La figura in nero

The Reaper Knocks – Prompt:

Qualcuno bussa alla tua porta. Apri, e trovi una figura alta, vestita di nero, con una falce in mano. La figura ti guarda, poi guarda degli appunti che ha in mano, poi ti guarda di nuovo. Non ne vedi il volto, ma sembra chiaramente confusa.

Andreas aveva imparato che quando qualcuno citofonava prima delle otto del mattino, non era assolutamente per comunicargli buone notizie.
Così, quella mattina, andò alla porta con la bocca ancora impastata del caffellatte, cercando di immaginare quale potesse essere la nefasta novità.
La vista di colui che trovò alla porta gli mozzò il fiato, perché del tutto inaspettata e inusuale.
La figura che era sulla soglia dell’appartamento aveva infatti uno degli aspetti meno rassicuranti che si potessero immaginare: una lunga casacca nera, con un cappuccio così ampio da scendere completamente sul volto, non facendone scorgere nemmeno il mento. Andreas si chiese come l’altro potesse vedere, così conciato.
La figura reggeva in una mano una falce scintillante, e nell’altra un blocco di cartoncino spesso, di quelli con la pinza in alto per tenere i fogli.
“Desidera?” chiese Andreas.
La figura non disse nulla, e mosse invece la testa verso il blocco di fogli, poi sembrò guardare Andreas, poi di nuovo il blocco. Poi, senza un parola, poggiò la falce al muro e prese a sfogliare i fogli.
“Che succede?” chiese Fumagalli che era venuto a dare un’occhiata.
Andreas alzò le spalle e la figura, con voce profonda, esattamente opposta a quella di Fumagalli, disse:
“Scusi, è che mi ha sorpreso vederla così…”
“Ah, no, guardi, è che ho appena finito di fare colazione e non ho avuto tempo di cambiarmi,” disse Andreas indicando il pigiama che aveva indosso con una mano, mentre con l’altra si riparava la bocca per non alitare verso l’altro.
“Intendevo, così stranamente bene. Molto bene. Anni luce meglio rispetto al report dello scorso anno.”
“Davvero?!” esclamò Andreas tutto contento, gonfiando perfino un po’ il petto, “sarà che ho smesso di perdere tempo a guardare la televisione. Credo che la pelle del volto sia più distesa, con meno occhiaie. Però, a onor del vero, le dirò che sto combattendo contro un paio di chiletti di troppo che ho accumulato questa estate.”
“Questo è interessante…” disse la figura, poi prese la penna attaccata al blocchetto e scarabocchiò su uno dei fogli, pronunciando ad alta voce, “sovrappeso… conseguente incremento del rischio cardiovascolare. Bene, signor Cavalleri, e mi dica-”
Fumagalli urlò.
“Mi scusi, ma credo che si tratti di un equivoco. Io non sono il signor Cavalleri,” precisò Andreas.
“Ah no?”
“No.”
“Ecco, avevo intuito che lei stesse troppo bene per essere un settantacinquenne. Per caso lei sa dove abita il signor Cavalleri?”
“Giusto qui,” rispose Andreas indicando la porta del vicino.
“Perdonatemi. È il mio primo giro. Non solo a Milano, ma in generale. È da poco che sono nel settore della riscossione. Vogliate perdonarmi. Alla prossima, allora.”
Andreas chiuse la porta, e Fumagalli urlò:
“Presto, apri la porta e fermalo!”
“Ma che ti viene in mente?”
“Ma non hai capito? Come è vestito, se ne va in giro con una falce-”
“È quasi Halloween.”
“Ma non lo è ancora! E poi sta cercando il signor Cavalleri che, non per essere cattivi, ma non scoppia esattamente di salute. E ha chiaramente pronunciato la parola ‘riscossione’. Apri la porta!”
Andreas si convinse e fece come suggeritogli dall’amico: la figura era davanti la porta del signor Cavalleri, nell’atto di alzare il braccio per suonare il campanello.
“Signore, aspetti!”
La figura si voltò:
“Dica.”
“Ah… Ecco…”
Come già successo in passato, Fumagalli aiutò Andreas a trovare una scusa:
“Perché non si ferma un attimo per un caffè? Il signor Cavalleri può di certo aspettare un altro po’, non crede?”
“Siete molto gentili, ma il regolamento non prevede che mi intrattenga con gli intervistati e i potenziali addotti.”
Fumagalli non si perse d’animo. Con voce ferma, disse:
“Ma noi non siamo potenziali addotti.”
La figura si avvicinò ad Andreas e Fumagalli. Poggiò la falce al muro e chiese:
“Nome?”
“Andreas, e la prego, mi chieda anche il cognome, così finalmente la Robi sarà costretta a darmene uno.”
La figura sfogliò il blocco:
“Ho paura che il nome sia sufficiente: non c’è nessuno con quel nome nella mia lista. Lei, invece?”
“Fumagalli.”
La figura controllò di nuovo le proprie carte:
“Fumagalli Saverio?”
Fumagalli urlò:
“No, solo Fumagalli.”
La figura portò una mano alla testa, e sembrò che stesse massaggiandosi il mento.
“Hmm… La sua macula, come va?” chiese infine.
“Benissimo,” rispose Fumagalli.
“E la sua prostata?”
“Non ce l’ho.”
“Prostatectomia?”
“No, proprio mai avuta.”
“Credo quindi di poter escludere che lei sia Saverio Fumagalli. Stando così le cose, lo prendo volentieri un caffè.”
In casa, si imbatterono immediatamente in Lalore, che era pronta per andare al museo.
“Buongiorno. Ci conosciamo?”
“No: a occhio credo che sia troppo presto,” rispose la figura.
“Forse per lei, ma per me è molto tardi e devo proprio scappare. Andri,” si avvicinò ad Andreas per baciarlo, poi carezzò Fumagalli e, infine, salutò la figura con un cordiale ‘arrivederci’.
“Sicuro.”
Andreas condusse l’ospite in cucina, poi mise l’acqua sul fuoco per il caffè, come sempre solubile.
“Si sieda, come se fosse a casa sua.”
“L’appoggio qui, questa, se non vi crea intralcio,” disse la figura mettendo la falce in un angolino, poi si sedette.
“Sa chi è che dovrebbe conoscere?” chiese Andreas all’ospite, il quale capì che la domanda era retorica e lasciò che l’altro continuasse.
“I genitori di Lalore.”
“E dove abitano?”
“A Pizzighettone.”
“Mi spiace, è fuori dalla mia zona di competenza.”
“Peccato. Sa però chi altro sarebbe opportuno che conoscesse? Odoacre, o forse è registrato come Pallino. Un gattaccio-”
“Mi spiace,” lo interruppe la figura, “la gestione dei gatti è più complessa a causa del loro numero di vite. È un reparto a sé.”
Fumagalli, svolazzò sul proprio divano e disse:
“E così, oggi è il giorno in cui il signor Cavalleri…”
“Il giorno in cui che cosa?” chiese la figura.
“Che… che lascerà questo mondo.”
La figura guardò i propri fogli:
“No. Non mi risulta.”
Fumagalli urlò.
“Scusi, ma dato il suo abbigliamento, i suoi, diciamo così, accessori… Credevo che fosse venuto a riscuotere il signor Cavalleri.”
La figura rise, e sia Andreas che Fumagalli sentirono il rispettivo sangue raggelarsi nelle vene, a quella risata tonante.
“Credo ci sia stato un malinteso: io faccio sì parte dell’ufficio riscossioni, ma sono stato appena assunto, e faccio la gavetta.”
“E in che cosa consiste la gavetta, di preciso?” chiese Andreas portando una tazza di caffè fumante al proprio ospite.
“Fare i report annuali dei candidati. Controllare il loro stato psicofisico e le loro evoluzioni annuali per averne un profilo. Diciamo che contribuisco a quello che chiamano il monitoring.”
“Immagino che dovrà girare parecchio,” constatò Andreas.
“Sì, non sa quante interviste devo fare.”
“E quanto dura questa gavetta?” chiese Fumagalli.
“Qualche decennio. Chissà, forse ci rincontreremo quando sarò diventato un esecutore,” disse la figura, ma senza alcun tono di minaccia.
Dopo del caffè, Andreas e Fumagalli accompagnarono la figura davanti la porta del signor Cavalleri. Si trovarono ancora lì, quando il signor Cavalleri aprì la porta.
“Signor Cavalleri,” disse la figura, “mi permetta di presentarmi-”
“Ma che piacere rivederla! No, aspetti, mi sembra che lei non sia lo stesso degli ultimi anni.”
“No, infatti: il mio collega è stato promosso. Ah!”
Sulla soglia era apparsa Billa. La figura la guardò attentamente, poi si inginocchiò per potersi mettere al suo livello:
“Io la conosco: lei è l’ovaiola che, mi perdoni il gioco di parole, è stata depennata dalle liste. La trovo in ottima forma. Bene, signor Cavalleri, vogliamo cominciare?”
Andreas e Fumagalli salutarono la figura, il signor Cavalleri e Billa, per poi rientrare in casa.
Dopo una quarto d’ora, Andreas era di nuovo sul pianerottolo, pronto per andare al lavoro, e incontrò di nuovo la figura, appena uscita dall’appartamento del signor Cavalleri.
“Tutto a posto?” chiese Andreas.
“Tutto sommato, direi di sì…”
La figura guardò qualcuno arrivare dalle scale: era Manuel, visibilmente stanco, con in mano una grossa busta di carta, odorosa di croissant.
“Turno appena finito?” gli chiese Andreas.
Manuel, dando prova di una mandibola da acrobata, articolò un sì all’interno di un profondo sbadiglio.
“Scusi, se glielo dico,” disse la figura, “ma lei ha un pessimo aspetto.”
“Grazie,” rispose Manuel sarcastico.
“Sono croissant, quelli che ha lì?”
“Ne vuole uno?” rispose Manuel, sempre sarcastico.
“Scusi, sto solo facendo il mio lavoro.”
“E io ho appena concluso il mio,” disse Manuel avvicinandosi alla propria porta.
“Mangia spesso cibi ad alto contenuto di grassi saturi e/o trans?”
“Come dice?”
“Mangia spesso schifezze?” spiegò la figura.
“Ah. Sì.”
“Anni?”
“42.”
“Attività fisica?”
“Scusi, non capisco: è per il censimento?”
“Facciamo così,” la figura si avvicinò alla targhetta posta sul campanello della porta di Manuel, “mi segno il suo nome, per futura referenza.”
“Mah, prego. In caso, mi faccia sapere,” rispose Manuel.
“Ci conti,” rispose la figura.