Imprevisti

Awry – Prompt:

Scrivi una situazione nella quale le cose vanno storte.

Fumagalli e Andreas si salutarono la mattina della partenza di quest’ultimo con Lalore.
“Mi raccomando,” disse Fumagalli, “fai molta attenzione, specialmente con questo prompt sugli imprevisti e le cose che vanno male in genere: state lontani da crepacci, linee ferroviarie, non prendete la funivia e-”
“Ok, ok, ho capito.”
“E mi raccomando, sii cauto con Lalore.”
Qui Andreas si fece più serio:
“Lo so, è la prima cosa a cui ho pensato: farò attenzione a non perderla. Anche tu, mi raccomando: per qualsiasi cosa, chiamaci.”
Fumagalli scosse le penne:
“Tranquillo: il mio imprevisto è arrivato la settimana scorsa, e si chiama Billa. Comunque, è inutile parlarne: suona il campanello del signor Cavalleri e lasciami al mio destino.”
“Coraggio, non essere drammatico,” disse Andreas, poi lo accompagnò dal signor Cavalleri e, infine, se ne andò, decretando così l’inizio di quella loro prima settimana da separati.
“Vieni Fumagalli, ti faccio vedere dove ti ho sistemato,” disse il signor Cavalleri, facendolo entrare in casa, “ti piacerà: è una stanza tutta per te e Billa.”
A quelle parole, Fumagalli percepì la rabbia montargli: si sentiva sabotato, vittima di un complotto nel quale le circostanze puntavano a far nascere una storia d’amore tra lui e Brambilla.
Si ricordò allora del suo proposito di sabotare la storia con il suo sciopero del personaggio. Perciò, mentre seguiva il signor Cavalleri nell’appartamento, assunse l’espressione più stupida di cui era capace e cercò di rendersi antipatico.
Purtroppo la cosa gli venne malissimo perché, per tutti i primi due giorni, nessuno parve accorgersene, e continuarono a trattarlo normalmente. In effetti, il tutti era solo il signor Cavalleri, perché Billa non solo c’era poco, ma essendo ancora nuova, ogni suo comportamento non poteva essere definito normale, visto che non poteva essere rapportato ad altri suoi precedenti comportamenti.
Le rare interazioni che Fumagalli aveva con lei, erano per lui sempre dolorose: un po’ perché Billa era una gallina, e lui non voleva assolutamente aver nulla a che fare con un essere così stupido, ma soprattutto perché Billa non pareva esserlo affatto. Anzi, era addirittura molto sveglia, perspicace e sensibile. Fumagalli ne ebbe la certezza la seconda sera lì, nell’appartamento del signor Cavalleri, mentre questo sonnecchiava davanti al televisore acceso.
Billa si avvicinò a Fumagalli e disse:
“Io non ti piaccio.”
L’altro, non essendo abituato a quel tipo di approccio diretto, non poté fare a meno di tornare quello che era (anche perché, pur non volendo ammetterlo, non riusciva a esser qualcosa di diverso):
“Direi che questa è un’affermazione forte, e nemmeno veritiera.”
“E allora dimmi tu come è.”
“Non…”
Ecco, pensò Fumagalli, era successo: il suo sciopero era andato male, la gallina gli stava andando contro… Altro che imprevisti, quelli erano stillicidi. Poi non riuscì a pensare a null’altro, e non completò la propria frase.
Billa, dal canto suo, lo lasciò tergiversare in cerca di parole un po’ più a lungo di quanto una persona diplomatica avrebbe fatto con qualcuno che, chiaramente, era in difficoltà, poi disse:
“Nel mio precedente posto non importava a nessuno di noi galline. Pensa: producevamo valore per l’industria, ma noi ne avevamo meno di zero. Ora sono una gallina libera, e mi sto rendendo conto che forse gli umani non sono tutti dei mostri orribili. E invece, proprio un Pavo, uno della mia stessa classe Aves, mi giudica senza conoscermi.”
Fumagalli non rispose: non solo era tornato in sé, ma aveva cominciato anche a fare autoanalisi, realizzando che stava comportandosi esattamente come Furlan nei confronti degli uomini. Se ne rammaricò e sentì che a essere stato stupido era stato proprio lui, non lei.
“Comunque, non mi importa: se non ti piaccio, pazienza, ma almeno abbi la decenza di dirmelo.”
“Hai ragione, non sono stato corretto con te,” disse Fumagalli, “credo di aver bisogno di tempo per abituarmi alla tua presenza.”
Billa inclinò la testa svariate volte, rapidamente, e disse:
“Mi sembri onesto, ora.”
Anche Fumagalli la guardò attentamente: le penne le stavano ricrescendo nelle zone dove le mancavano, ma era ancora magra. Sembrava un esserino indifeso e si stupì che quel chilo e mezzo scarso di carne e ossa potesse contenere tanta determinazione.
“Mi dispiace per quanto hai dovuto subire nell’allevamento,” le disse per rimediare al suo comportamento irrazionale di prima.
“Per quanto ti dispiaccia, non puoi immaginare le cose che succedono lì dentro.”
“Penso di sì, invece.”
“Sei un attivista?”
“Ho letto il tuo diario.”
Billa lo guardò fisso, con i suo occhietti gialli:
“L’avevo nascosto nel reparto invernale del vostro armadio, poco dopo la mia fuga e il mio arrivo qui. Con il freddo non ancora alle porte, credevo di avere ancora del tempo per passare a riprenderlo, prima che Lalore lo trovasse.”
“Lo rivuoi?”
“Non mi interessa più: appena uscita dall’allevamento ero confusa, ho fatto perfino delle cose strane, ma ora è tutto diverso.”
“Cose strane tipo nascondere la droga in casa della gente?”
Billa, immobile, lo guardò e disse solo:
“In quel periodo odiavo tutti e volevo che soffrissero tutti in cella, come ho sofferto io. Ma sarebbe stato inutile, così ho lasciato perdere.”
Dopo quella piccola discussione chiarificatrice, l’interazione tra i due pennuti sembrò andare un po’ meglio.
Fu così che, durante la cena del terzo giorno, si respirava un’aria conviviale e piacevole. A condurre la conversazione era Fumagalli, che parlava di arte e, molto umilmente, dei suoi lavori artistici. Quella fu una sorprendente rivelazione per il signor Cavalleri e Billa: per motivi di spazio, infatti, Fumagalli non aveva portato le tele con sé, e passava il giorno a leggere una prima bozza di un nuovo romanzo della signora Piacentini, e a scriverci su degli appunti.
“E noi che pensavamo che tu fossi uno scrittore! Potresti quindi fare un ritratto a inchiostro di china a me e a Billa?” chiese il signor Cavalleri.
“Certo, ma non ho il materiale qui con me.”
“Ce l’hai a casa?” chiese Billa.
Fumagalli annuì.
“Basta andarlo a prendere, allora,” disse lei.
Così dopo cena, mentre Fumagalli girava per la casa del signor Cavalleri, per capire dove era la miglior luce per il ritratto ad alto contrasto che aveva in mente di fare, il signor Cavalleri prese le chiavi che Lalore e Andreas gli avevano lasciato per le emergenze, e uscì dall’appartamento, richiudendo la porta alle sue spalle.
E lì accadde qualcosa, perché Fumagalli e Billa udirono prima un tonfo, e poi dei lamenti.
Fumagalli urlò e corse alla porta. Chiusa.
Urlò di nuovo, svariate volte.
“Calmati,” gli intimò Billa quando lo ebbe raggiunto.
“Gli deve essere successo qualcosa! Non sai quanti imprevisti possono succedere in questi giorni! Forse è caduto di giù… Ahi!”
Billa gli aveva tirato una penna, fino a quasi sfilargliela.
Fumagalli la guardò con terrore, ma almeno in silenzio.
“Vedo che ti sei calmato,” constatò Billa, “ora vuoi ripetermi che cosa hai detto, con tono e velocità normali?”
“Credo che Cavalleri si sia fatto male, mentre noi… siamo chiusi dentro!”
“Lasciami fare.”
Billa armeggiò sulla porta, becchettandola, graffiandola, svolazzando qua e là, fino a che fece scattare la serratura della porta.
“Ma come…” mormorò Fumagalli.
“Sono uscita indenne da un allevamento intensivo: non c’è posto dal quale non possa uscire.”
Trovarono il signor Cavalleri cosciente, che cercava di alzarsi aggrappandosi al corrimano delle scale:
“Sono scivolato sullo zerbino,” spiegò, “ma ho male a un piede.”
“Ma che succede qui?”
Era Manuel, che si era affacciato sul pianerottolo in canottiera e pantaloncini, e con un wrap di falafel in mano.
“Il signor Cavalleri è caduto,” spiegò Fumagalli.
Manuel corse subito a controllare la situazione, poi si offrì di accompagnare l’infortunato in ospedale per un controllo:
“E voi, rientrate in casa… piccioncini.”
Fumagalli urlò: sembrava essere davvero un complotto ai suoi danni.
Ad ogni modo, quella che si rivelò essere una frattura dell’alluce destro del signor Cavalleri, non aveva solo sancito la cancellazione della serata ritratto, ma anche la fine della tanto desiderata vacanza di Andreas e Lalore. Quando il giorno dopo, infatti, Lalore chiamò Fumagalli, questi non nascose quanto successo e Lalore si convinse a tornare a Milano.
A nulla valsero i tentativi di Fumagalli per convincerla a restare in montagna:
“Non è necessario: si è solo rotto un alluce.”
“È comunque in ospedale.”
“Sì, ma lo dimetteranno tra un paio di giorni. Per questo periodo Billa e io possiamo stare da Manuel, che non avrà nulla in contrario a tenerci-”
“No, non credo sia il caso. Non per lui, ma non fa il tipo di mestiere adatto ad accudire due animali.”
“Ma poi tornerà il signor Cavalleri.”
“Che avrà bisogno di assistenza a sua volta. No, Fumagalli: capisco le tue intenzioni, ma non è giusto lasciarti da solo in questa situazione. Torniamo subito.”
La coppietta si presentò nel primo pomeriggio alla porta dell’appartamento del signor Cavalleri. Porta che fu ovviamente aperta da Billa.
“Sono contenta che stiate bene,” disse Lalore appena vide i due pennuti, “Andri, già che sono qui, vorrei preparare un piccolo cambio per il signor Cavalleri.”
“Fai con calma: io vado a prendere i bagagli in macchina, così magari riusciamo a svuotarne uno da riempire con le sue cose.”
Lalore gli diede un bacio: almeno la loro relazione non aveva avuto imprevisti.
Una volta nel proprio appartamento, e lasciati per terra i bagagli, Andreas passò davanti al salotto e sorrise: non aveva guardato la televisione per quei tre giorni e non ne aveva sentito la mancanza. Fumagalli lo raggiunse:
“Tutto ok?”
Andreas annuì, e chiese:
“Quella del signor Cavalleri è stata l’unica cosa, o ci sono stati altri imprevisti?”
“Diciamo che, nel senso di non previsto del termine, mi sono dovuto ricredere su Billa.”
“Ah,” disse Andreas malizioso, “quindi potrebbe esserci davvero uno sviluppo romantico-”
“Come se quella simpaticona della Robi non bastasse! Tra l’altro, mi sembra che abbia anche cambiato il POV della scena. Comunque, no: Billa non è il mio tipo, e spero di non dover tornare su questo argomento, anche se lo dubito. Voi due, invece? Imprevisti?”
Andreas tacque.
“Tu e Lalore state ancora insieme, vero?” si volle accertare Fumagalli.
“Sì, sì, certo. Abbiamo avuto piccole cose, tipo ordinazioni errate al ristorante, o un ragno in camera da letto o…”
“O…?”
“A una serata organizzata mi hanno offerto un caffè, ed era un valdostano.”
Fumagalli urlò.
“Sì,” continuò Andreas, “ma se ci pensi, non è nulla in confronto a quanto successo al signor Cavalleri che, in pochi mesi, è di nuovo finito in ospedale.”
“Ad ogni modo, mi spiace che la vostra vacanza sia dovuta finire subito. Anche se siete ancora entrambi in ferie, non avrete modo di avere del tempo tutto per voi.”
Andreas restò a pensare per qualche secondo, poi carezzò Fumagalli:
“Tu e Billa potete restare soli per un paio di ore?”
“Certo, ma che…?”
Andreas sorrise e si fiondò in camera da letto, dove prese delle coperte, e poi andò in cucina, dove prese da un cassetto le candele che tenevano per le emergenze. Infine, uscì di casa, carico di tutte queste cose. Quando tornò, trovò Lalore ancora nell’appartamento del signor Cavalleri:
“Ho parlato con Fumagalli: vorrei portarti in un posto, ma ti garantisco che saremo di ritorno per le nove,” le disse.
“E dove?”
“Una sorpresa.”
Lo fu per poco, perché dopo una sosta a un take-away cinese, Lalore capì subito dove la stava portando Andreas: al Boscoincittà.
“Andri, ma qui chiude tra poco, possiamo stare solo una mezz’oretta.”
“Ci basta: vieni con me.”
La condusse nella stanza che aveva trovato qualche mese prima, dove il tempo si fermava. Dentro, vi stese le coperte, vi poggiò sopra le vaschette del take-away e, infine, accese le candele.
“Andri…”
A Lalore parve che quella mezz’ora fosse infinita, ma non per noia.