L’uomo con la coppola

The Athlete – Prompt:

Pensa a un atleta, identifica in esso alcune caratteristiche, e includile in una storia.

Tutto cominciò quando Lalore, una sera, accoccolata ad Andreas sul divano, disse:
“Penso di avere ancora un po’ di fame.”
Andreas la guardò sorridendo e le rispose:
“Ti prendo uno yogurt dal frigo.”
“In effetti… avrei voglia di qualcosa di salato, non di dolce. Ma va be’, mi passerà.”
“Patatine fritte?”
Lalore sorrise e Andreas non esitò un secondo: la baciò e poi si alzò.
“Vado dall’arabo all’angolo e torno. Tu aspettami qui e non ti muovere.”
Ovviamente, Andreas non andò solo: Fumagalli lo seguì, per sgranchirsi un po’ le zampe, e anche perché adorava l’aria di quelle prime sere autunnali.
“Non senti come è più bello passeggiare, senza il calore, senza la folla e il suo vociare allegro?” fece osservare Fumagalli appena fuori, “Tutto è più calmo, tranq-”
Continuare la frase sarebbe stato decisamente ironico: pochi metri più avanti, in corrispondenza del portone di un palazzo, due persone stavano litigando.
Andreas cercò di passare a debita distanza, ma le loro voci erano ben intellegibili:
“Ma fatti i fatti tuoi!” diceva uno che manteneva il portone aperto con un’anca, e tentava di portarsi dentro una bicicletta.
“Lei non può farlo: questo è un servizio di bike-sharing. Se le serve così tanto una bici, forse dovrebbe comprarsela,” ribatté l’altro, con una coppola rossa in testa e le mani poggiate sul telaio della bici.
L’altro uomo rispose con una serie di parole poco lusinghiere.
Andreas e Fumagalli continuarono a camminare, ma notarono che l’uomo con la coppola, apparentemente senza alcuno sforzo, strappò la bici dalle mani dell’uomo che voleva portarla nel proprio palazzo.
Tralasciando quanto disse (facilmente immaginabile), l’uomo senza più la bici si avvicinò con fare aggressivo a quello con la coppola.
A questo punto, Andreas e Fumagalli si fermarono a guardare la scena: reggendo la bici sotto il braccio sinistro, l’uomo con la coppola fece un salto acrobatico, al limite del sovrumano, e si portò di qualche metro più avanti. Tutta l’azione fu eseguita impeccabilmente, tranne che per la coppola, che gli cadde a terra, atterrando vicino ad Andreas.
Questa volta, l’uomo senza bici non disse nulla, e si affrettò ad entrare nel proprio palazzo e a chiudere il portone.
L’uomo senza più la coppola, invece, parlò, più che altro da solo:
“Molti si lasciano facilmente abbagliare dall’egoismo e dalla violenza. A volte è necessario dare loro una lezione.”
“Ehm, signore,” disse Andreas, “il suo cappello.”
“Grazie,” rispose l’uomo, “siete la prova che esistono ancora persone in grado di compiere atti di regolare umanità… Ah!”
Si portò una mano alla testa:
“Scusate, sto forse straparlando. Mi sento confuso.”
Fumagalli urlò, e Andreas guardò il suo amico con sguardo perplesso.
“Si sente confuso,” disse Fumagalli.
“Sì,” ribadì l’uomo, “sento quasi il dovere di far rispettare le regole, di far trionfare la giustizia, o di essere un esempio di moralità e valori, ma ora che ci penso, non ricordo perché o, peggio, non mi rammento nemmeno di cose più piccole, tipo in che modo sia effettivamente arrivato fin qui… mi sento come sui binari della ferrovia.”
“In procinto di essere falciato? Sente di essere in pericolo?” chiese Andreas.
“No: destinato a seguire una certa strada.”
Fumagalli urlò ancora, e Andreas prima annuì, poi chiese all’uomo:
“Può dirci come si chiama?”
L’altro aggrottò le folte sopracciglia:
“Sembra strano ma… non mi sovviene.”
Andreas e Fumagalli si scambiarono occhiate, sospiri e, infine, dei sommessi ‘già’.
“Glielo dici tu?” chiese Andreas a Fumagalli. Questi annuì e, con la sua vocina, disse tutto d’un fiato:
“Signore, abbiamo il sospetto che lei sia un personaggio.”
“Eh no!” esclamò Andreas, “quando l’ho rivelato così a Linda mi hai messo in croce ‘troppo brusco, troppo diretto’, e ora? Perché tu sì e io no?”
“Ho implicitamente ammesso che il tuo metodo diretto sia il migliore. Comunque signore, la sostanza è questa.”
“Un personaggio? Ma che significa?”
“Che sta vivendo in una storia progettata apposta per lei. Forse non qui, perché questa è la nostra, ma da un’altra parte c’è qualcuno che ha pensato a lei e ha scritto, o lo sta facendo, una storia dal suo punto di vista,” spiegò Fumagalli.
L’uomo con la coppola rossa aggrottò le sopracciglia ancora di più, tanto da lanciare una innaturale ombra sugli occhi. Chiese:
“Ammettiamo che vi creda: chi è che starebbe scrivendo di me?”
“Questa è una domanda alla quale non possiamo rispondere con certezza,” disse Andreas, “ma spesso abbiamo interazioni con i personaggi delle storie di Salinks e… Ma…”
“Che c’è?” chiese l’uomo.
“Fumagalli! Quest’uomo potrebbe essere Brian!”
Il pavone urlò.
“Guardalo bene. Certo, ora ha un fisico molto più atletico e possente, dei tratti forse anche un po’ orientali, per non parlare dell’impermeabile beige, e la coppola rossa, decisamente fuori moda, però potrebbe essere lui. In fondo, la sua storia da Filippo era agli sgoccioli.”
Fumagalli squadrò l’uomo:
“Non so, potrebbe, ma potrebbe anche non esserlo. Potrebbe anche essere un personaggio di Salinks, ma diverso da Brian, come potrebbe essere anche un crossover diverso, con un personaggio di una storia diversa…”
“Che cosa state dicendo? Volete farmi impazzire ulteriormente?” li interruppe l’uomo dalla coppola.
“Oh, Brian, Brian! Non ti rendi conto? Ora, in questa nuova forma, nessuno ti potrà riconoscere, e sarai libero di essere te stesso anche qui in narrazione, senza sottostare al volere di Odoacre.”
“Odoacre…? Brian…?”
“Aspetta,” disse Andreas, poi prese il telefono.
“Che vuoi fare?” gli chiese Fumagalli.
“Avvisare Lalore che tarderemo. Intanto, incamminiamoci verso un locale nel quale possiamo parlare con calma.”
Entrarono in un microscopico negozio di kebab: Andreas prese una bibita, Fumagalli e l’uomo solo dell’acqua:
“Sento di dover prendermi cura del mio corpo, di evitare gli zuccheri, di controllare il peso,” si giustificò l’uomo appena si furono seduti.
“Va bene, come preferisci. Adesso, Brian,” disse Andreas, “concentrati e pensa al tuo passato. Da lì, capirai che personaggio sei.”
“Non vedo niente.”
“Paradossalmente, chiudi gli occhi, e prova ancora,” disse Andreas.
L’uomo obbedì, e dopo qualche secondo, un fremito gli attraversò il volto.
“Vedo… Sangue, tanto sangue.”
“Potrebbe essere,” disse Andreas, “in genere Salinks scrive storie di azione.”
“E… vedo un uomo grigio… vestito di blu. Ah, è assurdo, un uomo grigio,” disse riaprendo gli occhi, “scusatemi, devo sembrarvi pazzo.”
“Non preoccuparti Brian, ti serve un po’ di tempo.”
L’uomo sospirò:
“Vi ringrazio per essermi vicini.”
“Dovere: non ti ricordi, ma noi siamo amici,” disse Andreas.
“Piuttosto, forse io avevo una ragione per camminare da solo a quest’ora, fosse pure per uno stato mentale alterato, ma voi che cosa ci facevate in giro di notte?”
“Notte? Ma sono solo le nove e un quarto!”
“Be’?” disse Fumagalli, “mia nonna in questo periodo dell’anno, già alle otto di sera mi diceva ‘guarda, comincia a fare notte presto’.”
“Hai una nonna? Non me lo avevi mai detto.”
“Perché non lo sapevo prima di adesso. Si chiamava Coppola.”
“Vedi?” disse Andreas rivolto all’uomo, “ecco che cosa vuol dire essere personaggi.”
“Sì, e vi dirò che mi è venuto in mente che ho una macchina. Vorreste venire con me dove l’ho parcheggiata? Non è lontano.”
Andarono alla cassa e l’uomo disse:
“Permettete: è il minimo dopo quanto avete fatto per me stanotte.”
L’uomo aprì il portafogli e ne caddero un numero spropositato di cartoncini. Tutti erano di qualche associazione benefica, e tutti recavano la scritta ‘socio’. L’uomo li guardò o, meglio, parve studiarli. Poi, in silenzio, pagò.
Quanto aveva detto l’uomo era vero: dopo aver camminato solo per poche centinaia di metri in una stradina secondaria, l’uomo si fermò, e Andreas e Fumagalli rimasero a bocca e becco aperti, rispettivamente: l’auto era un bolide d’epoca rosso, decappottabile.
“È davvero tua?” chiese Fumagalli.
“Sì, mi piacciono le auto sportive. Che dire: grazie di tutto. Se è davvero come dite voi, ci rivedremo. Altrimenti, buona fortuna.”
L’uomo salì in auto, mise in moto, ma non partì e, invece, abbassò il finestrino:
“Ah: credo che mi sia venuto in mente anche il mio nome: Naoto Date. Addio!”
Fumagalli urlò, ma lo si sentì poco, coperto dal rombo dell’auto che era partita a tutto gas.
“Naoto: Salinks ha ripreso di nuovo a usare nomi stranieri. Va be’, torniamo a casa… Oh no! Cavolo!”
“Cosa?” disse Fumagalli.
“Ho dimenticato di comprare le patatine.”