Scherzare col cuoco

What’s Cooking? – Prompt:

Stai guardando il cuoco hibachi preparare il pasto, quando noti che c’è qualcosa di inusuale.

Lalore non aveva scherzato: dopo la egg hunt, aveva preso a cucinare solo piatti vegani.
Per Fumagalli il cambiamento fu indolore, visto che la sua dieta era già vegana, per quanto varia.
Andreas, invece, non si accorse del cambiamento in atto, perché non aveva effettivamente preso sul serio Lalore e perché quest’ultima, da brava cuoca, preparava dei piatti saporiti e colorati.
Se ne accorse durante una cena, quando constatò che le omelette che lei gli aveva servito, pur sembrando le solite, erano diverse al palato.
“Non fraintendermi,” le disse, “queste frittatine sono buone, ma hanno un sapore diverso.”
“Certo: ho usato la farina di ceci invece delle uova, e la crema di soia per il ripieno.”
Andreas rifletté con la forchetta a mezz’aria, poi ridacchiò. Lalore e Fumagalli lo guardarono e Andreas, con il volto ancora segnato dalla risata, disse:
“Scusa: per un attimo ho pensato che fossimo diventati vegani.”
Lalore guardò Fumagalli, poi Andreas.
“Sì,” disse lei incerta, “da oltre una settimana. Non ti ricordi?”
Andreas guardò quanto aveva nel piatto e infilzato sulla forchetta, poi riprese a mangiare, senza aggiungere altro.
“E per dessert,” disse Lalore, “una cheescake, ovviamente vegana. È un esperimento che ho fatto: non vedo l’ora di assaggiarla.”
“Non te la prendere,” disse Andreas, “ma… penso di essere sazio.”
Dopo aver lavato i piatti, Lalore si concesse una seconda fetta di cheescake e rifletté: era chiaro che Andreas non aveva preso bene il cambio di dieta. Ci pensò per qualche giorno, fino a che una sera disse:
“Andri, ho trovato qua a Milano un ristorante hibachi che fa anche cucina vegana. Ho prenotato un tavolo per domani sera, così vedremo un po’ di cucina alternativa, e dei piatti più sfiziosi di quelli che preparo io.”
“Come? Ristorante di baci?” chiese Andreas, avvicinandosi a lei per baciarla sulle labbra.
Lalore sorrise:
“Ristorante hibachi. È un ristorante giapponese dove lo chef cucina davanti ai clienti del tavolo, dotato di una piastra per la cottura, facendo un po’ di intrattenimento.”
A quelle parole Andreas immaginò un cuoco giapponese vestito in t-shirt e calzoncini, che tentava di animare la serata dei clienti costringendoli a cantare canzonette tra una portata e l’altra. La sua fantasia aggiunse altri dettagli alla scena, basandosi su quella di Fantozzi e la signorina Silvani al ristorante giapponese. Solo che, nella sua immaginazione, a fine pasto il cuoco serviva, canticchiando per animare il ristretto pubblico, un Fumagalli arrostito.
Andreas si riscosse da quella fantasia: niente Fumagalli arrostito, perché avrebbero mangiato vegano, forse broccoli e cavoli crudi.
Abbandonò quei pensieri bislacchi la sera successiva, quando si trovò nel locale, immerso nell’odore di cibi soffritti. A quel punto, pensò che forse era stato oltremodo pessimista.
Una cameriera giapponese o, almeno, orientale, li fece accomodare al tavolo.
“Il vostro chef sta per arrivare. Intanto scegliete i piatti che volete,” disse loro prima di congedarsi.
Andreas lasciò che Lalore barrasse su un foglietto i piatti che lei e, eventualmente, Fumagalli, avrebbero voluto assaggiare.
“Allora, Andri, non è un posto carino?”
Andreas si guardò intorno: erano circondati da tavoli del tutto simili al loro, e ognuno di essi aveva effettivamente una grande piastra metallica sulla quale un cuoco smuoveva con degli utensili il cibo che sfriggeva e fumava. Andreas si soffermò sui tranci di pesce e gli straccetti di pollo che si arrostivano scoppiettando sulle piastre. Concentrandosi, gli sembrava di sentire anche odore di uova fritte, non di ceci. Poi decise di evitare di farsi del male.
Dopo qualche minuto arrivò il loro cuoco: un uomo dai tratti orientali, possente, dalla divisa bianca con i dettagli in rosso, in tono con il cappello che indossava.
Il cuoco prese il foglietto compilato da Lalore, lo lesse, poi senza dire una parola guardò i suoi tre clienti, annuendo a lungo.
Prese quindi da un carrello che aveva vicino una spatola e un forchettone a due punte, e cominciò con essi a fare della giocoleria, proprio come Lalore aveva accennato.
Andreas, vedendone la stazza, la spatola sottile e affilata nella mano destra, e il forchettone dalle punte acuminate nella sinistra, si disse che avrebbe mangiato di tutto, vegano o non vegano.
Terminata l’esibizione, da un ripiano inferiore del carrello, il cuoco cominciò a tirare fuori delle verdure: un cavolo, carote, broccoli, funghi, cipolle, e anche dello zenzero.
Andreas sobbalzò sulla sedia: il cuoco aveva preso in mano un coltello, dalla lama degna dei migliori serial killer. Cominciò a lanciarlo in alto, riprendendolo per il manico a ogni discesa. Poi, prese a lanciare in aria i funghi e a tagliarli a mezz’aria con gesti fulminei e controllati.
Lalore era entusiasta.
Poi il cuoco prese due carote, una per mano, sembrando un addetto delle piste in aeroporto, e iniziò a saltellare sul posto. Emise un urletto e fece una capriola all’indietro, poi compì un balzo e parve letteralmente decollare, arrivando sulla sedia libera accanto a Fumagalli, che urlò per lo spavento. Da lì, il cuoco, senza fermarsi, ritornò al proprio punto di partenza.
Lalore, Andreas e Fumagalli erano senza parole, e si scambiarono occhiate interrogative mentre il cuoco affettava a rondelle le carote. Poi le lasciò cadere sulla piastra bollente.
A questo punto, il cuoco prese il cavolo tra le mani e se lo portò davanti alla faccia, restandone coperto. Poi le sue mani iniziarono a contrarsi e a tremare fino a che schiacciarono il cavolo, sformandolo.
Infine il cuoco affettò, come se niente fosse, ciò che restava del povero ortaggio.
“Ragazzi,” bisbigliò Lalore, “questo non è normale. I cavoli oppongono resistenza anche al coltello, quando vanno smezzati. È impressionante!”
Andreas si voltò verso di lei, ogni tanto controllando dove fosse il coltello dell’uomo:
“Io non so se verrò fuori vivo da questa serata, perciò ti dico che ti amo e che mi va bene qualsiasi tipo di cucina tu voglia adottare a casa.”
Lalore sorrise e lo baciò.
Fumagalli, invece, sembrava rapito dal cuoco e lo osservava in ogni sua movenza.
Dopo qualche minuto, tutte le verdure furono affettate e sfriggevano vivacemente sulla piastra insieme al riso.
“Mi sa che ci siamo,” disse Lalore, “vado a lavarmi le mani.”
Fu poco dopo che Fumagalli urlò.
“Che c’è?” gli chiese Andreas.
“Quest’uomo… Signor cuoco!”
Il cuoco alzò lo sguardo e Fumagalli continuò:
“Tu… Tu sei Naoto Date!”
Andreas guardò confuso prima l’uno poi l’altro.
“È l’uomo che avevamo incontrato qualche mese fa, che non sapeva di essere un personaggio. Aveva un bellissimo bolide d’epoca,” gli spiegò Fumagalli.
“È vero! Ci riconosci?” chiese Andreas a Naoto.
“Non ne ero sicuro,” rispose questi, poi indicò Fumagalli con la spatola, “lui mi sembrava familiare ma, senza offesa, i pavoni si assomigliano un po’ tutti.”
“Non c’è problema. Anzi, scusaci per l’altra volta: pensavamo che fossi un nostro amico personaggio, Brian.”
Naoto mosse la spatola in segno di diniego.
“Che cosa ci fai qui?” chiese Andreas.
“Sto aiutando delle persone,” rispose Naoto.
“In un ristorante?” domandò Fumagalli.
Con un ristorante. Ho deciso di investire un po’ nel settore della ristorazione, che sembra essere molto redditizio qua a Milano, così da poter dare più soldi in beneficenza. E, in aggiunta, sto anche aiutando un po’ di persone: tutti i cuochi che vedete qui li ho presi dalla strada, dando loro la possibilità di una vita migliore.”
Fumagalli urlò per la sorpresa e Naoto continuò:
“Ad esempio, quello lì in fondo, è giapponese solo geneticamente, perché in realtà è nato e cresciuto a Napoli. Un bravissimo pizzaiolo, ma non lo vogliono assumere perché non sembra italiano. È un peccato che il mondo delle pizzerie vada così, perché è bravissimo e ha un delizioso accento dei quartieri spagnoli. Oppure c’è… ecco, lui è il caso peggiore.”
Andreas e Fumagalli guardarono in direzione della spatola.
“Che cos’ha?” chiese Fumagalli.
“Si è laureato in ingegneria civile a Tokio, è venuto in Italia attratto dalle bellezze di questa terra, ma non trova un lavoro che non sia riempire foglie Excel o fare il project manager, affogando perciò in riunioni interminabili e senza senso.”
Rimasero tutti e tre in silenzio per qualche secondo, a contemplare la miseria di quel povero giovane.
“Almeno qui crea piatti dalla struttura importante e si sente soddisfatto. Dovreste vedere che capolavori crea.”
Lalore tornò e Naoto trasferì il riso e le verdure nei piatti.
“Siete vegani?” chiese Naoto.
Lalore guardò Andreas e, sorridendo, rispose di sì.
“È una buona cosa,” commentò Naoto, “ma fate in modo di mangiare tanti legumi. Sono molto importanti per la massa muscolare.”
Così dicendo, prese il pezzetto di radice di zenzero e lo stritolò nel pugno, facendo colare il succo nei tre piatti.