Il cugino che venne dal freddo

Character Content – Prompt:

Scrivi una scena in cui qualcuno non è giudicato per ciò che è, ma per qualcos’altro (un attributo fisico o qualcosa fuori dal controllo della persona).

Ad Andreas non pareva vero: non solo era riuscito a mettersi al volante per incontrare Lalore, ma era soprattutto riuscito a parlarle. E, cosa ancora più sorprendente, Lalore non lo aveva rifiutato, ma gli aveva dato una velata speranza, acconsentendo a chiarirsi.
Ciò gli aveva fatto capire quanto effettivamente volesse tornare insieme a lei. Si ritrovava spesso a ricordare il suono della sua voce, la brillantezza del sorriso, la morbidezza delle sue mani. E, tutte le volte, Andreas sorrideva.
Anche Fumagalli era contento e sorpreso: pur supportando l’amico e sperando nella riuscita dell’impresa, non avrebbe scommesso nemmeno un centesimo sull’apertura al dialogo di Lalore (a differenza invece di Odoacre che, al pub, aveva preferito evitare la scommessa con Andreas. C’è da dire però che sarebbe un confronto ingiusto tra i due animali, visto che il fulvo gatto era un esperto di scommesse e sapeva quando era il caso di rischiare, mentre non si può dire lo stesso del pavone).
Però Fumagalli era contento e sorpreso anche per un altro motivo: in quei giorni un suo cugino di secondo grado era di passaggio a Milano, e aveva deciso di passare a trovarlo.
“Come hai detto che si chiama?” gli chiese Andreas quando ritornò in salotto dalla cucina con l’usuale vassoio di Lalore, colmo di ciotoline per un piccolo aperitivo.
“Furlan.”
“E che cosa fa?”
“L’ultima volta che l’ho visto, frequentava dei corsi online per diventare architetto. Devi sapere che il senso artistico è molto sviluppato in noi pavoni, ma ancora di più nella nostra famiglia. Della sua vita attuale, so solo che vive in Svezia.”
Andreas sospirò:
“Mi chiedo se e quando la Robi mi assegnerà un famiglia, fosse pure una matrigna…”
Il campanello suonò esattamente all’orario che Furlan aveva comunicato al cugino. Però, quando Andreas aprì la porta, non trovò immediatamente il pavone, ma la sua accompagnatrice, visibilmente nordica e palesemente bella, che si presentò in inglese. Andreas non capì nulla di quanto gli disse, e la lasciò entrare.
Poi vide Furlan, e gli chiese:
“Ma tu parli italiano, vero?”
“Sì.”
“Meno male. Senti, non ho capito bene che cosa ha detto la tua amica: si chiama forse Billa? Perché qualche tempo fa abbiamo letto di una certa Bil-”
“No, si chiama Hilma.”
Effettivamente, ciò che parlava Furlan era italiano, ma con un forte accento. A parte questo, era del tutto indistinguibile dal cugino.
“Sì,” rispose Fumagalli ad Andreas, quando questi commentò su quella somiglianza, una volta che si furono tutti accomodati in salotto, “in famiglia noi maschietti ci assomigliamo un po’ tutti.”
“Scusate,” disse Furlan, “vi spiace se parliamo in inglese, così anche Hilma può partecipare alla conversazione?”
“Be’…” cominciò Fumagalli, “noi non lo conosciamo.”
Furlan prese a parlare con Hilma in qualcosa che chiaramente non era nemmeno inglese.
Se ci fosse stata Lalore, pensò Andreas, la svedese avrebbe potuto parlare con lei. Sorrise.
Ad ogni modo, la donna sbuffò, prese il telefono e cominciò a giocarci.
“Allora, Fumagalli,” disse Furlan, “che mi dici di bello? Che cosa fai qui a Milano?”
“Mi sto dedicando molto al disegno e alla pittura. Durante gli ultimi mesi ho dato lezioni private a degli studenti, ma in generale dipingo, e molto. Ora mi sto dedicando a un quadro con la tecnica di Vermeer, per un’amica. Ma tu, piuttosto? Non sapevo che stessi in Svezia, fino a che non mi hai contattato.”
“Sì, ormai sono più di cinque anni che lavoro lì.”
“Dove?”
“A Malmö, all’Ikea.”
“Devi essere bravo,” si intromise Andreas, almeno per fare più conversazione di Hilma, “se ti hanno dato una divisa fatta su misura.”
“A parte che il giallo si abbinerebbe molto male alla tonalità delle mie penne,” disse Furlan, “ma non lavoro in negozio, bensì negli uffici, come interior designer.”
Fumagalli urlò, e Furlan pure, spaventato dal cugino. Continuarono a urlare consecutivamente per quattro o cinque secondi, poi si calmarono e Fumagalli riprese il discorso:
“E adesso sei a Milano in vacanza?”
“No, per lavoro. Tra poco arriverà la versione cartacea del catalogo anche in Italia, e sono venuto a vedere se tutto procede bene. Anche perché,” disse inclinando il collo in maniera civettuola, anche se questo aggettivo non gli si addicesse poi molto, visto che lui era del genere pavo e la civetta del genere athene, “questa volta ho fatto anche da modello.”
Si persero altri secondi di urla: decisamente l’interazione tra i due cugini non si prestava alle conversazioni troppo emozionanti.
“Non vedo l’ora di vederti pubblicato, allora. Ma…”
Andreas controllò chi gli stesse telefonando e disse, a Fumagalli e agli ospiti, che doveva rispondere, quindi si allontanò dal salotto.
Fumagalli, allora, intervenne e giustificò l’amico:
“Sta provando a salvare la sua relazione con la ragazza che, a luglio, lo ha lasciato,” poi attese che Furlan traducesse e spiegasse a Hilma.
“Quindi avevi una donna come accompagnatrice, prima,” disse Furlan.
“Sì: Lalore. Una persona generosa, affettuosa, calorosa, premurosa…”
“Favolosa.”
“Esatto. Sarebbe proprio bello se tornasse.”
“Be’,” disse Furlan, “se le vuoi veramente bene, allora dovresti fare in modo che non torni con quello là, ma che stia da sola, cosicché lei possa avere una vita migliore.”
Di nuovo cinque secondi di caos.
“Ma perché?” chiese Fumagalli quando si furono tranquillizzati.
“Perché le donne sono creature più empatiche, amichevoli. In genere vanno meglio a scuola, concludono gli studi con più successo dei loro coetanei, hanno una vita media più lunga, quindi sono biologicamente superiori… Perché Lalore si dovrebbe rovinare la vita con uomo? Lei, così sinteticamente favolosa, condannata a vivere con qualcuno sicuramente permaloso, litigioso, astioso, capriccioso, geloso, accidioso-”
“No, no. Forse accidioso, ma non ora, sta cambian-”
“Vedi? Gli uomini sono degli egoisti, pensano solo al proprio interesse, anche perché sono incapaci di vivere autonomamente, e hanno bisogno di qualcuno che ricordi loro perfino dove hanno lasciato le cose, o anche solo di farle. Hanno la maturità di un infante egocentrico.”
“Non la penso così. Conosco bene Andreas, è un mio amico, e mi ha accolto in questa casa.”
“Lui, o la sua ex?” chiese Furlan con la sua posa civettuola.
Fumagalli pensò alla sua prima storia:
“In effetti l’idea è partita da lei, però lui non si è rifiutato-”
“Visto?”
Furlan accentuò la posa, poi disse qualche parola a Hilma, che alzò appena la testa dallo schermo del telefono per rispondergli, molto eloquentemente, alzando gli occhi al cielo. Si rivolse di nuovo a Fumagalli:
“Non serve che tu lo giustifichi: è nella sua natura di uomo. Ciò lo rende dispotico, incapace di mettersi da parte. Questo, sia nella vita vera, con una società storicamente patriarcale e maschilista, ma anche in quella fittizia. Hai mai ad esempio pensato che c’è una chiara egemonia di protagonisti maschili, in film e romanzi, dove le donne sono solo secondarie, o stupide, o muti soprammobili? Comunque, non è colpa dell’uomo in sé: è semplicemente una creatura diversa, che però non regge il paragone con la donna.”
Fumagalli non parlò più e mosse qualche passo scoordinato vicino alle ciotole.
“Non fraintendermi,” gli disse Furlan, calmo, avvicinandosi cautamente, “non ce l’ho con il tuo Andreas, ma è soltanto un discorso generale. Io non odio gli uomini, e non sto dicendo che debbano essere ghettizzati, o avere le saune e i bagni dei ristoranti separati da quelli delle donne1 però, secondo me, è opportuno avere con loro rapporti esclusivamente e puramente professionali.”
Fumagalli passeggiò per un paio di secondi, bevve da una delle ciotole che Andreas aveva predisposto, e disse:
“Ti va se non parliamo più di uomini?”
“Affare fatto.”
Quando Andreas rientrò in salotto, guardò attentamente i due pavoni, cercando di capire se Fumagalli fosse quello vicino alle ciotole, o l’altro. Non gli venne in mente altro da fare se non tendere un innocente tranello:
“Fumagalli, hai visto il telecomando?”
Furlan urlò. Però con fare civettuolo.

 

  1. In molti locali svedesi, i bagni sono unisex.