Soldi puliti

Spent – Prompt:

Scrivi una scena che riguarda qualcuno che ha nascosto 20000$1 e che scopre che i soldi sono stati rinvenuti e anche spesi.

“Devi proprio andarci?” chiese Andreas a Fumagalli.
“Sì. Le avevo detto molte volte che se fosse capitata a farlo a Milano, sarei andato a vederla.”
Andreas sbuffò.
“Ci andrei da solo,” continuò Fumagalli, “ma gli animali non possono girare da soli in metro, lo sai.”
“Va bene, ti accompagno, ma poi io resto fuori e mi faccio un giro.”
“Affare fatto. Mettimi il guinzaglio e togliamoci il dente: magari se partiamo presto da casa, lei non sarà ancora arrivata in libreria, e quindi non la vedrai. Dammi solo qualche secondo per prepararmi a uscire…”
La persona che Andreas era riluttante a incontrare, era colei che, nel caso migliore, sarebbe potuta diventare sua suocera il che, per un uomo, non rappresenta la miglior condizione iniziale per un rapporto amichevole o civile. Invece, le cose erano andate nel modo peggiore e la signora Piacentini, che già lo trattava con sufficienza, non era nemmeno più tenuta a rivolgersi a lui con la minima diplomazia sindacale, ora che lui e Lalore non stavano più insieme.
Ad ogni modo, quel pomeriggio, la signora Piacentini avrebbe dovuto dare una piccola intervista sul suo libro, che oramai era diventato un best-seller per le donne che volevano qualcosa di rosa e piccante, e Fumagalli doveva essere presente.
Come sempre, la temperatura della metro agevolò la conversazione e, paradossalmente, sciolse Andreas al punto che pose a Fumagalli una domanda che avrebbe voluto chiedergli dalla mattina:
“Sarà da sola, lì in libreria?”
“Sì, la sua famiglia non ci sarà. È per questo che vorrei esserci, almeno per supporto morale.”
“Quindi non ci sarà nemmeno…”
“No, Lalore non ci sarà.”
Andreas sospirò annuendo, poi chiese a Fumagalli di muoversi verso le porte del convoglio.
Arrivarono così davanti la libreria, nei pressi della stazione centrale, ed entrarono. Tutto era organizzato per l’evento: le sedie per il pubblico, un paio di sedie più eleganti messe davanti a tutte le altre, i poster appesi alle pareti… e anche l’autrice, che era già lì, appena oltre la porta.
Andreas, che aveva aiutato Fumagalli ad entrare, si vide costretto a sostenerne lo sguardo e anche a salutarla.
“Se sei venuto con la speranza di rivedere Lalore, allora devo deluderti.”
Andreas continuò a guardarla, in silenzio.
“Ad ogni modo, per metter le cose in chiaro, non le dirò di averti visto. Non ora che sembra stare un po’ meglio.”
“Ti ho forse chiesto di farlo?” le chiese Andreas in rimando, senza alterarsi.
La signora Piacentini smise di guardarlo e di parlargli, e disse invece a Fumagalli che doveva andare a vedere che fosse tutto pronto.
A quel punto Andreas salutò Fumagalli, ma lì, con sua grande sorpresa, notò il suo amico Brian aggirarsi nella libreria.
“Che ci fai qui?” gli chiese subito.
“Ho appena finito una scena da Filippo, dove ho accompagnato Linda alla stazione. Così ho deciso di farmi un giro, e godermi un po’ di tempo per me, da Brian, senza immediatamente dover passare al ruolo di fidanzato. Ho passeggiato, preso un gelato, e poi ho visto che tra un po’ danno un’intervista con l’autrice di un libro di cui ho sentito parlare. Il riassunto sembra intrigante.”
“E sai che l’autrice è la madre di Lalore?”
“Davvero?!” esclamò Brian. Poi, a voce più bassa:
“E anche lei è qui?”
Andreas scosse la testa.
“Be’, è comunque ammirevole che siate venuti qui per lei. Dovete essere rimasti in buoni rapporti.”
“Tra me e lui,” disse Andreas indicando Fumagalli, “sì, mediamente.”
“Diamo un’occhiata?” suggerì Brian.
Girarono un po’ tra gli scaffali della libreria, parlando delle proprie situazioni sentimentali, fino a che Brian disse ridendo:
“Guarda qua: reparto di psico-politica improvvisata. Chi conosceva l’esistenza di questa materia!”
E infatti, non c’era nessun altro, lì in quella zona.
Fece scorrere il dito sul dorso dei volumi, poi lo fermò su uno in particolare:
“Perché hanno messo il cofanetto di Guerra e pace qua?”
Lo tirò fuori: la scatola che componeva il cofanetto era vecchia di almeno trent’anni, con il prezzo in lire.
Non disse nulla fino a che gli altri due, incuriositi, gli furono vicini:
“Sembra essere vuota.”
Ma qui, Brian dimostrò di avere un briciolo del suo vecchio intuito da investigatore e controllò meglio:
“C’è qualcosa attaccato sul fondo…”
Mise una mano all’interno della confezione e ne tirò fuori una busta di carta, gonfia e sformata per il contenuto.
“Questo è un déjà-vu,” disse Andreas.
“Non ci sono state buste nelle precedenti storie,” disse Fumagalli.
“No, ma è più o meno quanto successo a Tonio, che un giorno ha trovato una busta. Ve ne avevo parlato, no?”
“Non si chiama déjà-vu se non è successo a te. Al più denota solo una scarsa originalità della Robi.”
“Bisognerebbe capire il significato freudiano della busta… Brian, apri, sono curioso.”
Fumagalli si trattenne dall’urlare, quando vide l’enorme numero di banconote che Brian tirò fuori dalla busta.
Presero a bisbigliare per coordinarsi nel contare: erano oltre diciassettemila euro.
“Ma chi può averli messi qui?” chiese retoricamente Fumagalli, poi aggiunse, “io dico di rimetterli a posto: sarà sicuramente uno scherzo.”
“Ma va,” rispose Andreas, “scherzi del genere si fanno con cifre più piccole.”
“Forse è la refurtiva di qualche criminale,” disse Brian, nel quale si stava decisamente risvegliando il suo spirito più poliziesco.
“Meglio, così nessuno può reclamarli. Io dico di muoverci e di dividerli in tre: cinquemila euro a testa, e il resto lo rimettiamo nella busta, come mancia.”
“E che ci facciamo con tutti questi soldi?” chiese Fumagalli mentre Andreas spartiva le banconote.
“Ci verrà di certo qualcosa in mente. Brian, tu hai qualche idea?”
“Io… Io penso che li darò in beneficenza.”
Andreas fece cadere il mazzetto che stava preparando.
“Vedete,” spiegò l’amico, “non posso tenerli in questa storia, perché non è la mia, e di certo non avrò modo di usarli nella mia storia da Filippo, visto che lì non ho memoria di quanto mi succede qui. Non mi restano molte alternative.”
“Potresti usarli comunque per questa storia e comprare un gioiello, o un regalino romant…”
Fumagalli non continuò: l’espressione di Brian fu eloquente. Poi questi ribadì la propria scelta:
“Beneficenza. Anche se si tratta di una beneficenza fittizia, relativa al mondo posticcio creato dalla vostra autrice.”
“Beneficenza per beneficenza,” disse Andreas, “allora lasciali a noi.”
Brian annuì, poi suggerì di uscire, per non dare nell’occhio.
Andreas tenne da parte sedicimila euro e lasciò le banconote restanti nella busta, che ripose sul fondo della copertina di Guerra e pace. Quando furono tornati nella parte anteriore della libreria, videro che l’intervista era già iniziata.
“Fumagalli,” disse Andreas, “noi usciamo, ci vediamo dopo.”
“Ma io vengo con voi.”
“Sh!” fece qualcuno dei presenti.
Abbassarono ancora di più la voce:
“Non dovevi restare qui?”
“Camilla mi ha già visto. Io sono basso, perciò è verosimile non vedermi, specialmente quando c’è folla. Capirà.”
Appena fuori, Fumagalli tornò a parlare con la sua vocina, più acuta del solito. Disse tutto d’un fiato:
“A me è appena venuto in mente come spendere la mia parte. Lo vorrei fare subito, visto che siamo praticamente nei pressi del negozio che mi interessa, e visto che ci sei anche tu,” disse indicando Brian con la testa, “perché serve una macchina per il trasporto.”
I due uomini sorrisero, curiosi. Fumagalli fece una pausa per farli stare sulle spine qualche istante in più e poi disse:
“Voglio comprare del materiale artistico: tele, pennelli e colori di altissima qualità, con rifornitura mensile. E anche specchi, una lente convergente e quanto può servire per poter sperimentare la tecnica che potrebbe aver utilizzato Vermeer per i suoi quadri.”
“Non so di che cosa stai parlando, ma andiamo. Brian, dove hai la macchina?”
I soldi non guadagnati durano in genere sempre poco, e quello fu proprio il caso. Anche contando il tempo trascorso per prendere la macchina di Brian, e trovare parcheggio nei pressi del negozio di articoli da disegno, dopo mezz’ora Fumagalli aveva comprato tutto il materiale che voleva, senza preoccuparsi dei prezzi. Chiedeva, guardava e prendeva.
Caricarono l’auto e Brian disse:
“E tu Andreas? Hai qualche idea?”
“Sì: ora so che cosa voglio, però prima voglio togliermi uno sfizio. Portami di nuovo alla libreria.”
Brian, meravigliato, ubbidì.
La signora Piacentini stava ancora parlando, e Andreas andò alla cassa:
“Mi dia tutte le copie de Il richiamo del barbaro.”
“Non ho capito. Quante copie?”
“Tutte quelle che avete: quelle sul tavolo per pubblicizzare l’evento, quelle sugli scaffali, in magazzino, con le copertine in brossura o rigide… Tutte.”
La commessa in principio riluttante a quella richiesta, dovette acconsentire, perché il cliente aveva sempre ragione.
Dopo un quarto d’ora Andreas era fuori con quattro scatoloni pieni delle copie del libro della signora Piacentini.
“Ma che ti è venuto in mente?” gli chiese Fumagalli.
“Le ho rovinato il post intervista.”
“Sì, ma hai pagato il prezzo di copertina: le hai anche aumentato le vendite.”
“Vero, ma io quegli scatoloni li farò finire nella raccolta dei rifiuti.”
Andreas stava per dire che avrebbe potuto comprare dei pennarelli e scrivere signora Mignatta su tutte le copie, ma poi una donna attirò la sua attenzione:
“Brian, ma quella lì non è la tua altra ragazza?”
“Quale?”
“Quella lì, con i capelli così neri.”
Brian guardò nella direzione che gli aveva indicato l’amico:
“Dici quella lì con i capelli così neri e le gambe lunghissime? No… Invece no: è Linda… Ma che ci fa qui?”
“Sarà in narrazione anche lei,” suggerì Fumagalli.
Linda vagava quasi in stato confusionale, quando notò i tre: si avvicinò a Brian quasi in lacrime.
“Linda, ma tu non dovevi essere su un treno per Napoli?”
“Dopo: prima di partire dovevo regolare delle cose e… Filippo, è successa una cosa orribile, ma non so se…” disse guardando Andreas e Fumagalli.
“Ti puoi fidare di loro,” la tranquillizzò Brian. Con un fazzoletto, Linda si asciugò il sudore e un paio di lacrime, poi disse:
“Io ho un brutto presentimento, così ho deciso di prendere un po’ di soldi per le emergenze e di nasconderli in un posto sicuro, in caso io debba sparire dalla circolazione per un po’.”
Fumagalli si rivelò essere più perspicace di Brian, e urlò immediatamente.
“E quale sarebbe il posto sicuro?”
“In libreria, perché tanto non legge quasi più nessuno, in questo paese dove tutti scrivono.”
“Eh sì,” disse Andreas, “lo sappiamo bene, noi.”
“E, tanto per sapere, quanto avresti nascosto? Così, approssimativamente…”
“17530 euro. Ma poco fa mi è venuto uno scrupolo e sono andata a controllare. Ci ho trovato solo un migliaio di euro.”
Dopo Fumagalli, anche i due uomini si convinsero: i soldi che avevano trovato erano di Linda, la quale prese a piangere a dirotto e, abbracciando il suo Filippo, nascose il proprio volto alla vista degli altri.
Brian, più alto di lei, fece segno ad Andreas di rientrare. Questi prese dal portafogli le banconote rimanenti e le sventolò. Brian annuì e Andreas si precipitò all’interno a sistemare le banconote dove le avevano trovate.
Solo quando uscì, Brian suggerì a Linda di calmarsi e di andare dentro insieme a vedere.
Andreas e Fumagalli, rimasti fuori, si guardarono:
“Che dire, è stato bello finché è durato,” constatò Fumagalli, “però dimmi: che cosa ci volevi fare con la tua parte?”
“Comprarmi una macchina.”
Fumagalli urlò:
“Ma tu hai la patente scaduta!”
“Un passo alla volta.”
“Che hai in mente?”
“Voglio andare da Lalore, di persona. Ma lo sai che lì i mezzi non ci arrivano, perciò…”
Fumagalli gli si avvicinò affettuoso, e fu così che si fecero trovare da Brian e Linda, che uscirono dopo poco.
“Allora?” chiese Fumagalli, anche se non aveva bisogno della risposta: Linda sembrava molto più sollevata.
“In effetti mancano dei soldi, ma diciamo che, in caso di emergenza, posso farcela. Non so come abbia fatto, prima, a sbagliarmi sulla cifra. Scusatemi, mi sento sempre così confusa, sempre fuori posto. Sicuramente penserete che sono una dissociata psicotica.”
“Ma no, non pensiamo nulla del genere,” le disse Fumagalli, “anzi, ci stai molto simpatica e, se ti fa piacere, quando hai tempo posso farti un ritratto alla Vermeer.”
“Ma sei sicuro? Non è troppo impegnativo?”
“No. Mi è dispiaciuto vederti così, prima, al punto da sentirmi in colpa.”
Andreas rincarò la dose: prese un volume da uno degli scatoloni e glielo porse.
“E io ti regalo una copia del libro dell’autrice che sta dando l’intervista in libreria. Anzi, non una, bensì quante ne vuoi, anche per parenti e amici.”
Linda sorrise e ringraziò:
“Ne basta una, la leggerò durante il mio viaggio per Napoli. Filippo, ti va di accompagnarmi in stazione, di nuovo?”
Brian acconsentì e salutò i suoi amici.
“Be’,” disse Andreas, “dovevamo immaginarci che questi soldi fossero solo un McGuffin2.”
“Perché?”
“Perché alla fine non erano poi così rilevanti per la nostra storia, nella sua globalità, figurarsi per i lettori della Robi. Tra l’altro, non erano nemmeno soldi della nostra storia, ma appartenevano alla storia creata da Salinks.”
Fumagalli piegò la testa per capire meglio l’amico:
“È oltre il McGuffin: quei soldi probabilmente non appariranno nemmeno nella storia originale, pur essendo importanti per Linda. Quindi per i lettori della Robi, sono ancora più irrilevanti. Direi piuttosto che il nostro McGuffin è stato l’intervista di Camilla. A questo proposito: sai che c’è il buffet, lì dentro?”
“Lo immaginavo, come pure so che c’è l’aria condizionata. Entriamo.”

  1. Ovviamente in questo blog si usano gli euro, non i dollari.
  2. Da Wikipedia: il McGuffin, termine coniato da Hitchcock, indica “un qualcosa che per i personaggi [del film] ha un’importanza cruciale, attorno al quale si crea enfasi e si svolge l’azione, ma che non possiede un vero significato per lo spettatore”.