Al volante

Give Them a Hand – Prompt:

Scrivi una scena che includa un focus sulle mani dei protagonisti.

Erano stati giorni difficili per Andreas. Quella e la successiva sarebbero dovute essere le due settimane di ferie con Lalore, anche se non avevano fatto in tempo a decidere come spenderle. Oltre a ciò, si aggiungeva il fatto che proprio in quei giorni, svanito il piano dell’acquisto di una macchina con i soldi trovati nel cofanetto di Guerra e pace, Andreas si era deciso ad almeno rinnovare la patente.
Quel pensiero gli aveva strizzato il cuore per tutta la settimana ma, nonostante ciò, aveva portato avanti quell’obiettivo e fatto i dovuti versamenti nonché la visita alla scuola guida. Poi pazientemente, ma anche ansiosamente, aveva atteso l’arrivo della raccomandata con la patente al suo interno.
“Sei venuto molto bene in foto,” gli disse Fumagalli, più che altro per tentare di fargli pesare di meno il fatto che ora, il passo successivo, fosse effettivamente quello di rimettersi al volante.
Ovviamente, non avendo la macchina, c’era un solo modo per poterlo fare, e cioè usare il car sharing.
Ce ne erano di vari tipi e Andreas, quella domenica mattina, vagava tra le schede del browser, cercando di capire a quale servizio fosse meglio iscriversi:
“Aspetta, questo costa meno o più di quest’altro? Però la tariffa è a kilometro…”
“Lascia perdere,” gli disse Fumagalli facendo finta di beccarlo sulle dita, per prendersi spazio sulla tastiera, “l’unica sostanziale differenza è il colore dell’auto. Considerata la tua scarsa propensione all’arte, permettimi di sceglierlo per te. Allora, comincia a prendere il telefono per installare l’app mentre ti faccio l’iscrizione.”
Andreas non poté far altro che obbedire e lasciò che Fumagalli becchettasse sulla tastiera per inserire i dati sul servizio che aveva scelto per lui. Poi questi disse:
“Fatto! Adesso dobbiamo solo cercare una delle auto più vicine e-”
“Aspetta, dobbiamo leggere il regolamento.”
Fumagalli squadrò l’amico amaxofobico: quei piccoli tentativi di ritardare il momento fatidico gli fecero tenerezza e acconsentì alla lettura.
“Qua c’è scritto che non sono ammessi animali a bordo,” disse Andreas.
“Al più paghiamo una multa o, se ci interdicono al servizio, ci iscriviamo a un altro, anche se mi spiacerebbe perdere questi bei colori della carrozzeria. Forza, controlla dove è l’auto più vicina.”
Ne trovarono una a mezzo chilometro da casa: si prepararono e uscirono per raggiungerla.
Lì, Andreas regolò la procedura per l’apertura della vettura e quella per il suo uso, fece accomodare Fumagalli sul sedile posteriore, e poi si sedette al posto di guida.
Poggiò delicatamente le mani al volante e strinse forte, fino a che le nocche gli si sbiancarono per la tensione.
“Tutto ok?” chiese Fumagalli delicatamente.
Andreas annuì e staccò le mani dalla superficie zigrinata del volante. Lentamente, pollice e indice presero la chiave di accensione e la inserirono nel quadro.
Quando l’auto si avviò con un rombo ovattato, Andreas poggiò la mano sul cambio, senza stringerne il pomello, rendendo di fatto impossibile innestare una marcia.
“Andreas, andrà bene.”
“Ma che ci facciamo qui? Non credo di essere pronto a guidare, figurarsi ad andare fino a casa sua,” rispose lui, chiaramente riferendosi a Lalore.
“Non c’è niente di male a sentirsi nervosi. Però, come hai detto tu, un passo alla volta: possiamo cominciare con un giro in città, o se non ti va, giriamo solo qui nel quartiere, nelle vie secondarie, o anche solo su questa strada, per qualche metro. Dopo, quando avrai preso dimestichezza e ti sentirai più sicuro, allora penseremo ad andare da Lalore, e a che cosa dirle.”
Andreas strinse il pomello del cambio e innestò la prima, poi lasciò che l’auto si muovesse, pianissimo, quindi aumentò la velocità, e scalò la marcia. E ancora, e ancora, fino a che gli sembrò che quanto avvenuto qualche anno prima e che lo aveva paralizzato così a lungo, fosse solo un vago ricordo.
Girarono all’inizio soltanto nel quartiere, passando perfino sotto casa loro, e infine circolarono anche per le strade principali.
Andreas sedeva ormai rilassato e le sue mani non stringevano più con forza né il cambio, né il volante, ma carezzavano quegli oggetti in plastica, mostrando allo stesso tempo un virile e sicuro controllo.
“Visto che sembri sentirti così a tuo agio, potrei cantarti qualcosa, tipo…”
Andreas lo guardò dallo specchietto retrovisore, e gli sorrise:
“E sia,” acconsentì, già sapendo che sarebbe stato il solito tormentone preferito da Fumagalli.
Su una delle infinite ripetizioni di ‘I love you baaabeee’, Andreas frenò di botto, aggrappandosi al volante.
“Scusa,” si giustificò con Fumagalli, “una pazza con le gambe lunghissime e i capelli così neri mi è sbucata all’improvviso. Aspetta: ma è…”
Linda, davanti al cofano dell’auto, squadrò Andreas, fece un cenno di saluto, ed entrò nell’abitacolo:
“Scusa… Annibale… Alfonso… A…”
“Andreas.”
“Certo, certo. E tu sei… Beretta? Cazzaniga?”
“Quasi, almeno per diffusione geografica: Fumagalli.”
Era palese che qualcosa non fosse normale in Linda. Invero, anche le volte precedenti Linda sembrava sempre un po’ anomala, ma in genere era come ingolfata, con la testa inceppata. Adesso, invece, era decisamente su di giri. Muoveva la testa a scatti, e le mani, nervose, stingevano la borsetta, poi tiravano giù il parasole del sedile passeggero e sistemavano i capelli, poi si tormentavano in grembo e ricominciavano il giro.
“Che ci fai qui in zona? Non eri a Napoli?” le chiese Andreas dopo che ebbe accostato.
“Sono tornata qualche giorno fa. Ora ho appena fatto rifornimento.”
Andreas la guardò in attesa di spiegazioni.
Linda si sedette di sbieco, per poter rivolgersi a lui e Fumagalli, mentre con il pollice giocherellava con il bottone per la cintura di sicurezza lato passeggero, facendo sbiancare ritmicamente la parte terminale dell’unghia:
“Ve l’avevo detto che mi sento sempre… fuori posto? Apparentemente potrei avere un disturbo di derealizzazione, però vorrei provare a capirci di più, con degli stati mentali alterati. Oggi provo con la caffeina: sto bevendo infusi di caffè, guaranà e matè da tre ore, ogni venti minuti.”
Fumagalli urlò:
“Ma ti rendi conto? Un’overdose da caffeina può esserti fatale!”
“Be’,” gli disse Andreas, “non credo che qui possa succederle niente di così tragico e definitivo.”
“Ecco, a volte ho come l’impressione che voi due parliate in codice. State complottando contro di me?”
“Ma no, figurati: non siamo mica in un racconto poliziesco o hardboiled,” tentò di tranquillizzarla Andreas.
“Va be’, tanto, anche se fosse, non lo ammettereste comunque. Senti,” disse Linda sedendosi normalmente sul sedile, “mi daresti un passaggio?”
“Sì, dimmi dove vuoi che ti porti.”
“Al boschetto di Rogoredo.”
Fumagalli urlò.
“A fare che?” chiese Andreas con un filo di voce.
“Magari troverò lì qualcosa che possa aiutare la mia mente. Ma stai tranquillo: non prendo niente ora che ho tutta questa caffeina nel sangue.”
“No,” disse Fumagalli, “lì no. Piuttosto ti aiutiamo noi.”
Andreas guardò Fumagalli nello specchietto retrovisore e annuì.
“Siete dei pusher?” chiese Linda sedendosi di nuovo di sbieco.
“No, siamo dei personaggi,” disse Andreas.
“Non potevi dirglielo con più garbo, con un preambolo?” lo riprese Fumagalli da dietro.
“Un preambolo? Tipo: Linda, ciò che vivi è reale per te, ma di fatto esisti inserita in un mondo fittizio generato dalle parole che uno scrittore di nome Salinks ha pensato per una sua storia? Pensi che ciò avrebbe potuto prepararla meglio?”
Linda muta, era del tutto immobile, a esclusione delle labbra e delle mani che tremavano.
“Vivo in un romanzo?”
“Una novella, secondo quanto ci ha detto Brian,” precisò Fumagalli.
Linda scosse la testa confusa, e Andreas intervenne:
“Intende Filippo, che è il personaggio preferito di Salinks. Quando l’abbiamo conosciuto, qualche mese fa, si chiamava Brian, e continuiamo a chiamarlo così.”
“Quindi… Quindi tutto questo è opera di Salinks?” chiese Linda facendo vagare la mano in aria, e ogni tanto fermandola, muovendo le dita come a voler tastare qualcosa di invisibile.
Andreas sbuffò e disse a Fumagalli:
“Questa gliela spieghi tu. Voglio proprio sentire il tuo preambolo.”
Questo, inteso come questo abitacolo in questa domenica, è in realtà opera della Robi, che è la nostra autrice. Non sappiamo come, ma i personaggi principali POV delle storie, almeno di quelle della Robi e di Salinks, si intrecciano, ma solo quando sono in narrazione, cioè non attivi nelle proprie vicende. Non possiamo darti altri dettagli perché, una volta che torniamo nelle nostre storie principali, non abbiamo memoria di ciò che ci succede in quei momenti, mentre in narrazione, ricordiamo tutto.”
Linda rimase in silenzio a lungo, e Andreas e Fumagalli la lasciarono metabolizzare.
“Quindi la confusione dopo del coma…”
“Quella sarà stata vera, visto che è del tuo personaggio,” disse Andreas, “ma devi sicuramente aggiungere quella di quando ci si risveglia da personaggio, e si prende coscienza di sé. Almeno, per me è stato così.”
“E a te?” chiese Linda guardando Fumagalli.
“A me… Non è una ripetizione se dico come è stato per me?”
“Non eri POV: non sa nessuno come sia andata nel tuo caso,” gli disse Andreas. Fumagalli si rilassò e disse:
“Per me è stato simile: all’inizio non sapevo che cosa ci stessi facendo nella cucina che era il posto dove sono apparso per la prima volta, poi parlando con Andreas ho capito che ero parte della storia.”
“E tutti gli altri?” domandò Linda.
Andreas e Fumagalli scossero le rispettive teste.
Linda non parlò.
“Non preoccuparti,” le disse Fumagalli, “so che adesso sembra che tu stia vivendo in una menzogna, ma il trucco è essere consapevoli di essere in questa situazione. Fatto ciò, non è male, ma piuttosto divertente.”
“Credo…,” balbettò Linda, “credo di aver bisogno di una birra. Mi fareste compagnia?”
“È quasi ora di pranzo: ti portiamo in un posto,” le disse Andrea mettendo in moto.
Arrivarono all’usuale pub, e si accomodarono. Linda ordinò una birra, mentre Andreas e Fumagalli presero da mangiare.
Al primo sorso, Linda esclamò:
“Gattino, ma tu sei sempre qui?”
Odoacre era balzato sul tavolo, e Linda affondò le sue dita affusolate nella pelliccia folta e fulva del gatto, il quale si lasciò carezzare. Poi, con un colpo si reni, l’animale urtò la bottiglia di birra di Linda e la fece rovesciare.
“Gattino birichino! Vado a prendere dei tovaglioli,” disse Linda alzandosi.
Appena furono soli, Odoacre si avvicinò ad Andreas e disse:
“Vedo che hai rimorchiato la stralunata che aveva quel tizio che sta con la mia padrona.”
Andreas partì in quarta:
“Ma quale rimorchiato: siamo qui in amicizia, dopo che ha avuto una mattinata pesante.”
Odoacre camminò sul tavolo, lasciando impronte di birra ovunque:
“Sarà, ma lascia che ti dica che la tua vecchia donna mi sembrava molto più in gamba di questa, anche se come fisico ammetto che non ci sia storia. È un treno che ti sei lasciato sfuggire come un fesso.”
“Qualcuno mi ha detto che se c’è una cosa che voglio, una cosa che mi piace, allora devo fare di tutto per prendermela. Perciò: scommettiamo che ancora non è stata detta l’ultima parola?” gli chiese beffardo Andreas.
Odoacre lo fissò: dopo qualche secondo, era già saltato via dal tavolo, in silenzio come vi era giunto.