La schermata nera

Going Viral – Prompt:

Hai (o un personaggio ha) creato un virus informatico che è in grado di diffondersi su ogni computer, tablet o smartphone. Prende il controllo dello schermo del dispositivo e visualizza invece qualcos’altro: un messaggio, un’immagine, un’animazione, ecc. Che cosa mostra e perché?

Appena entrato in cucina per la cena, Andreas notò subito che qualcosa non quadrava: Fumagalli non era nel suo solito angoletto, con la ciotola, ma era davanti alla porta del balcone. Pareva stesse contemplando la propria immagine riflessa, tristemente.
“Fumagalli, la cena,” gli intimò Lalore, quasi come se le sue granaglie avessero potuto raffreddarsi, se si fosse ulteriormente attardato.
“Sei tanto cara, Lalore,” le rispose e andò nel suo angolino.
Andreas si mise subito a tavola a mangiare la pasta al forno che Lalore aveva preparato.
“Sai che cosa pensavo? Che magari potremmo andare in montagna, il prossimo weekend, visto che sono libera.”
“Hmmm, ma io non so sciare. E non esistono scarponi della taglia di Fumagalli.”
“Mica ho detto che andiamo a sciare. Potremmo ciaspolare. Così, per fare qualcosa di diverso.”
“Comunque non esistono ciaspole della misura di Fumagalli. Magari il prossimo weekend potremmo starcene a letto a riposarci.”
Lalore parve approvare, annuendo in silenzio.
Continuarono a mangiare poi, arrivati a fine pasto, Lalore spostò la sedia verso Andreas:
“Sai che cosa gli succede?” bisbliglò mentre muoveva appena la testa per indicare l’angolino di Fumagalli.
“No.”
“Andri, dovresti parlargli, forse è successo qualcosa con la pavonessa pavese.”
“Come è potuto succedere qualcosa con lei se non si sono mai incontrati?”
Lalore lo guardò duramente e Andreas accettò di parlare con Fumagalli. I due andarono in salotto mentre Lalore, come sempre, restò in cucina a sistemare.
“Che c’è? È forse successo qualcosa con la pavonessa pavese?” esordì immediatamente Andreas, un po’ perché non gli piacevano i preamboli, e un po’ perché non sapeva mai che cosa dire in quelle situazioni che richiedevano tatto, perciò copiò esattamente le parole che aveva usato Lalore con lui.
“Nulla.”
“Bene. Sai, Lalore e io ti vedevamo così e pensavamo che ci fosse qualche problema.”
“È questo il problema: non è successo nulla. Non hai visto il prompt di questo episodio?”
“Sì, allora?”
“E se insieme alla schermata dello psicopatico programmatore, la Robi decidesse anche di mettere un virus che danneggia il computer, o qualcosa di assurdo e tremendo per avere una scena forte, con tanta tensione e azione?”
“La Robi? Tensione e azione? Ma va! Dai, accendi il computer, perché se non vediamo che schermata viene fuori, non possiamo far partire la vicenda della settimana e resteremmo qua a far niente.”
Fumagalli becchettò delicatamente il tasto di accensione del portatile e attese che il boot finì.
Non accadde nulla, il desktop apparve come sempre.
“Prova ad aprire una pagina internet, magari succede qualcosa.”
Niente, la home page del browser venne caricata normalmente.
“Hmmm,” disse Andreas, “prova ad aprire una cartella per vedere se c’è tutto…”
Fumgalli eseguì e, sotto i suggerimenti di Andreas, aprì anche il player della musica, il blocco note, un editor di testo, un pdf… Niente, non c’era nulla.
“Forse abbiamo sbagliato a leggere il prompt e non c’è nessuna schermata,” concluse Fumagalli, “allora adesso mi posso sentire con…”
Si bloccò quando, dalla barra delle applicazioni, volle cambiare il programma attivo: fu lì che apparve la schermata, per un secondo.
Appariva ogni volta che riesumava un’applicazione dalla barra: lo schermo diventava nero e una sola scritta appariva, come nelle finestre del DOS: ASIR_SAT, per poi scomparire e lasciare il computer funzionare normalmente.
“Maledetto gattaccio!” urlò Andreas, così tanto che Lalore arrivò in salotto, preoccupata.
“Ragazzi, che… ah,” disse quando vide lo schermo diventare nero, “ne ho sentito parlare oggi: niente di serio, qualche bontempone intelligente ha deciso di fare uno scherzo su grande scala, ma pare che non rubi dati o danneggi seriamente il computer.”
“Lalore,” rispose Andreas, “tu non capisci la gravità della situazione. Asir_sat.”
“Be’, che c’è, come il tatuaggio che ti sei fatto per onorare l’essenza del-”
“No, è qualcosa di inammissibile! Tu non hai idea di che cosa significhi questa roba. Anzi: Fumagalli, vado a prenderti il guinzaglio.”
Lalore rimase sola con Fumagalli, il quale le disse soltanto:
“L’ha presa un po’ male, ma non preoccuparti.”
I due presero la metro e andarono al parco.
“Ma scusa, tutta questa strada per venire al parco, quando era chiaro che a quest’ora sarebbe stato chiuso?”
“Siamo qua per cercare il bar dove c’è quel gattone. E mi servi tu perché il muso di quell’Odoacre non me lo ricordo affatto.”
“Secondo te quanti gatti ci sono in un pub, e non dico solo a quest’ora?”
Fumagalli aveva ragione, e dovettero solo girare una decina di locali nei dintorni, prima di trovare il posto giusto.
Odoacre era seduto su uno sgabello al bancone, leccava con molto stile da una ciotola e, quando non lo faceva, guardava in alto: non una partita, ma le news che apparivano su un grosso televisore a parete.
“Gattaccio!” gli si avventò subito Andreas.
“Aspetta!” disse Odoacre, alzando la zampetta delicatamente, ma con sicurezza, “stanno per fare il passaggio della mia notizia.”
Infatti, le news mostrarono immagini di repertorio di gente che era al computer, che schiacciava le dita sulla tastiera, che aveva riflessi di schermate sugli occhiali, e che muoveva il mouse. L’unica immagine attuale era la schermata nera con la scritta ASIR_SAT. Odoacre bevve con la sua linguetta ruvida dalla ciotola.
“Ora puoi dirmi.”
Andreas non se lo fece ripetere due volte:
“Aaah!” urlò, prendendo Odoacre per la collottola, ma venne però fermato dai due uomini, amici del gatto. Mentre uno dei due teneva Andreas bloccato per le spalle, l’altro depose Odoacre sulla sedia, e gli diede una carezza sulla testa. Odoacre rispose con delle fusa, molto discrete e signorili.
“Mi ricordo di te,” disse infine, “sei quello che non sa contare i punti a scopa. Sei venuto per la rivincita?”
“No, sono venuto qui per quella cosa con la quale hai infettato i computer.”
Odoacre fece le fusa, in chiaro segno di approvazione.
“Tecnicamente non sono stato io: l’ha fatta un programmatore sfigato contro il quale ieri ho giocato a scacchi-”
“Giochi anche a scacchi?” chiese Fumagalli.
“Credo di avervelo detto l’altra volta: io so giocare a tutto. Ho molto tempo libero per imparare, a casa della mia padrona. Dicevo, è stato questo programmatore. Mi è bastato prepararlo al gioco con tre Mon Chéri, e ha subito cominciato a scommettere pesante. Ho vinto molto facilmente con un matto del barbiere, e il poveretto ha dovuto pagare programmando questo bel giochino. Ed è risaputo che i programmatori migliorino quando sono un po’ ubriachi.”
“Tu sei chiaramente matto!”
“Ma è vero, è il picco di Ballmer: ho dovuto solo aspettare che il programmatore perdesse un po’ dell’effetto dei cioccolatini, perché era poco abitua-”
“Aaah!” lo interruppe Andreas tentando di avventarsi di nuovo, ma l’amico di Odoacre lo tenne bene a freno.
A quel punto Fumagalli, comportandosi da amico, chiese ad Andreas di andar via:
“In fondo non c’è nulla che possiamo fare: non sappiamo programmare, non siamo forti abbastanza per uno scontro fisico… Torniamo a casa.”
Andreas annuì, poi disse al gatto:
“Spero ti castrino.”
“Ci ha già pensato la mia padrona il mese scorso.”
“Sarà per questo che sei completamente fuori di melone. Comunque sappi che se avrò mai l’occasione di vendicarmi per questo,” e si indicò la vita, “ti verrò a cercare e ti porterò nel mio canile.”
“Ma ti ho detto che ho già una padrona.”
“Ti ci porto e vediamo quanto sei bravo a correre,” urlò Andreas mentre era già quasi alla porta, appena dietro Fumagalli.
“Scommettiamo?” disse Odoacre.
Fumagalli becchettò Andreas sulle ginocchia, prima che potesse rispondere o muoversi per tornare dentro il locale.