Serata tra uomini: un gioco da ragazzi

Twice a Day – Prompt:

Anche un orologio rotto segna l’ora giusta due volte al giorno: fai ottenere a un personaggio un buon consiglio da qualcuno completamente inaffidabile.

Quella sera accadde ciò che statisticamente sarebbe già dovuto succedere in precedenza, visto che entrambi erano grandi consumatori di cibi unti e malsani, rigorosamente non preparati in casa: Andreas, sul punto di uscire per andare a prendere la cena da asporto in qualche negozietto nei dintorni, incontrò sul pianerottolo Manuel, che invece stava per andare a consumare il solito kebab.
Lì riconobbero che, in fondo, l’obiettivo di entrambi era lo stesso, e Andreas disse:
“A questo punto, perché non andiamo insieme a cena fuori? C’è un pub non lontano da qui dove preparano degli ottimi hamburger. Anche l’aria condizionata è ottimamente ben dosata.”
Manuel accettò, così Andreas lo fece attendere qualche minuto per poter rientrare in casa ad avvisare Fumagalli, e prendergli il guinzaglio necessario a viaggiare in metro. Essendo una serata tra uomini, e sapendo che Manuel era sul pianerottolo ad aspettare, Fumagalli risparmiò i secondi necessari a prepararsi a uscire fuori di casa.
Come quando si ritrovarono insieme per andare a vedere (o, meglio, non vedere) l’eclissi di luna, ci fu una piccola conversazione, appena le porte del convoglio della metro si furono chiuse, delimitando di conseguenza un ambiente dalla temperatura piacevolmente fresca:
“Hai visto il signor Cavalleri?” chiese Fumagalli a Manuel.
“Non di recente, forse una settimana fa. È veramente un uomo molto solo, mi fa proprio pena. L’ultima volta ho provato a convincerlo a prendersi un animale domestico. Un cane, magari, visto che ce ne sono tanti bisognosi di una casa, specialmente in questo periodo dell’anno. O forse un gatto, che è più autonomo.”
“Non parliamo di gatti,” disse Andreas, “perché quando si parla del diavolo, spuntano la coda e i baffi.”
“Le corna,” lo corresse Manuel.
“Il diavolo avrà anche le corna, ma questo essere diabolico che conosco ha la coda e i baffi.”
Dopo poche fermate di metro i tre scesero, e due notarono una figura maschile che aveva finito di parcheggiare e che si fiondava di corsa fuori dall’auto.
“Brian!” urlò Andreas.
L’altro li guardò, e si avvicinò.
“Brian, lui è Manuel, il nostro vicino di casa,” disse Andreas.
Terminati i convenevoli, peraltro brevissimi, Fumagalli chiese:
“Allora, come va con la tua inchiesta?”
“Non si sta muovendo nulla: credo che Salinks sia in ferie perché mi ha lasciato in narr…” guardò Manuel, “diciamo che mi ha lasciato molto tempo libero a disposizione, che però posso usare qui.”
“Sei coinvolto in un’inchiesta: sei un poliziotto? Un magistrato?” chiese Manuel.
“No, un giornalista. Mi occupo della morte di una famosa attrice, avvenuta qualche anno fa.”
“Ah, e chi è?”
Brian guardò Manuel, e con un filo di voce disse:
“Alessandra Caironi.”
“Non la conosco,” disse Manuel massaggiandosi il mento, “in che film ha recitato?”
Brian abbassò ulteriormente la voce, mentre ad aumentare fu il suo rossore:
“Ad esempio… Una bici in soffittaL’afosa estate del ’79…”
Manuel aveva la fronte così aggrottata, che l’attaccatura dei capelli pareva essergli scesa fin sulle sopracciglia. Stava quasi per prendere il telefono dalla tasca, forse per controllare quei titoli su internet, così Fumagalli si intromise:
“E… come va invece con… con… con Linda?” chiese, perché non sapeva come chiamare la bionda.
“Stiamo approfondendo la conoscenza.”
“Mi pareva voi foste intimi,” disse Andreas.
“Sì, ma ora anche sul piano intellettuale ed emotivo. Una donna molto indipendente e interessante. E voi? E…?”
Quell’ultima domanda lasciata appesa sottintendeva una sola cosa: Lalore. Andreas lo capì, e rispose:
“Non è cambiato niente.”
“Perché non le scrivi?” lo incalzò Brian.
“Mi ha chiesto di non farlo.”
“Scusa,” disse Manuel rivolto ad Andreas, “hai litigato con la tua ragazza?”
Andreas deglutì, poi disse:
“Mi ha lasciato.”
Manuel mostrò un sorriso di solidarietà, poi aggiunse:
“Vedrai che si aggiusterà: convivevate. Mica si butta all’aria una relazione seria senza un valido motivo. Basta che ne parliate fra di voi.”
“No, lei non vuole che la contatti,” disse Andreas, “è stato il suo ultimo messaggio per me.”
Improvvisamente, il telefono di qualcuno squillò. Brian prese il cellulare dalla tasca posteriore dei jeans, controllò chi lo stesse chiamando e disse ai tre che gli stavano attorno:
“È lei: devo andare, se no quel maledetto gatto me la farà pagare.”
Salutò rapidamente tutti e, mentre si allontanava, lo udirono rispondere al telefono ‘ciao amore, sì, sono praticamente sotto casa tua’.
“Comunque,” disse Manuel rivolto ad Andreas, “ci vuole pazienza: lasciala stare per un po’ di tempo, poi vedrai che, quando le acque si saranno calmate, sarà possibile parlarle.”
Andreas non rispose: oramai aveva preso a considerare la sua relazione con Lalore come un caso senza speranza. Si era di fatto rassegnato ed evitava di pensarci, perché quando lo faceva, sentiva lo stomaco stringersi.
Arrivarono a piedi al pub designato, peraltro lo stesso di qualche settimana prima, quando avevano conosciuto Linda durante uno dei suoi momenti di narrazione.
Appena ebbero ordinato, vennero avvicinati da qualcuno che aveva una voce familiare:
“Ma chi si rivede!” li salutò Odoacre, piombando sul tavolo.
“Che ti avevo detto?” disse Andreas a Manuel, “eccoli spuntati.”
Manuel non capì, perché non aveva mai avuto nulla a che fare con Odoacre. Invece disse:
“Gattino, ma sei solo? Hai mica bisogno di una casa? Conosco qualcuno che potrebbe aver bisogno di un animale domestico. Un brav’uomo, te lo posso garantire.”
“No, ed è un vero peccato, perché avere un uomo per padrone mi piacerebbe: mi lascerebbe di certo più libero. Ad esempio, stasera ho perso mezz’ora perché il vostro amico è passato a prendere la mia padrona in ritardo. Ad ogni modo, no, ma grazie.”
“Pallino caro,” disse Andreas, appena ebbe bevuto un sorso dell’aranciata che la cameriera gli aveva servito, “come va il tuo business? E i tuoi nuovi decoder? Hai letto che ora è vietato pubblicizzare i giochi d’azzardo? Oppure i gatti non sanno leggere?”
Odoacre soffiò, poi rispose:
“Le tue frecciatine non fanno ridere nessuno. Comunque i miei affari non risentiranno di questa nuova legge. Me lo ha confermato un avvocato che aveva un debito con me: la legge è per chi pubblicizza scommesse, mentre io pubblicizzo implicitamente e subliminalmente solo il gioco. Secondo te multeranno chi reclamizza il campionato di calcio o la Champions?”
“Non sono un esperto della legge, e può essere come dice il tuo avvocato,” ribatté Fumagalli, “ma resta il fatto che sei un ludopatico.”
Manuel strabuzzò gli occhi e per poco non si strozzò con la birra che gli era andata di traverso.
“Io non sono un ludopatico,” rispose Odoacre senza alterarsi.
“Mi sembra un gatto perbene,” disse Manuel appena si fu ripreso, “be’, basta poco per accertarsene: ci sono dei sintomi da cui un ludopatico è affetto.”
Prese il telefono, digitò un po’ e annunciò:
“Ecco, basta che tu abbia almeno 5 tra questi sintomi1.”
“Scommettiamo che non risulterò essere un ludopatico?” disse Odoacre con la coda che tradiva la sua eccitazione.
“Ti rendi conto che stai scommettendo sul tuo non essere ludopatico? Non ti sembra un controsenso?” notò Fumagalli.
“Io non scommetto mai,” rispose risoluto Manuel, “specialmente sulle cose serie. Allora, cominciamo: sei assorbito dal gioco, tipo intento a pianificare la prossima impresa di gioco, o escogitare modi per procurarti il denaro per giocare?”
“Sì, probabile,” ammise Odoacre, “anche se la parte sui soldi non mi corrisponde… facciamo così: vi concedo il sì pieno, per evitare ambiguità nel punteggio.”
“Secondo: hai bisogno di giocare somme di denaro sempre maggiori per raggiungere lo stato di eccitazione desiderato?”
“No, perché io non scommetto mai con i soldi.”
“Terzo: tenti di ridurre, controllare o interrompere il gioco d’azzardo, ma senza successo?”
“No, perché non ho mai pensato di smettere.”
Continuò così per tutti i sintomi: Odoacre non giocava per alleviare depressione o ansie, non aveva mai commesso falsificazione o frode per finanziarsi, e non era mai arrivato a mettere a repentaglio una sua relazione significativa. Rispose di sì solo sull’occultamento del suo coinvolgimento:
“La mia padrona pensa che vada per gatte, perciò devo rispondere di sì a questa, anche se non posso dire di essere coinvolto nel gioco d’azzardo, visto che non scommetto mai con soldi.”
Quando la lista di sintomi si fu esaurita, Odoacre disse, rivolto ad Andreas, il quale aveva cominciato a mangiare quanto la cameriera gli aveva portato:
“Allora, tu: hai portato il conto? Quanti punti ho totalizzato?”
“Che c’è, il nostro gattino Pallino non sa contare?”
Odoacre soffiò:
“Non chiamarmi più così.”
“In effetti,” disse Manuel, “non risulti essere un ludopatico. Almeno, non tecnicamente.”
Odoacre si avvicinò a Manuel, e si lasciò carezzare:
“Sei una persona ragionevole,” poi si rivolse a Fumagalli, rimanendo sempre tra le mani di Manuel, “il fatto è che io sono una creatura determinata. So che cosa voglio, so che cosa mi piace, e faccio di tutto per prendermela, sobbarcandomi anche l’ebbrezza del rischio. Che poi, nel mio caso, è poco, visto che io vinco sempre. E adesso, se non vi spiace, i miei amici sono arrivati: la mia serata può iniziare.”
Odoacre saltò via dal tavolo e si diresse verso i suoi due scagnozzi, che erano appena entrati nel locale.
Fumagalli prese a becchettare la propria insalata, mentre Manuel guardò Andreas, che pareva imbambolato.
“Che c’è?” gli chiese.
“Pensavo… Ha detto che se c’è una cosa che vuole, una cosa che gli piace, fa di tutto per riprendersela…”
“Perché riprendersela? Odoacre ha usato il verbo prendere, non riprendere…”
Fumagalli capì e urlò. Si avvicinò ad Andreas: se fosse stato un gatto, come Odoacre, gli avrebbe mostrato la propria approvazione con delle fusa. Invece non fece nulla: allargare la coda sarebbe stato sconveniente e fuorviante, oltre che scomodo in quello spazio ristretto.

  1. Link a Wikipedia