Cher Pierre…

Two Stories – Prompt:

Fai riflettere un personaggio sulla propria vita e su come l’avrebbe voluta.

Mail tradotta dal francese:
Caro Pierre,
prima di tutto, grazie per avermi dato il tuo indirizzo mail: non potevo mandarti un messaggio per parlarti di quanto mi sta succedendo, di quanto sto pensando. Ci sono troppe cose da dire, e ancora molte di più in testa, e l’implicita brevità del messaggio non penso si addica al largo respiro di cui ho bisogno. Devo sfogarmi. Ti spiego, partendo dall’inizio.
Poco fa stavo rientrando dal lavoro e lì al portone vedo un uomo che abita sul mio stesso pianerottolo. Era la prima volta che lo rivedevo, dopo che è stato dimesso da una lunga degenza in ospedale per un incidente domestico:
“Signor Cavalleri, buonasera. Come va?” gli dico.
“Eh, alla mia età, ogni volta che mi sveglio devo dire che va bene.”
È un vecchietto molto cordiale e lo apprezzo molto, perché oggi, almeno qui a Milano, non capita a tutti di salutare i propri vicini di casa, figurarsi fermarsi a scambiare qualche chiacchiera con loro.
Così siamo rimasti lì a parlare. Roba di poco conto, per carità: la sua convalescenza, il caldo, le vacanze.
Poi lui dice… Devo fare uno sforzo per ricordare che cosa ha detto esattamente, perché a furia di ripensarci la versione originale si può essere modificata nella mia memoria ed essere diventata una mia personale variazione.
Dice:
“Va tutto bene con il suo…”
“Il mio… il mio ragazzo, vuole dire? Sì.”
Lui ha tirato un sospiro di sollievo:
“Mi fa proprio piacere. Oggi si fa presto a disfare le relazioni per ogni minimo errore. Mi creda, il perdono è la cosa più saggia e matura che lei avrebbe mai potuto dare al suo ragazzo.”
Io ho taciuto, perché davvero non capivo di che cosa stesse parlando, ma lui ha perfino continuato, con qualcosa che ricordo chiaramente, perché non ho affatto compreso:
“Scusi la curiosità, ma che cosa le ha regalato per riconquistarla?”
Non sapevo che cosa rispondere, e lui ha pensato che non volessi farlo. Molto educatamente, ha lasciato perdere l’argomento, e abbiamo virato ai saluti. Poi lui è uscito dal condominio, mentre io mi sono avviata alle scale.
Ho cercato di capire a che cosa lui si stesse mai riferendo: per che cosa avrei dovuto perdonare Andreas? Che regalo? Cosa non so, che però il signor Cavalleri sa così chiaramente? Ma a ogni gradino il numero di dubbi, elucubrazioni, e ipotesi aumentava e, con essi, la mia confusione.
Sono entrata nell’appartamento, dove c’era solo Fumagalli:
“Lalore,” mi dice, “hai una faccia: ti senti bene?”
“Sarà la pressione: con questo caldo…”
Mi si è avvicinato per guardarmi meglio, poi mi ha suggerito di stendermi un po’ a letto. Ho seguito il suo consiglio, anche per poter stare da sola, e pensare.
Lo so: tu mi dirai che in una coppia bisogna parlare, ma credi che chiedere ad Andreas che cosa le parole del signor Cavalleri significhino abbia senso? Negherebbe di sicuro. E non posso nemmeno chiedere a Fumagalli: non sai quanto sia caro, e quanto lui tenga alla mia relazione con Andreas. Farebbe di tutto per non creare attriti tra noi due, perciò negherebbe anche lui. Sempre se ne sappia qualcosa, ovvio.
Insomma, sono del tutto sola.
Così ho cominciato a riflettere, partendo dalla cosa più semplice, e cioè sul misterioso regalo: Andreas non me ne fa mai, se non ai compleanni.
Ed è così che questo mi ha riportato alla mente il mio ultimo compleanno, che ricorderai, perché è stato quando tu, Gaston e io ci siamo conosciuti.
Non mi è tornato alla mente per il regalo che mi ha fatto Andreas, ma perché la sera, quando rientravamo in metro dall’aperitivo, mi ha lasciata da sola per andare a fare una certa faccenda che non si è mai degnato di spiegarmi. È tornato poi con un regalo extra, che so benissimo non essere farina del suo sacco, ma di Fumagalli, che è un piccolo angelo, ma…
(scusa, ho dovuto staccare perché Andreas è rientrato e ho dovuto preparare la cena. Non si è nemmeno accorto che il cibo era quello che conservavo in congelatore per le emergenze. Eppure il sapore alterato dal ghiaccio era palese e imbarazzante)
Poco fa ho pensato che forse tutta questa storia del perdono e del regalo può essere frutto delle farneticazioni di un uomo anziano affetto da demenza. E se pure fosse? Il punto è che questa conversazione che ho avuto con il signor Cavalleri ha aperto un grande interrogativo: come sono arrivata fino a qui?
Ho così pensato alla mia vita affettiva, e… Penso che ad Andri non importi poi molto di me. Bada, non sto dicendo che lui sia cattivo, ma quale altra spiegazione ci sarebbe per giustificare il fatto che gli sia del tutto invisibile? Non solo la storia del compleanno, ma tante piccole cose… Credo che non mi ami, tutto qui.
Sento montare in me il nervoso quando penso che mia madre, che si è sempre neanche troppo velatamente mostrata contro la nostra relazione, ha forse avuto ragione fin dall’inizio.
Ma come è stato possibile? Io ho sempre creduto in noi, dal primo giorno in cui lo vidi al canile dove ancora lavora, quando accompagnai una mia amica ad adottare un cane.
Andreas era bello, i cani gli facevano le feste ed era chiaro che lui li adorava, con un candore e una semplicità che mi hanno fatto sciogliere il cuore, e che me lo fanno sciogliere anche ora che ci ripenso. Ho forse sbagliato ad aspettarmi un amore non solo speciale, ma vero, da uno così? Non credo di aver preteso troppo, in fondo immaginavo solo una vita tranquilla: una casa, noi due, magari un cane, e forse anche una famiglia, un giorno…
E penso che all’inizio l’avevamo quella vita fatta di attenzioni e di gesti romantici, però ora sono qua al computer a scriverti in camera, mentre lui che guarda la televisione.
Penso che forse dovrei preparare un bagaglio e andarmene senza nemmeno lasciare un biglietto, per fargli ricordare la mia presenza tramite l’assenza, e per avere anche del tempo tutto mio per pensare. Ma non sarebbe infantile? Ma… se ne accorgerebbe?
Pierre, non so proprio che cosa fare…