Rossori

All the Feels – Prompt:

Scrivi una storia basata su una delle frasi a scelta1, permettendo al personaggio di esprimere le proprie emozioni senza usare il verbo ‘sentire’.

Andreas e Lalore erano in cucina. Lui stava sistemando il portatile per vedere un nuovo episodio de Il trono di spade, mentre lei aveva appena finito di asciugare i piatti. Tutto taceva: era proprio come se fossero soli, mentre invece in salotto erano in tre: Fumagalli, la bionda e Odoacre, per il ritratto.
Appena Lalore si accomodò sul divano di Fumagalli, Andreas schiacciò play.
“A te sta piacendo questa terza stagione?” le chiese mentre il minuto e mezzo di sigla stava suonando: non lo evitava mai, pensava che aiutasse lo spettatore a entrare nella storia.
“Hmm,” rispose Lalore mentre stava tastando lo schermo del telefono con i pollici.
Andreas la guardò e disse:
“Tua mamma?”
“Hmm,” rispose Lalore, poi smise di passare le dita sul telefono e gli sorrise, per poi suggerire:
“Vuoi che ti prepari una limo-”
Si interruppe: qualcuno aveva suonato al campanello.
Andreas mise in pausa e andò verso la porta.
“Che poi,” mugugnò fra sé, “non capisco come fanno tutti ad arrivare a suonare il campanello senza mai citofonare prima al portone. Chiaramente la Robi non è pratica, o non riceve mai visite, nella sua vita vera, o presunta tale…”
Fu davvero meravigliato di vedere chi aveva suonato. Non si aspettava quella visita, e nemmeno in quella forma: non era assolutamente l’uomo che aveva visto in metro con Fumagalli, mentre assomigliava molto alla forma nella quale lo aveva conosciuto. Rispetto all’aspetto che aveva posseduto nella stagione invernale, era diventato leggermente più vecchio, più basso, e più trasandato, con la barba incolta e un abbigliamento quasi sciatto.
“B… Brian…?”
Andreas non ebbe bisogno di aspettare una conferma: i suoi occhi, anche se di un colore diverso da quelli che ricordava, erano gli stessi, come pure il sorriso.
“Sono contento di vederti,” rispose questi, e gli strinse forte la mano.
Andreas lo fece entrare in casa, e nel mentre, parlarono.
“Poche settimane fa Fumagalli e io ti abbiamo visto in metro, ma non ci hai riconosciuti.”
“Scusami, ne ho un vago ricordo, ma a mia discolpa posso dire che mi ero appena svegliato in una linea di narrazione. Lo sai come ci si sente, appena si entra nella storia.”
Andreas annuì, ricordandosi di quando anche lui si era svegliato nella propria storia solo sei mesi prima, a una festa di capodanno. Ne rammentava perfettamente la confusione, dentro e fuori di lui. Allontanò il pensiero e chiese:
“Chi eri?”
“Ero Cristian, in un progetto piuttosto ambizioso di Salinks che, infatti, non è andato oltre il primo mezzo migliaio di parole di una bozza molto sgrammaticata.”
Andreas lo guardò incuriosito, perché la variazione di vite e mestieri dell’altro lo affascinava. E poi sembrava che vivesse sempre vite avventurose, molto diverse da quella familiare alla quale lui era relegato.
“Era una serie di racconti,” continuò Brian, “tutti basati sul mio personaggio, un giardiniere di mezza età, che aiutava il fratello maresciallo a risolvere dei casi ambientati nella Milano perbene.”
“E adesso chi sei?”
“Adesso sono un giornalista che sta portando avanti delle ricerche sulla morte di una famosa attrice. Sospetto che non sia stato un incidente, ma che ci sia qualcosa di marcio e di grosso, sotto… E mi chiamo Filippo.”
“Ah, un nome italiano.”
“Sì: forse Salinks sta veramente crescendo…”
Andreas, che in altre occasioni avrebbe condotto il suo ospite in salotto, titubò, e optò per la cucina, dove Lalore era tornata al telefono, ma seduta a tavola, davanti a due bicchieri di acqua frizzante che profumavano di limone. Quando lei vide l’ospite, lo guardò a lungo, a volte accennando un sorriso, come se lo avesse riconosciuto, e altre accigliata, ma sempre con un vago rossore sulle guance: anche con la nuova forma, Brian aveva sempre un certo ascendente sulle donne. Salinks era molto generoso con il protagonista delle sue storie.
“Noi ci conosciamo… No, noi non ci…” balbettò Lalore, diventando ancora più rossa. Andreas si rese conto solo allora di quanto lei fosse simile a Simone, suo fratello.
“Sei incantevole, esattamente come ti ricordavo,” le disse Brian per tirarla elegantemente via dalla situazione di imbarazzo. Finalmente lei sorrise e gli andò incontro:
“Brian: non ti avevo riconosciuto, scusami.”
“Figurati, sarà per via del mio nuovo colore di capelli.”
“Bene, vado di là per avvisare, così ci spostiamo tutti in salotto.”
Lalore andò via e Brian chiese che cosa stesse succedendo.
“Fumagalli sta facendo un dipinto su commissione a due soggetti,” spiegò Andreas, “uno, donna, che già hai conosciuto e anche, te lo dico con un po’ di invidia, molto bene, mentre dell’altro ti ho già parlato.”
Brian parve pensarci, ma evidentemente non aveva più la mente fina dall’investigatore che era nella sua precedente avventura, bensì quella curiosa del giornalista. Infatti disse solo:
“Sembra interessante.”
Così, appena Lalore rientrò in cucina per comunicare il via libera, e che li avrebbe raggiunti a breve mentre lei preparava un vassoio con bevande e stuzzichini, i due personaggi andarono in salotto, dove il quadro non era coperto da un lenzuolo, ma solo voltato verso una parete.
Fumagalli urlò appena riconobbe l’amico, poi gli andò vicino per farsi accarezzare.
Dopo i saluti, i tre si voltarono verso gli altri due ospiti: Odoacre ebbe il solito e costante sguardo altezzoso, mentre la bionda reagì più o meno come aveva fatto Lalore poco prima.
Brian, allora, spalancò il suo sorriso affascinante e la bionda sbarrò gli occhi.
“Ti senti bene?” le chiese Lalore sulla soglia, con un vassoio colmo di bicchieri di limonata, e ciotoline con latte e becchime.
“Io…” la bionda si alzò, dimenticandosi che Odoacre era sulle sue cosce: questi cadde sul pavimento, ma con il suo aplomb felino.
“Noi dobbiamo andare via,” concluse la bionda.
“Ma dove vai?” le chiese Lalore poggiando il vassoio sul tavolino per andarle incontro:
“Pare che tu abbia visto un fantasma,” continuò, mettendole le mani sulle spalle, “davvero, non puoi andare via in queste condizioni. Ti preparo una camomilla, magari ti aiuta.”
La bionda guardò i due uomini, poi seguì Lalore in cucina.
Rimasti soli, i due animali (con rispetto parlando) e Andreas si raccolsero attorno a Brian.
“Ma che le hai fatto?” chiese Andreas, “credevo che non fosse stato niente di serio.”
“E lo credevo anche io,” si giustificò Brian, “so benissimo che non posso avere legami di oltre una notte, sia per la psicologia del mio personaggio, che per il fatto di essere un personaggio di racconti, per giunta di un altro autore e, quindi, dalla presenza instabile-”
“Ma di che stai parlando?” chiese Odoacre, soffiando, “tu sei quello che ha fatto piangere la mia padrona per tutto marzo, vero? Sì, quello che è scomparso senza nemmeno mandarle un messaggio! Ho dovuto consolarla io: mi ha tenuto in casa per non so quante sere a usarmi come una specie di pupazzo antistress.”
A quelle parole, Brian quasi sorrise per la tenerezza di quel gattone rosso. Odoacre, allora soffiò di nuovo:
“Pensi che stia scherzando?”
“No, ma…” lasciò la frase in sospeso, perché Andreas lo stava fissando, scotendo la testa impercettibilmente.
“Io posso farti fare cose che nemmeno immagini,” continuò Odoacre.
Brian rimase senza parole, ma dalla sorpresa: guardava il gatto con una specie di ghigno divertito, poi scosse la testa.
“Scommettiamo?” chiese Odoacre.
Andreas suggerì a Brian di dire di no, sempre scotendo la testa.
“E che cosa scommetteremmo?” chiese Brian quasi spavaldo: decisamente, se fosse stato ancora detective, avrebbe fatto una scelta più oculata, invece che continuare a essere guidato dalla mera curiosità.
“Se vinci tu, puoi chiedermi quello che vuoi, ma se vinco io, tu…” la coda di Odoacre era nervosa, come se stesse giocando con un topo, “ti metti seriamente con lei.”
“Ma che scommessa è?”
“Ti metti seriamente con lei, e questo fine settimana la porti al concerto della Filarmonica in piazza Duomo. Davvero, ti conviene accettare la scommessa, prima che aggiunga altre condizioni.”
“Ma io non posso accettare nulla. Ho esigenze narrative, non sono sempre qui a Milano. E poi non sono sempre così,” disse Brian facendo un gesto con le braccia per indicare il proprio corpo, “come spiegartelo? È come se avessi qualcosa oltre la personalità multipla, qualcosa come la persona multipla. Potrei scomparire di nuovo, e tornare come un uomo nuovo. E poi la musica classica: fosse il concerto della settimana dopo, più pop, ma Mussorgsky…”
“Da come parli, sembra quasi che tu stia mettendo le mani avanti, come se tu fossi già sicuro di perdere,” disse Odoacre con la coda che si dimenava come una biscia fulva.
Brian rise apertamente.
“E come la portiamo avanti questa scommessa? Come ci sfidiamo? Sentiamo.”
Odoacre si rivolse ad Andreas:
“Tu: avete carte da gioco, francesi o napoletane? Monopoli? Gioco dell’oca?”
Andreas, pur ammirando Brian e le sue qualità, sapeva che la situazione era estremamente pericolosa, e negò per proteggerlo.
“Scacchi?” continuò Odoacre.
“Scacchi, andiamo: è già tardi, e le ragazze potrebbero tornare da un momento all’altro,” disse Brian, “non c’è qualcosa di più rapido?”
“Forbici-carta-sasso?”
Fumagalli urlò a quella proposta di Odoacre, ma Brian non colse il segnale e accettò la sfida con un’espressione di divertimento sul volto.
Andreas aveva vissuto una simile esperienza in prima persona, della quale portava ancora i segni, ma non ricordava nulla per via dell’alcool. Perciò fu per lui una sorpresa vedere come Odoacre si muoveva, anche se andò esattamente come il finto Holmes aveva descritto.
Inutilmente Andreas e Fumagalli fecero segno a Brian di essere cauto, e di giocare carta alla mano finale: Odoacre vinse.
“Ho… Ho perso contro un gatto… Un gatto… Io…” Brian guardava la mano con la quale aveva giocato, che beffardamente gli mostrava il simbolo della vittoria. Guardò Odoacre, e poi i suoi amici. Era rosso fino al collo e alla punta delle orecchie. Poi abbassò lo sguardo e mise in tasca la mano che lo aveva fatto perdere.
“Penso che andrò a casa,” disse a mezza voce.
“Non così presto: hai perso la scommessa,” gli rispose Odoacre.
“Coraggio,” disse Andreas a Brian, “devi solo fare il fidanzato, tra l’altro di una bella donna. Poteva andarti molto peggio.”
“A me piacciono le more…”
Odoacre, baldanzoso, andò in cucina, ma subito dopo ne uscì, in braccio alla bionda, che chiaramente stava per avviarsi alla porta. Si ritrovarono tutti alla soglia di casa.
“Vado anche io,” disse Brian paonazzo, “magari… magari possiamo farci un tratto di strada insieme. Che ne…”
Il ‘dici’ poté essere solo immaginato da tutti, perché Brian lo disse con il collo incassato e calato, quasi incapace di lasciar passare l’aria per emettere suoni.
La bionda lo guardò e annuì, mentre accennava a un sorriso.
Un orecchio fine, invece, avrebbe potuto sentire le fusa di Odoacre propagarsi nell’aria.

  1. L’elenco è nel link originale; quella scelta per la storia è “Non si è mai sentito così imbarazzato”