Il diario (non ancora) segreto

Secrets Within – Prompt:

La polizia entra in casa tua con un mandato. Ma c’è qualcosa che non vuoi che venga trovato.

Quando una mattina presto Andreas aprì la porta di casa, ebbe la chiara impressione di vivere un déjà-vu, e gli venne da considerare che forse la sua autrice stesse diventando ripetitiva, e anche un po’ sbadata.
Ad aver suonato il campanello era stato Manuel, in divisa, come effettivamente accaduto qualche mese prima. Dopo i saluti, questi gli disse:
“Ho convinto i colleghi a venire a quest’ora perché conosco i tuoi orari. Prego,” e gli mostrò un foglio. Andreas lo prese con la mano libera dalla scodella del caffellatte, provò a leggerlo, ma non capì. Poi alzò lo sguardo e capì ancora meno, perché dietro Manuel c’erano altri due poliziotti. Si arrese e chiese spiegazioni.
“È un mandato di perquisizione,” gli disse Manuel, “sai che cosa significa?”
“Che ho messo in ordine per niente,” rispose Andreas lasciando passare gli uomini.
“Coraggio, stasera ti darò una mano a sistemare.”
Fumagalli, invece, urlò appena vide i poliziotti entrare in casa. Si calmò solo alla vista di Manuel, e gli chiese che cosa fosse successo.
“È una storia complicata, ma fondamentalmente, qualcuno sta cercando di incastrare un po’ di persone, forse nel quartiere, ma di sicuro in questo palazzo.”
Fumagalli urlò ancora.
“Ma come è possibile? Incastrarci come?”
“Ci sono pervenute delle lettere anonime, nelle quali si facevano alcuni nomi, e si diceva che fossero spacciatori. In effetti, a casa di quelle persone, in questo palazzo, abbiamo rinvenuto sacchetti di marijuana mista a verbena. Ma anche altre persone hanno trovato in casa sacchetti del tutto simili, con la stessa mistura, e si sono spontaneamente presentate alla polizia, sostenendo che siano apparse dal nulla.”
“Quindi qualcuno sta usando gli appartamenti come deposito?” chiese Andreas.
“Forse, e forse a qualcuno non sta bene questa gestione, e manda lettere anonime alla polizia, per rovinargli la strategia di stoccaggio. Oppure, chi ha messo le dosi in giro è la stessa persona che scrive le lettere, e vuole far passare dei guai a qualcuno. Perciò vorremmo cercare delle prove per capire che cosa stia succedendo.”
Andreas ci pensò un po’, mentre con la scodella del caffellatte in mano, guardava i due agenti cominciare il proprio lavoro nel salotto:
“Scommetto che è opera di Odoacre.”
Manuel lo guardò:
“Ma chi, quel gatto del pub? No, non ha la faccia dello spacciatore. E poi, penso che un gatto così elegante e fine avrebbe scelto una persona con una bella grafia per le lettere, e non una con una scrittura pessima.”
Fumagalli ripeté, a bassa voce:
“Scrittura pessima, scrittura pessima…”
“Comunque, Andreas,” riprese Manuel, “mi rendo conto che tu debba andare a lavoro: fai tutto come se noi non ci fossimo, poi quando finiamo chiudo io la porta di casa.”
Andreas accettò l’offerta e si apprestò a tornare in cucina a lavare la sua scodella. Fumagalli, invece, stava ancora ripetendo ‘scrittura pessima, scrittura pessima,’ fino a che non urlò e disse:
“Vengo in cucina con te, così ti dico che cosa lasciarmi oggi per pranzo.”
“Ma ti ho già sistemato le ciot-”
“No, ti dico, è necessario che venga con te in cucina.”
Una volta lì, soli, Fumagalli disse:
“Sai chi altro aveva una scrittura pessima?”
“Chi?”
“Billa, quella del diario che abbiamo trovato!”
“Sh, abbassa la voce,” gli intimò, poi disse, “No, non significa nulla, è una coincidenza: sai quanta gente scrive malissimo, ora che tutti battono le falangette su tastiera e touchscreen? No, è un semplice caso.”
“Ti darei ragione nel mondo reale, ma siamo in una storia, e la Robi avrà le sue esigenze narrative. Le cose potrebbero verosimilmente essere collegate.”
Andreas ci pensò, poi gli diede ragione:
“Ma allora… Quando quella Billa parlava di scappare, voleva scappare da un carcere! Era una spacciatrice!”
Fumagalli urlò, e aggiunse:
“Se trovano il diario durante la perquisizione, penseranno che siamo complici.”
“Siamo stati degli ingenui,” disse Andreas, “avremmo dovuto capire che la Robi non stava progettando qualcosa per una storia diversa, ma per la nostra! Una criminale! Lei, e questa Billa!”
Fumagalli urlò di nuovo. Immediatamente dopo, si sentirono delle voci provenire dal salotto e poi dei passi muoversi in direzione della cucina.
“Dove sta il diario?” si affrettò a chiedere Andreas.
“Nell’armadio di Lalore, lì dove lo abbiamo trovato.”
“Dobbiamo spostarlo,” mormorò Andreas prendendo dei fiocchi d’avena dalla credenza e rovesciandoli in una ciotola che era a terra, poi, a tono più alto del normale, esclamò, “ed ecco qua il tuo pranzo!”
L’agente che fu entrato li guardò, e Andreas gli disse:
“Sa, bisogna prendersi cura dei propri animali.”
L’agente si avvicinò, scosse la ciotola e il suo contenuto, poi in silenzio si allontanò, e sembrò andare in direzione della camera da letto.
“Aspetti, agente! Resti qui in zona: adesso vi preparo qualcosa per darvi la carica,” disse prendendo il caffè solubile dalla credenza.
“Signore, stiamo lavorando-”
“Appunto: ogni persona che lavora ha diritto alla pausa caffè. O preferisce una camomilla? Intanto, mentre l’acqua bolle: gradisce di più il succo alla mela o all’albicocca?”
“Ma…”
L’agente non proseguì, perché sarebbe stato inutile: Andreas aveva già pronto il vassoio con i bicchieri e due tetrapack, e stava mettendo piede fuori dalla cucina. Lo dovette seguire, in direzione del salotto.
Lì, Manuel stava sorvegliando che l’altro agente generasse correttamente il disordine, e Andreas annunciò con voce squillante:
“Un po’ di succo per tutti! Ops! Ho dimenticato i tovaglioli, torno subito.”
Corse indietro, me deviò verso la camera da letto, dove aprì l’anta dell’armadio in cui Lalore aveva lasciato le sue cose, poi passò in cucina dove Fumagalli, ancora interdetto dal comportamento sospettosamente troppo ospitale dell’amico, era rimasto davanti le sue scodelle:
“Ho aperto l’armadio,” gli disse Andreas mentre prendeva rapidamente dei tovaglioli da un mobile, “vai e nascondi il diario da qualche altra parte.”
“Ma dove? Perquisiranno tutto, pure sotto il letto!”
“Sai un pavone intelligente, mi fido di te,” e corse in salotto.
“Andreas, non devi restare qua per farci compagnia: vai al lavoro, tranquillo,” gli disse Manuel.
“È questione di attimi, davvero,” rispose riempiendo i bicchieri per i tre uomini.
Manuel scosse la testa, poi gli si avvicinò e, con un misto di delicatezza e forza, gli passò una mano sulle spalle e lo accompagnò verso l’interno della casa, precisamente davanti la porta del bagno:
“Fidati, me la vedo io a chiudere, o a sistemare le cose per Fumagalli: tu pensa solo ad andare a lavoro.”
Andreas non ebbe scelta e si preparò per andare al canile. Quando uscì dal bagno, il secondo agente era già nella camera da letto:
“Cominciamo anche qua: se per cortesia può prendere le cose che le servono e cambiarsi in bagno.”
Andreas, sotto l’occhio vigile dell’agente, fece la scena di prendere dei panni puliti, per non far vedere che usava i panni usati del giorno prima. Poi chiuse anche l’anta che aveva precedentemente aperto per Fumagalli.
Dopo qualche minuto, poco prima di andare via, ripassò in salotto. Gli pianse il cuore a vedere il disordine che si stava lì accrescendo sempre di più. Suonò perciò strano quando disse:
“Allora, se è tutto a posto… Vado…?” disse, rivolgendosi però a Fumagalli.
“Ci vediamo stasera,” gli disse prontamente Manuel. Andreas uscì, e dopo un paio di ore, non avendo ricevuto notizie da Manuel, e non vedendo nessuna auto della polizia che veniva a prenderlo con le manette, capì che tutto era andato bene e si dimenticò dell’accaduto.
Se ne rammentò solo la sera, quando rientrò e vide la casa a soqquadro.
“Ce l’abbiamo fatta,” disse appena vide Fumagalli.
“Così sembra, ma…”
“Mi devi solo spiegare come hai fatto a non far trovare quel diario. Sono davvero curioso. Lo hai buttato dalla finestra?”
“Ecco, ti volevo parlare appunto di questo. Non sono riuscito a nasconderlo.”
Andreas non urlò, ma sobbalzò:
“Ti avevo lasciato l’anta aperta!”
“Quella sbagliata! Era tra i golfini.”
“Ma… allora…”
“Allora o gli agenti l’hanno trovato ma non l’hanno letto, o questa Billa è stata scaltra e se lo è ripreso. In fondo, se è venuta qua per metterlo, può essere benissimo tornata qui per portarlo via, ti pare?”
Decisero di accertarsene andando nella camera da letto, ma trovarono un campo di battaglia, e desistettero.
“Se e quando lo troviamo, dobbiamo sbarazzarcene,” disse Andreas.
“Sono d’accordo, ma non stasera.”
Andreas sorrise: quella sera Fumagalli si sarebbe visto con Furlan, ancora in visita in Lombardia. E quella sera, avrebbe avuto un’accompagnatrice speciale a tener compagnia a Hilma: Lalore, che di lì a momenti sarebbe passata a prenderlo.
Perciò, quando suonò il campanello, Andreas corse alla porta con il cuore che batteva più forte del solito.
Invece era Manuel, che reggeva in mano una busta di carta che puzzava di fritto:
“Prima di sistemare, dobbiamo rimetterci in forze!” esclamò alzandola e facendola ondeggiare fieramente.
Andreas lo fece accomodare sul divano, dopo avergli creato un po’ di spazio tra degli oggetti che ora vi si trovavano poggiati. Ma non fece in tempo a dir nulla, che il campanello suonò nuovamente.
Andreas sentì il cuore battergli all’impazzata, e andò alla porta, sorridendo.