Band a parte

Charts of Speech – Prompt:

Scrivi una scena usando almeno tre parole da ognuna della lista1.

La fine di febbraio è una buona cartina tornasole per un’analisi qualitativa e quantitativa dell’andamento dei propositi dell’anno nuovo.
Phil era probabilmente uno dei pochi che poteva vantare non solo una costanza tenace, ma anche progressi invidiabili. Era arrivato a dire anche venti parole al giorno: un ammontare di vocaboli paragonabile a quello pronunciato da un single milanese nel weekend, incollato a Netflix per un numero di ore a due cifre.
L’altro progresso di Phil era stato quello musicale: la sua voce era diventata in grado di compiere virtuosismi complessi e aveva perfino acquisito una buona mezza ottava. Ogni sera il signor Cavalleri metteva uno dei dischi dell’infausta (almeno per Andreas e Lalore) pesca al negozio di antiquariato, e tutti i componenti della casa si radunavano per ascoltarlo. Spesso andava anche Fumagalli, che bussava con il becco al portone di casa e si sistemava le penne in previsione delle piccole conversazioni con Billa. Una volta, perfino Andreas e Lalore erano andati ad ascoltare Phil, rimanendone incantati.
Billa e il signor Cavalleri si erano anche procurati nuovo materiale musicale, ovviamente su vinile perché il signor Cavalleri non aveva un lettore CD, come nemmeno un portatile per degli mp3. Entrambi avevano anche provato a sperimentare nuovi generi musicali, come l’hard rock e il rock progressivo italiano, ma Phil sembrava avere difficoltà ad accompagnare le canzoni di tali generi con la sua bella voce da sax tenore.
Furono queste le premesse che, una mattina, spinsero Billa ad aprire la porta di casa di Andreas e Lalore quando c’era in casa solo Fumagalli.
Questi la salutò imbarazzato, insicuro sullo stato delle sue penne. Poi, per cercare di deviare l’attenzione, la invitò nel salotto a consumare qualcuno degli snack che Lalore aveva lasciato per lui.
“No, grazie, sono a posto così. Sono qui perché avrei bisogno di un favore,” esordì subito Billa, “si tratta di Phil. Vedo che sta crescendo tantissimo in queste ultime settimane e vorrei fare qualcosa per lui, più importante che l’avergli finalmente preso uno scatolone più grande.”
“E io come posso aiutarti?”
“Vorrei che provassi a trovare per me una band jazz in cerca di un sassofonista, così da suggerire il nome di Phil.”
Fumagalli urlò:
“Ma questa cosa è…” si trattenne e si calmò, “prima di tutto: che cosa vuol dire jazz? Tradizionale? Swing? Big Band? Be-bop?”
“Non ci ho pensato. Sicuramente non rock.”
Fumagalli constatò che Billa non era decisamente esperta di musica. Dopotutto, erano i galli a essere famosi per il canto, non tanto le galline.
“Certo, possiamo cercare insieme su internet. Hai avuto davvero una buona idea,” sottolineò Fumagalli, poi però aggiunse, “ma… davvero non posso esimermi dal dirti che potrebbe essere azzardata.”
“Perché lo pensi?”
“Perché non puoi sapere se è ciò che lui vuole, se se la sente di sopportare di cantare con altre persone o, come immagino che il gruppo voglia fare, esibirsi davanti a un pubblico. Senza contare la sua fobia e i problemi di autostima. Credo che tu ne debba prima parlare con la sua terapista.”
“Ho capito. Almeno sei stato onesto,” disse Billa voltandosi per tornare verso la porta di casa.
Fumagalli urlò:
“Ti aiuterò lo stesso,” e così dicendo accese il portatile.
Nel milanese c’era apparentemente una sola band jazz alla ricerca di un sax. L’annuncio, piuttosto laconico, recitava:
Futuro quintetto jazz in provincia di Milano cerca contrabbassista e sassofonista, anche senza esperienza di palco, ma con un buon livello musicale, per serate in locali della provincia.
Seguiva poi il numero di telefono.
“Ottimo, corro subito a chiamarli,” disse Billa, andandosene recitando le cifre che componevano il numero di telefono, per poterle tenere a mente.
“Fammi sapere,” le urlò dietro Fumagalli.
Billa tornò immediatamente dopo, e questa volta Fumagalli, aspettandola, si fece trovare con la coda ben distribuita e voluminosa.
“Niente, è andata male,” disse Billa.
“Ne hanno già trovato uno?”
“No, è che vogliono che Phil faccia una prova con loro domani sera, ma non so come portarlo.”
“Lalore e Andreas sarebbero stati felici di accompagnarlo.”
“Forse, ma oltre il fatto che dovrei convincere Phil ad andare in macchina, non vorrei approfittare della gentilezza che mi dimostrate sempre in questa casa. Troverò un altro modo, stanne certo.”
Fumagalli le vide un lampo nei suoi occhi gialli. Riuscì soltanto a balbettare:
“Dav… Davvero non vuoi che ti offra nulla?”
Il giorno successivo, più o meno alla stessa ora, Fumagalli ricevette un’altra visita di Billa. Questa sembrava euforica: sbatteva le ali e inclinava la testa più rapidamente del solito. In tono concitato e telegrafico, disse:
“Stasera, da noi, alle 21. Puntuale,” poi richiuse la porta, senza dare a Fumagalli il tempo di ribattere.
Quando questi bussò alla porta del signor Cavalleri all’ora prestabilita, non ebbe bisogno di usare la propria intuizione per capire che c’era qualcosa di strano. Infatti, glielo disse subito Billa:
“Non dire niente. Parla solo con noi della casa.”
“Non capisco: con chi altri dovrei parlare?”
Poi gli parve di vedere un uomo camminare nel soggiorno:
“Che sta succedendo?”
“Sh!”
“Chi è quell’uomo?” chiese Fumagalli a volume più contenuto.
“I musicisti del quintetto incompleto che ho chiamato ieri. Sono venuti qui e ora, in silenzio, stanno montando i loro strumenti per poter fare la prova con Phil qua, a casa, senza che lui se ne accorga.”
Fumagalli urlò:
“Scusa, non posso far nulla per controllare le urla,” poi, tornando al bisbiglio, “ma come hai fatto a convincerli?”
“Un mio amico mi doveva un favore.”
Qui Fumagalli guardò Billa con sospetto e alzò un po’ il volume della voce:
“Un amico? Un tuo amico…? Per caso lo conosco?”
“Diciamo che è un mio amico gatto. È una storia lunga, qualche volta te la racconterò. Gli ho chiesto di fare qualcosa per poter convincere questi signori a venire da noi. Dai, vieni, è tutto pronto.”
Fumagalli non seppe se gioire dell’opera buona che Odoacre aveva fatto per Billa, o se provare pena per i poveri musicisti, costretti a sottostare al volere di un felino.
Li vide lì, ben allineati nel soggiorno, davanti al televisore spento. Due di loro, chiaramente gemelli, erano in età praticamente pensionabile: uno era seduto davanti a una tastiera elettronica, mentre l’altro era seduto davanti a un rullante e a una coppia di piatti. L’altro componente del quintetto incompleto era un giovane robusto e dai capelli rossi. I tre fecero un cenno di saluto a Fumagalli il quale, con disinvoltura, ricambiò in silenzio e poi salutò lo scatolone di Phil, nonché il signor Cavalleri e Ilgeco.
Quindi i tre musicisti presero a suonare.
Phil emise subito un bigliettino:
Conosco questa canzone, ma la qualità del suono è diversa. E mancano i bassi. Problema alle casse?
“No, va tutto bene,” lo rassicurò Billa.
Phil cominciò a suonare o, per meglio dire, cantare, su tutti e cinque i pezzi che i musicisti eseguirono.
Quando i tre finirono, il batterista disse:
“Bravissimo!”
Si sentì chiaramente Phil agitarsi nella propria scatola, poi venne fuori un bigliettino:
Chi c’è?
Billa spiegò che cosa fosse successo e, a quel punto, i musicisti parlarono liberamente.
“Uno stile fantasioso,” disse il gemello batterista.
“Non me lo sarei mai immaginato. Sono senza parole: Phil, sei decisamente dei nostri!” disse il gemello tastierista.
Senza parole anche io,
scrisse Phil. Anche il giovane musicista dai capelli rossi doveva esserlo, perché non disse nulla.
I musicisti iniziarono a smontare i propri strumenti: era un momento che richiedeva delle chiacchiere per spezzare il silenzio.
“Suonate già da qualche parte?” chiese il signor Cavalleri.
“Al momento no, ma in passato io e mio fratello ci siamo esibiti con il quartetto al quale appartenevamo,” disse il gemello tastierista mentre ripiegava la base del suo strumento.
“E dove?” chiese Fumagalli.
“Cuggiono, Besate, una volta perfino a Busnago.”
“E poi, che fine ha fatto il quartetto?”
“Uno si è sposato, e l’altro, appena andato in pensione, si è trasferito in Romania a fare il nababbo,” rispose il gemello batterista, “allora, aspettiamo con ansia una tua risposta, Phil. Sei il benvenuto nel nostro quintetto.”
I musicisti salutarono e andarono via dall’appartamento, lasciando i componenti della casa e Fumagalli da soli nel soggiorno, stranamente vuoto in quel momento.
“Che ne pensi di questa band?” chiese Ilgeco allo scatolone di Phil.
“Non so se posso.”
“Ascoltami,” disse Billa da brava mamma chioccia, “tu puoi, perché lo stai già facendo. Sono settimane che ti esibisci davanti a un pubblico, anche se dalla scatola non lo vedi. Una persona in più o una in meno non cambia poi molto.”
Non lo so. E poi le band non sono mai pubbliche.
Tutti gli astanti si guardarono dubbiosi, e attesero con trepidazione che Phil terminasse il rumore che indicava la scrittura di un foglietto:
Sono i bandi a essere pubblici, non le band.
Fumagalli fu l’unico a reagire, urlando.
Battuta.
Phil doveva certamente lavorare un po’ sul suo senso dell’umorismo e i tempi delle battute.

  1. Mi sono resa conto solo ora che ne ho usata solo una per lista. Pazienza.