Il decoder

1Extraordinarily Ordinary – Prompt:

Descrivi qualcosa di ordinario in uno stile non a esso collegato.

Sabato mattina: da un paio di ore abbondanti, Lalore era uscita per una mezza giornata di straordinario. Tutto taceva nello stabile, i cui abitanti erano probabilmente ancora addormentati.
Andreas si alzò dal tavolo della cucina, dove aveva appena finito la colazione, e camminò scalzo, sentendo microscopici pezzetti di briciole sotto le piante dei piedi, fino ad arrivare nel salotto. Si sedette sul divano e fu allora che, nel silenzio di quella mattina, udì dei passi che dalla cucina si avvicinavano, facendo un rumore flebile ma deciso, come di artigli acuminati che battevano lentamente sul pavimento, accompagnato da un fruscio. Era il rumore che avrebbe potuto fare una bestia feroce che, con il muso ancora grondante di sangue, trascinava sul pavimento piastrellato la vittima esanime, reggendola tra le fauci per un brandello di pelle sottile.
Andreas si voltò verso la porta del salotto, ma non vide nulla, con la visuale ostruita dal bordo del divano:
“Fumagalli…?”
“E chi, se no?” gli rispose questi, strusciando la coda sul pavimento fino ad arrivare al divano. Continuò:
“Questo prompt è di libera uscita: a parte il vincolo stilistico, la Robi qui ha la grande possibilità di fare andare la vicenda come meglio crede.”
Andreas emise un suono gutturale di disaccordo:
“Forse. Intanto voglio vedere un po’ di tele.”
Accese il televisore, il cui schermo cambiò tonalità di nero, poi prese l’altro telecomando e schiacciò il pulsante di accensione del decoder.
Guardò il led rosso frontale del box: era fisso.
Schiacciò di nuovo.
Nulla.
Andreas sentì le ascelle diventare calde e appiccicose, ma non per lo sforzo di schiacciare ancora e ancora il bottone di accensione. E ancora.
Il decoder riceveva gli impulsi del telecomando, perché il rosso pareva cambiare d’intensità per una frazione di secondo, per poi tornare al colore sanguinolento che aveva durante lo stand-by.
Era come se a ogni pressione del tasto sul telecomando, il decoder valutasse la richiesta di Andreas, e decidesse con durezza di ignorarla: sempre, alla fine, il led rosso tornava a guardare il suo padrone e schiavo, e lo faceva con tenacia, come se volesse con soddisfazione sancire che aveva totale potere. Se avesse avuto una bocca, avrebbe riso, con campioni audio presi da tutte le trasmissioni che aveva decodificato per Andreas, sovrapposti in una risata metallica e stridula.
“Saranno le batterie,” disse Fumagalli.
“No: vedi che appena schiaccio, lampeggia un po’?” rispose Andreas, dimostrandoglielo.
“Giusto. E se fosse invece il tipo di telecomando? Non lo hai dovuto cambiare, per via del pesce d’aprile?”
Andreas fece un gesto di impazienza con la mano: ricordare quello scherzo diventato beffa gli faceva ancora rivoltare lo stomaco. Disse:
“No, il telecomando dello scherzo era quello del televisore. Questo del combo satellitare e digitale è ancora l’originale.”
Andreas si avvicinò lentamente al suo nemico dall’occhio spiritato, e provò ad accenderlo manualmente. Questa volta il decoder non ebbe a ragionare sulla richiesta del suo povero servo, che lo alimentava di corrente e segnali elettrici: il suo occhio rosso non lampeggiò, e continuò bensì a guardarlo, sbilenco per la prospettiva, ma sempre beffardo e invincibile.
“Brutto deficiente, adesso ti faccio vedere io,” disse Andreas, e cercò di ristabilire la sua gerarchia in salotto scollegando la bestia dall’alimentazione, per ricollegarla dopo una decina di secondi. Sentì i piedi sudargli in quell’attesa della ripresa delle funzioni dell’apparecchio, perché in fondo sapeva che il suo dominio su di esso era labile.
“Aaah!” urlò Andreas: la bestia elettronica era tornata alla vita, e inviava al televisore un segnale a volume spropositato.
“Ma che…” disse Fumagalli, che inclinava la testa per capire su che cosa il decoder si fosse sintonizzato.
Era un canale straniero, che trasmetteva un vecchio film in bianco e nero. Doveva essere muto, perché sembrava solo esserci musica o, meglio, delle note di pianoforte calanti e dissonanti. Nella scena c’erano delle streghe intorno a un pentolone, e una di loro, con un naso deformato, occhiaie nere, e un ghigno che pareva tagliarle la faccia in due, in una mano reggeva per le ali una gallina magrissima e nell’altra brandiva un coltello.
“Andreas, cambia! Cambia canale, non farmi vedere questo pollicidio!”
“Aspetta, non trovo più il telecomando…”
“Dai! All’epoca non andavano per il sottile, non c’era la protezione animali nei film!” urlò Fumagalli scotendo la testa, per non vedere la lama che si avvicinava al collo della gallina.
“Non funziona! Non funziona!” urlò Andreas, brandendo il telecomando.
La bestia elettronica, che ora aveva un occhio verde, era irremovibile e declinava tutto ciò che Andreas gli richiedeva con i bottoni: era impossibile cambiare canale, entrare nel menù, o anche spegnerlo.
“Staccalo, staccalo!” lo incitò Fumagalli, e Andreas ubbidì: la bestia elettronica si acquietò e tornò il silenzio.
Fumagalli mosse un paio di passi per riprendersi, mentre Andreas era seduto per terra.
“Basta portarlo a far aggiustare,” lo incoraggiò Fumagalli dopo un minuto e due, ma Andreas non rispose, così continuò, “oppure ne compriamo uno nuovo online, più bello e più funzionale.”
“Anche nel migliore dei casi, arriverebbe tra un paio di giorni, visto che c’è la domenica di mezzo. Ti rendi conto di che cosa significhi?”
Fumagalli, calmo, rispose:
“Ma ci sarà qualcuno a Milano che li vende, o i tradizionali canali di vendita sono definitivamente morti?”
Andreas parve rinascere e, con tono trionfante, disse al decoder:
“Adesso vediamo chi comanda!”
Scappò per prepararsi e prendere il guinzaglio per Fumagalli.
Andarono insieme in un megastore di elettronica, dove non c’era solo la solita folla al reparto di computer e a quello dei telefoni, ma anche in un angolino, accanto ai televisori.
Andreas si rivolse a un addetto e chiese immediatamente informazioni, perché voleva al più presto uscire da lì e tornare a casa con un decoder funzionante.
“Le posso proporre il modello della Ben, in offerta speciale. Lo può trovare lì,” disse l’addetto indicando verso destra, “dove ci sono tutte quelle persone. Però faccia presto, perché i pezzi si stanno esauren-”
Andreas stava già correndo e urlò solo:
“Fumagalli, aspettami alla cassa!”
Andreas si approcciò alla mischia, fatta di uomini che erano già come diventati schiavi delle bestie elettroniche ancora inscatolate. Con furore, essi si addossavano l’uno all’altro, creando una massa di carne e grasso caldi e dall’odore vagamente acido.
Era impossibile addentrarsi lì dentro, così Andreas restò fuori dal quel pluriorganismo, ma affondò il braccio alla cieca, sperando di agguantare e difendere con le unghie qualunque cosa che, al tatto, potesse rassomigliare a una scatola.
Dovette tastare a lungo: pezzi di stoffa, ossa coperte da pelle pelosa e appiccicosa, porzioni di carne calda e molle di cui preferì non chiedersi la natura. Ma infine arrivò a toccare qualcosa di solido, e vi ci affondò le unghie.
Il pluriorganismo vivente tentò di ribellarsi alla sottrazione della scatola che Andreas aveva preso: qualcuno dei suoi bracci lo strattonò, un altro arrivò perfino a graffiarlo, mentre Andreas ritirava il proprio braccio. Ma infine, Andreas vinse e corse verso la cassa, dove Fumagalli lo stava aspettando. Questi vide la scatola e urlò.
Pure Andreas urlò quando realizzò per che cosa aveva lottato, e la lasciò cadere per la sorpresa:
Epilatore di ultima generazione, delicato e potente, con tecnologia strong-pull…
Andreas raccolse la scatola e la poggiò su una pila di frullatori che aveva di fianco, e si rivolse alla prima persona che aveva la polo con i colori ufficiali del megastore.
L’uomo, con una cicatrice che gli tagliava il labbro, lo guardò con degli occhi marrone scuro, simile a fanghiglia sdrucciolevole.
“A parte quello in offerta della Ben, avete qualche altro decoder combinato?” chiese Andreas.
L’addetto lo guardò, e accennò un sorriso che il tessuto cicatriziale sul labbro frenò:
“No, signore.”
“N-No?” ripeté Andreas.
L’uomo allargò il sorriso, ma il punto fermo della cicatrice gli diede un’inclinazione innaturale:
“Mi spiace. Avremo dei nuovi arrivi a metà della prossima settimana, dopo del primo maggio.”
“Lei… Lei è…” balbettò Andreas.
“Io? Che cosa sarei, sentiamo,” disse l’uomo piuttosto minaccioso, a causa di quello che sembrava l’inizio di una descrizione poco lusinghiera nei sui confronti.
“Non lei. Lei, la Robi! Mi ha messo in un circolo del terrore!” gli urlò Andreas.
Ma era finita: era quasi ora di pranzo, e lui e Fumagalli dovevano tornare a casa.
Appena rientrata, Lalore si accorse subito che qualcosa non quadrava: il televisore era spento.
Andreas le raccontò la propria serie di disavventure mentre lei era intenta a tagliare delle verdure per il pranzo.
“Non ti preoccupare, Andri. Ne ordino io uno online, con un marchio affidabile. Decoder della ‘Ben’: che marca è mai? Magari dopo un giorno si sarebbe rotto.”
A quella frase, Andreas sentì i peli delle braccia drizzarsi, e acconsentì alla proposta di Lalore.
Dopo pranzo, sul divano di Fumagalli, Lalore cercò informazioni e offerte sui decoder. Andreas, non avendo più motivi per stare in salotto, aspettava solo che Lalore concludesse l’acquisto per poter prenderle il portatile, collegarlo al televisore, e far partire qualche streaming.
Poi Lalore lo baciò sulla fronte e disse:
“Fatto. E pare che verrà corredato anche da un piccolo gadget a sorpresa.”
Ciò bastò a far tornare il sorriso sul volto di Andreas.
“È un buon decoder, della vecchia Galesto.”
“Non la conosco, ma mi fido: sarà sicuramente migliore di quel mattone indemoniato che devo scollegare di là,” disse Andreas, pregustando il momento nel quale avrebbe tolto i cavi vitali alla bestia.
“Ma certo che la conosci,” continuò Lalore, “ne hanno parlato anche un po’ di tempo fa in televisione: la Galesto era quella ditta che non era stata acquisita, bensì vinta da un’altra. Però la componentistica e la qualità sono rimasti invariati, dicono. Insomma, Galesto, Asir sat, non fa differenza.”
Andreas era sbiancato:
“Asir…” disse, con la bocca che gli si era seccata all’istante.
“Sì, proprio quella del ciondolo che mi avevi comprato. Anche se, dopo aver vinto la Galesto, ha ceduto il laboratorio di lavorazione della bigiotteria per avere una migliore unità di immagine.”
Fumagalli gridò.
Andreas era invece paralizzato: immaginava un decoder a forma di gatto, con gli occhi rossi quando era spento e verdi quando era acceso, che lampeggiavano a ogni cambio di canale. Forse Odoacre avrebbe perfino saputo che Lalore aveva ordinato un decoder della sua ditta. Inorridì, quando pensò al tipo di gadget che avrebbe potuto ricevere nel pacco…
Riuscì a pronunciare a malapena:
“È davvero un circolo del terrore…”

  1. Storia nota anche come L’orrore del prompt 17. Tra l’altro la prima bozza è stata scritta pure di venerdì, che è un giorno notoriamente un po’ sfigato.