Problema tecnico

Character Name Generator – Prompt:

Visita il sito behindthename.com, digita il nome di un oggetto, o di un concetto, di un colore o di una qualsiasi cosa, e cerca quali nomi di persona hanno un significato a esso correlato. Quindi, crea una scena nella quale appare un personaggio con uno di quei nomi, cercando di incorporarne il significato.

Non si poteva certo dire che le cose stessero andando proprio bene nell’appartamento. Nulla di tragico, ma qualche piccolo problema che aveva turbato la normale routine familiare.
La prima cosa: Lalore, anche se chiaramente non la si poteva definire una cosa. Una sera era rientrata dal lavoro, dicendosi estremamente stanca. Andreas le si era subito avvicinato e intuì che ciò che lamentava la sua compagna non era stanchezza, ma febbre. Di fatto, il termometro elettronico avvalorò la sua ipotesi segnando 38.2°C.
Ciò suonava non solo ‘bip-bip bip-bip’, ma anche un po’ come una condanna, perché tutti sapevano che a Milano, da un mese, girava un virus influenzale molto tenace a qualsiasi antipiretico, e anche molto lento a lasciare in pace il sistema immunitario della povera vittima, costringendola così a sopportare una febbre costantemente alta per quasi una settimana.
Così, quella sera, Lalore andò a letto presto, facendo involontariamente un favore ad Andreas, scaldando il letto come una stufa elettrica.
Dopo due sere, si palesò la seconda delle cose: lo scaldabagno non dava più segni di vita, rendendo impossibile ad Andreas e a Lalore, esausta dal sudore e dai brividi dovuti alle oscillazioni dai 38 e i 39 del simpatico virus, di farsi una doccia serale.
“Chiamerò un tecnico, domani mattina,” disse Andreas a Lalore mentre erano ancora nel bagno, davanti allo scatolone di metallo praticamente inservibile.
“Posso farlo io, non preoccuparti.”
“Tu? No, tu resti a letto. Anzi, sai che ti dico? Che domani lo chiamo, e mi prendo un permesso per esserci quando viene, così non devi alzarti.”
Fu così che la mattina Andreas chiamò un tecnico appena finita la colazione.
“Che ti ha detto?” gli chiese Fumagalli quando la chiamata fu terminata.
“Che arriva tra un’ora. Ho tempo per prepararmi con calma.”
Andò a finire che, dopo un’ora e mezza dalla chiamata, Andreas era in salotto insieme a Fumagalli, ancora in attesa che il campanello suonasse.
Fumagalli passava il tempo a riprodurre su una tela, con un carboncino nel becco, uno schizzo che aveva tracciato su un foglio.
“Non riesco a capire che cosa sia… È un quadro astratto?” gli chiese Andreas.
Fumagalli lasciò cadere il bastoncino che aveva nel becco:
“Tu pensi che tutto nell’arte sia astratto, perché non ne cogli il senso.”
“Va bene. Riformulo: il soggetto di questo quadro è reale?”
Fumagalli posò di nuovo il carboncino:
“Il soggetto di un quadro è sempre reale, perché reale ne è il suo significato.”
Andreas sospirò e guardò l’ora sul telefono.
Il tecnico arrivò dopo ulteriori 10 minuti di attesa.
Era un uomo enorme, che sembrava non sentire il freddo perché, invece di un giubbotto, indossava solo una consunta felpa in pile con il logo commerciale dei boiler che installava la sua ditta. Dopo la stazza e la circonferenza del petto, i suoi segni virili si erano praticamente esauriti: i suoi capelli erano fini e biondi, gli occhi di un blu delicato, e la pelle liscia e intonsa.
Andreas lo fece accomodare, chiaramente non in salotto, ma dove era situato lo scaldabagno elettrico, cioè in bagno. Lì, l’uomo si mise subito ad armeggiare con gli strumenti che aveva nella cassetta e Andreas, non sapendo nulla dell’argomento, nemmeno i nomi degli arnesi che l’uomo aveva allineato sul pavimento, andò via.
Prima, aprì delicatamente la porta della camera da letto per accertarsi che Lalore stesse ancora riposando, nonostante il rumore di ferraglie che veniva ora dal bagno, poi andò di nuovo in salotto, dove Fumagalli aveva ripreso a tracciare segni sulla tela con il carboncino.
“È un palazzo?” domandò Andreas appena sedutosi sul divano.
Fumagalli urlò, lasciando un leggero scarabocchio sulla tela. Poi, poco prima di raccogliere il carboncino caduto, disse:
“Senti, lo so che ti annoi, ma io qua sto cercando di lavorare. Nelle ultime due settimane, per una serie di motivi, non sono riuscito a fare nulla, con il risultato che ho perso il flusso creativo. Adesso mi sto imponendo di tornare a lavorare sulla mia passione ma non è facile. Anzi, è frustrante.”
Andreas lo guardò in silenzio, meravigliato.
“Scusami,” disse Fumagalli, “non so che cosa mi sia preso. Non è da me.”
“Infatti non sembravi neppure tu1. Beh, vorrà dire che leggerò un libro.”
Fumagalli urlò di nuovo:
“Questo è interessante: tu non leggi mai…”
Smise di parlare: il tecnico era entrato timidamente in salotto e cercava Andreas con lo sguardo, poi vide lui e lo sguardo cambiò, diventando penetrante.
“Ha già trovato il problema?” chiese Andreas voltandosi verso l’uomo.
“Sì… Che bell’esemplare maschio,” rispose il tecnico guardando Fumagalli.
“Certo che sono maschio,” esclamò questi scotendo un po’ le penne, anche se non era chiaro se lo facesse per risentimento, visto che era palesemente un maschio e quella precisazione del tecnico suonava un po’ come un’offesa, o per dimostrare che effettivamente lo fosse.
Il tecnico gli si avvicinò:
“Bel piumaggio, e la stazza è piuttosto buona.”
Piuttosto?”
Ora divenne chiaro perché Fumagalli stesse scotendo le penne.
“Per caso lei ha altri esemplari?” chiese il tecnico ad Andreas.
“Intende dire se ho altri pavoni?”
“Pavoni, o altri animali: fagiani, tortore, germani reali…”
“No… Ma il nostro vicino di casa-”
“Sì? Che cosa ha? No, non mi dica: un cinghiale?” chiese il tecnico in preda all’ansia.
“Il nostro vicino ha una gallina.”
“Ah,” disse il tecnico deluso, “un banale animale domestico.”
Fumagalli scosse ancora le penne:
“Non dica così. Billa non è affatto banale. Ma le perdono questo suo giudizio piuttosto affrettato e rude perché, in passato, anche io ho avuto delle riserve su di lei, visto che è effettivamente una gallina.”
“E poi il nostro vicino ha…” continuò Andreas.
“Ah, c’è altro: mi dica,” disse il tecnico.
“Ha un geco e uno squonk.”
“Mah, il geco non mi interessa poi molto, mentre lo squonk… Non lo conosco. Ah, non ho presente il calendario venatorio lombardo: sa quando si apre la stagione della caccia allo squonk?”
Fumagalli urlò, e quasi coprì lo squillo del telefono del tecnico. Questi ripose:
“Pronto? No, sono da un cliente, mi ci vorrà ancora una mezz’oretta… Va bene, segna pure che ci passo io, però tu mandami l’indirizzo… Dai, ma come è possibile che ancora non sai scrivere il mio nome? Si scrive esattamente come si legge: Grosvenor… Sì, ciao,” poi richiuse il telefono e prese a parlare ad Andreas e Fumagalli, “devo andare un attimo al furgone per un pezzo, ma torno subito.”
Appena fu uscito, Fumagalli commentò:
“Un cafone antipatico, e ha anche un nome bizzarro. Chissà che cosa vorrà poi significare, Grosvenor2.”
“Secondo me vuol dire solo grosso. Dopo tutto, è esplicitamente nel nome, e sua fisicità lo conferma.”
“Andreas,” disse Fumagalli, “è tutta la mattina che mi sembri strano: secondo me faresti bene a misurarti la febbre.”
“Oh, andiamo, non essere drammatico.”
Fumagalli scosse le penne.

  1. Infatti è stata l’autrice. Ok, si dice che uno scrittore (o una scrittrice) non debba mai usare troppo della propria vita privata in una storia, ma a volte è necessario. E comunque, mi si è rotto il riscaldamento, e non lo scaldabagno, quindi ho cambiato qualcosa.
  2. https://www.behindthename.com/name/grosvenor: Grande cacciatore.