Messa in opera

Things We Lose – Prompt:

In onore del compleanno di Harry Potter (e di J.K. Rowling) usa la seguente frase di “Harry Potter e l’ordine della fenice” nel modo che ritieni opportuno: “Le cose che perdiamo trovano alla fine il modo di tornare da noi, anche se non sempre come ce le aspettiamo”.

Andreas e Fumagalli avevano passato tutto il sabato mattina fuori casa: avevano cominciato con l’andare in libreria, poi in un negozio di cosmetica, poi in uno di articoli casalinghi, quindi in uno etnico, e infine in un supermercato. Non avevano comprato nulla, ma stavano semplicemente seguendo l’implicito suggerimento che aveva dato loro Manuel la settimana prima: godersi l’aria condizionata. Lo incrociarono anche, nel negozio di articoli casalinghi. Reggeva tra le mani quattro o cinque pacchetti blu.
“Che cosa sta comprando?” gli chiese Fumagalli.
“Andiamo, diamoci del tu. Comunque, sto prendendo dei mini ventilatori: li voglio disporre sul letto attorno a me, quando vado a dormire. Voi?”
Andreas alzò le spalle, e Manuel sorrise.
Poi, dopo tutti i giri, quando Andreas si fu stancato di tenere in braccio l’amico pennuto, che da più di un’ora era diventato esausto dal troppo camminare, decisero che era ora di rientrare a casa.
Appena sulla soglia, Andreas si svestì quasi completamente, e si mise sul divano, completamente stravaccato, e accese il televisore.
“Secondo te dovremmo comprare anche noi un ventilatore?” chiese Fumagalli dopo aver bevuto dalla sua ciotolina.
“Hmm,” disse Andreas giocando con il telecomando, “non credo: tra pochi giorni il caldo dovrà pur finire.”
Fece zapping distratto fino a che si fermò.
“Ma che stai guardando? Quello è un programma di arte: da quand’è che te ne interessi?” chiese Fumagalli.
“Non fa nient’altro sugli altri canali,” disse Andreas sconsolato, dando un’occhiata a un foglio che teneva sul tavolino, dove aveva segnato tutte le combinazioni di tasti già provate per poter arrivare all’avvio della ricerca del digitale terrestre, così da completare il proprio set di canali. Poi aggiunse, usando il telecomando per indicare il televisore:
“Nell’anteprima la conduttrice ha detto che questa storia è un giallo a tutti gli effetti, e lo sai che d’estate gli unici gialli che girano sono banali. Questo programma non potrà essere peggio,” si affrettò a concludere Andreas appena la sigla terminò, prima che la conduttrice riprese a parlare:
“Cari amici di Senti l’arte e mettila da parte, oggi vi parleremo di una storia molto particolare che inizia come la cronaca di un fatto criminale, ma che poi vira inaspettatamente al giallo, con un mistero irrisolto. Ma andiamo con ordine: via al filmato!”
Il televisore mostrò le immagini di una villa sontuosa immersa nel verde, dove un commentatore parlava di un tale Rambaldo Esposito, ex magnate dell’industria del mobile. Seguirono immagini dell’interno della villa, dove poliziotti spostavano tele da una parte all’altra:
“Così, la cattura di alcuni trafficanti d’opere d’arte, ha portato alla luce il coinvolgimento di Esposito nel traffico. Nella sua villa in provincia di Asti, sono state rinvenute tele dal valore inestimabile,” diceva la voce fuori campo.
Poi apparve Rambaldo Esposito, seduto su una poltrona, mentre sullo sfondo i poliziotti portavano via tutto: non era affatto disperato, ma sembrava tranquillo, davanti alle telecamere e al giornalista che lo intervistava:
“Se potessi tornare indietro, lo rifarei: per me l’arte è tutto,” diceva, come se stesse parlando con un amico al bar, “circondarmi di questo genio, della maestria e creatività spaziali e cromatiche di artisti di questo calibro, è per me un bisogno irrinunciabile. Guardi, guardi quel Dalì che sta spostando quel poliziotto: non è meraviglioso?”
“Troppi soldi fanno davvero male al cervello,” commentò Fumagalli.
“Per favore,” disse Andreas, “non fare commenti stupidi per agevolare la Robi nello spezzare un monologo espositivo.”
La voce fuori campo continuò:
“Le opere provengono da musei di tutto il mondo, con nomi del calibro del Moma, dell’Orsay, del Getty e della Tate.”
“Saranno famosi, ma non conosco nessuno di questi artisti.”
Fumagalli urlò:
“Sono musei, non artisti!”
“Le opere rinvenute a casa di Esposito sono più di 200, conservate in un piano sotterraneo di oltre 300 metri quadri, dotato di un bagno dove era esposta una famosa opera smarrita…”
Andreas scoppiò a ridere:
“Nel bagno!”
“Forse lì conservava la Merda d’artista per ispirazione,” disse Fumagalli ammiccando.
“Fumagalli!” esclamò Andreas scandalizzato, “questo blog ha un linguaggio tutto sommato innocente.”
L’amico lo guardò smarrito, e si giustificò:
“Ma era una battuta!”
“Va bene, ma non c’è bisogno di essere volgari per essere divertenti.”
Fumagalli scosse le penne: pensava davvero di aver detto un’ottima battuta.
Le immagini ritornarono allo studio:
“Fino a qua, cari amici, è solo la cronaca di come una rete di trafficanti d’arte è stata sgominata, inghiottendo nello scandalo uno dei nostri maggiori esponenti dell’industria. Ma la storia non finisce qui: tra tutte le opere rinvenute, ce ne è una misteriosa. Vediamo il filmato.”
Ci fu di nuovo il magnate, stavolta con un bicchiere d’acqua in mano, sempre sulla stessa poltrona di prima, e per sfondo, sempre il viavai dei poliziotti che portavano via le sue opere:
“Avevo fatto un importante acquisto e… non lo nego, i miei venditori mi trattavano bene, perché ero un ottimo cliente. Così quella volta mi mandarono anche qualcosa che definirono un piccolo omaggio alla mia fedeltà. Mi inviarono via mail una foto per il montaggio e soltanto il nome dell’artista: Andrej Pavlov.”
“Che strano: io non mi intendo di arte, eppure questo nome mi suona familiare,” disse Andreas.
“Anche a me, però io sono un artista, quindi non conta,” disse Fumagalli pensoso.
“Era chiaramente l’opera di un artista contemporaneo, non proprio il mio genere, ma quando la vidi ne rimasi affascinato e gradii molto l’omaggio,” disse Esposito.
E apparve l’immagine dell’opera: Andreas e Fumagalli urlarono all’unisono.
“È la nostra composizione! È il nostro pesce d’aprile!”
Il magnate continuò, incoraggiato da una domanda dell’intervistatore:
“No, non so nulla della provenienza, si figuri che non mi hanno nemmeno detto il titolo dell’installazione. Mi dissero solo che fu di facile prelievo perché situata in un posto non ben sorvegliato.”
“E non ha più la foto con la disposizione originale?” si sentì chiedere il giornalista.
“No, ovviamente ho eliminato il file della foto, come pure ho cancellato tutte le mail delle conversazioni, per motivi di sicurezza. Ma le posso garantire che la mia disposizione è estremamente fedele all’originale. L’unica variazione è stata la margarina.”
“Che cosa intende?” domandò il giornalista.
“La margarina che apparteneva all’opera originale era andata a male e l’ho rimpiazzata con una saponetta opportunamente sagomata, avvolta nell’incarto originale. L’ho fatta diventare così un’opera molto accogliente, dal punto di vista olfattivo.”
Apparve a questo punto una donna piuttosto giovane, ma che si vestiva come una sessantenne hippie. La didascalia diceva critico d’arte:
“È un’opera complessa, in cui ogni elemento è simbolo di un preciso contesto familiare e sociale. Un’opera di forte impatto visivo che chiaramente rispecchia l’elaborata idea concettuale dell’artista…”
Fumagalli urlò.
Poi, di nuovo la conduttrice in studio, con un primo piano stretto: alzava le sopracciglia in continuazione, facendo formare tre rughe sulla sua fronte molto alta.
“Ma chi è Andrej Pavlov? Nessuno sa nulla di lui e il furto della sua opera non è stato denunciato da nessun museo, come pure sembra non esistano al mondo altre opere di questo artista.”
Ci furono immagini di uomini vestiti come in un telefilm poliziesco americano, con tute di protezione e i guanti, mentre tastavano delicatamente i materiali che Andreas e Fumagalli avevano quattro mesi prima preso da casa.
“In base alle date di scadenza e i lotti di produzione, l’artista è chiaramente contemporaneo. Ma ora arriva la parte più misteriosa,” disse la voce fuori campo.
Andreas si sistemò meglio sul divano e alzò il volume.
“Perché alzi? Sappiamo tutto di quell’opera, ne conosciamo tutte le fasi, dalla genesi alla messa a punto per l’esposizione. Conosciamo perfino i prezzi dei vari oggetti.”
“Sh! Ha detto che la cosa diventa misteriosa.”
“Dai rilievi sulle pinze che chiudevano il pacco di pasta,” continuò la voce fuori campo, con controllata enfasi, “si è giunti a identificare almeno due set di impronte, il che ci porta a concludere che Andrej Pavlov è un collettivo artistico o, comunque, un duo.”
Andreas si rilassò sul divano:
“Ci sono andati vicini, anche se il duo siamo io e te, e non io e Lalore, visto che le altre impronte devono essere le sue.”
Fine delle immagini, si era di nuovo nello studio:
“Ma la cosa più interessante,” e qua, il primo piano della conduttrice divenne semplicemente un dettaglio degli occhi e delle loro zampe di gallina, “è il pacco di noci: analizzandolo, vi si è trovato al suo interno un telecomando.”
Fumagalli urlò, Andreas balbettò:
“Un tele… teleco… comando…? Ma che…?”
Guardò con occhi sbarrati la foto che apparve nel programma e lo riconobbe, perché lo aveva avuto fra le mani per molte ore per anni:
“È il telecomando che non sono più riuscito a trovare! Era lì dentro!” gridò alzandosi in piedi, quasi commosso.
“Stando alle dichiarazioni di Esposito,” dissero gli occhi della conduttrice, “l’oggetto non è di sua appartenenza, quindi è parte dell’opera.”
Apparve di nuovo il critico d’arte:
“È l’anima dell’opera, un seme interno dal significato quasi quantistico: c’è, ma non si vede, e quando si vede l’opera non è più la stessa, e si appropria di un significato più ampio. Il telecomando non è un oggetto casuale: ha la proprietà di cambiare lo status di un’altra entità. Come può cambiare canale, così in questo caso cambia il pensiero dell’osservatore, in questo contesto oggettificato. Al pari di un televisore che mostra quanto chi ha il telecomando vuole che esso mostri, così in quest’opera il telecomando è quanto…”
“Ma tu la capisci?” chiese Andreas a Fumagalli.
“Onestamente no, eppure sono un artista. Comunque, tu hai idea di come quel telecomando sia finito nel pacco di noci?”
Andreas alzò le spalle:
“Mi sa che dovrebbero farci una seconda puntata, su questo mistero…”