costringono queste persone a investire e perdere non solo soldi, ma anche quanto hanno di più caro, fino alla loro dignità. Scommesse che, come se non bastasse, coinvolgono animali innocenti, come il gatto Alarico che vedi in foto1.
Con una donazione puoi aiutare Alarico a sconfiggere queste persone, e a fargli vivere una vita più felice.
Andreas fece ora caso al colore del gatto nella foto: era rosso. Tentò di fermare Lalore, ma fu troppo tardi: questa aveva già pagato e ricevuto una delle simpatiche sorprese, racchiusa in una scatolina bianca che la donna mise in borsetta.
“Il vostro settore del marketing lavora bene, vero?” poté solo commentare Andreas.
Poi, a un tratto, le tre ragazze sbiancarono e parvero perfino farsi più piccole. Guardavano oltre Andreas, e così questi si voltò per capire che cosa le avesse turbate: era la bionda, con Odoacre in braccio.
“Ma… ma tu sei…” disse una delle tre guardando Odoacre, che parve innervosirsi. La bionda lo strinse più a sè, poi chiese alle tre:
“Ci conosciamo?”
Una delle tre scosse la testa:
“No, non conosciamo lei, ma-”
“Pallino, calmo, calmo! Pallino! Caro, stai calmo,” ma sembrava che più la bionda intimasse a Odoacre di calmarsi, e più questi si innervosisse. E che Andreas si divertisse.
“Non so che cosa gli sia preso,” si giustificò la bionda, “di solito è un gatto amabile. Pallino!”
“Forse non gli piace la folla,” azzardò Lalore.
La bionda approvò quel suggerimento, così i tre lasciarono la fiera e tornarono nella via dove avevano lasciato Fumagalli.
Ma non lo trovarono come lo avevano lasciato.
Inizialmente non lo trovarono nemmeno: al suo posto c’era una calca di persone, alla quale però, stranamente, Odoacre non rispose innervosendosi.
I tre si avvicinarono.
“Presto, delle forbici!” urlava qualcuno.
“Ho un coltello a serramanico!”
“Non c’è almeno un taglierino?”
Lalore sbiancò esattamente come le tre ragazze avevano fatto poco prima, ma non per aver visto qualcosa, anzi: si spaventò proprio perché, non potendo vedere, aveva preso a pensare al peggio per il proprio pavone.
“Fumagalli!” urlò e, con Andreas, si fece spazio tra le persone.
Trovarono l’amico ancora intento a disegnare, tra un vocio che più o meno diceva:
“A me! A me! Un paesaggio innevato!”
“No, io! Se lei potesse scrivere ‘buon Natale’ su questo bigliettino che ho appena comprato.”
“La prego: solo un fiocco di neve.”
“Lei è arrivato dopo di me! Aspetti il suo turno! E anche voi due: credete di essere più furbi? Ehi, non interrompete l’artista!”
Ma i due, Andreas e Lalore, invece lo fecero.
“Fumagalli, ma che cosa succede?” chiese Lalore.
“Mentre disegnavo la foglia, la gente che passava ha preso a guardarmi e a darmi soldi,” spiegò il pavone, “allora ho chiesto di staccarmi dei fogli dal blocco per far loro dei disegni. Poi qualcuno ha cominciato a chiedermi se potessi disegnare biglietti di Natale, ritagliando però i fogli in un formato più opportuno. Ah: ecco qui un rimborso per i soldi che hai speso per il carboncino e i fogli. E voi, tutto bene alla fiera?”

  1. Il testo riportava una nota: nome di fantasia per tutelare l’identità del gatto in questione.