La grafia del pavone

Handwriting Anatomy – Prompt:

Considera la tua calligrafia o la calligrafia di un personaggio. Che significato ha e che cosa dice sulla personalità del personaggio?

Era un tranquillo pomeriggio domenicale: Fumagalli becchettava sul computer, in chat con una pavonessa di Pavia, Andreas era sul divano a vedere distrattamente un film, e Lalore era al lavoro.
“Come va?” chiese Andreas all’altro quando i due protagonisti del film presero ad avvinghiarsi.
“Male. Non crede che il mio nome sia davvero Fumagalli. Lei pensa che sia un nome che mi sono inventato io, e ho anche dovuto darle ragione.”
“Questo diminuisce le tue possibilità di portarla fuori a cena.”
“Sarebbe oro anche accordarsi per uno snack di semi di girasole con lei, a questo punto. Dammi un minuto e chiudo.”
Appena Fumagalli mise il portatile in sospensione, si avvicinò al divano, e Andreas spense il televisore.
“Sai,” esordì Fumagalli, “penso che sarebbe interessante collegarsi al precedente episodio e analizzare la grafia del tuo tatuaggio, se la Robi non te l’ha rimosso.”
“Ti garantisco che non l’ha fatto. Ho dovuto pure inventare una storia per spiegarlo a Lalore.”
“Ottimo, allora lo possiamo analizzare, magari significa qualcosa.”
“Sì, che quel gatto è uno stronzo.”
“In effetti, per quanto manipolatore possa essere stato Odoacre, lui non ti ha costretto a fare niente. Eri ubriaco, perciò la colpa, mi spiace dirlo, è parzialmente anche la tua.”
Andreas mosse la mano in aria, come a dire che la spiegazione di Fumagalli era stata esauriente e non aveva bisogno di continuare.
“Va be’, comunque non ho voglia di fare l’analisi di questa grafia letteralmente ambigua che, alla fin fine, non sarebbe l’analisi di quella di Odoacre, ma di quella del tatuatore.”
“Che, avendola tu ora definita letteralmente ambigua, hai già concluso.”
“Aspettiamo Lalore e vediamo la sua.”
“Non serve: possiamo analizzare la tua o la mia.”
“La tua?!”
Andreas trattenne il riso a stento mentre parlava:
“Sarà una grafia piccina piccina ad aghetti di pino, con le tue zampette di gallina.”
“Ma perché metti sempre in mezzo le galline?” disse Fumagalli facendo con le penne il rumore di chi scuote un pacchetto di cracker per far scendere le briciole verso il fondo.
“Scusa, scusa. Cercherò di togliermi il vizio per il ciclo di settimane di questo blog. Però converrai anche tu che non c’è molto da dire sulla tua grafia. Sarebbe come fare l’analisi delle impronte della mano di una persona.”
“Sono d’accordo, e infatti il prompt non parla dei calchi di mani o zampe, ma di grafia. Visto che sono impossibilitato ad avere l’opponibilità del pollice, devi consentirmi di usare il becco.”
Andreas accettò la proposta, entusiasta e divertito. Gli prese un foglio di carta, e glielo porse insieme a una matita.
Fumagalli si mise all’opera con il foglio poggiato per terra, ma dopo cinque minuti era ancora con la matita nel becco.
“Va be’ che il tuo nome è lungo, però… Forse hai sbagliato a scriverlo e hai dovuto ricominciare daccapo? Fu-ma-gal-li, due l, come gall… Scusa.”
Infine Fumagalli disse di aver fatto e diede il foglio ad Andreas, con il becco.
“Cazzo,” fu quanto riuscì a dire.
Sul foglio, ‘Fumagalli’ era scritto in corsivo ben arrotondato, con volute perfettamente ombreggiate.
“Ma tu sei un artista!”
Fumagalli emise un urlo di approvazione.
“Non dirmi che sai anche disegnare…?”
“Allora non te lo dico.”
“Sai disegnare?”
“Sì, ho dipinto delle tele, e qualcuna è stata acquistata da dei collezionisti.”
“Stai scherzando? Sei un artista famoso, e me lo dici solo ora?”
“No, quale famoso: quando dipingevo ancora non mi ero dato un nome, perciò ho firmato come anonimo.”
“Anonimo? Aspetta.”
Andreas scappò in cucina e Fumagalli lo seguì, più lentamente. Quando questi lo raggiunse trovò l’altro intento a buttare per terra dei volantini che erano impilati su una mensola. Fumagalli allora gridò per richiamare l’attenzione.
“Lalore porta sempre dei volantini su mostre, iniziative turistiche e culturali, e mi sembrava che ci fosse qualcosa… Guarda.”
Era un volantino molto elegante, con la pubblicità di una mostra al Mudec per tutto il 2018 chiamata Anonimilanesi, su anonimi artisti milanesi del ventesimo e ventunesimo secolo.
“Dici che qualcuno dei miei quadri potrebbe essere esposto lì?”
“Vado a prendere il guinzaglio e andiamo,” disse Andreas.
Infatti, Fumagalli era stato riconosciuto dall’ATM come animale da compagnia, al pari di un cane: pagava regolarmente il biglietto, e doveva viaggiare al guinzaglio.
“Ma è necessario?” chiese Fumagalli ad Andreas, che oltre al guinzaglio era corso a prendere il cappotto per entrambi, “non becco mai nessuno.”
“Ma potrebbero farlo quelli dell’ATM.”
Così i due andarono al Mudec, dove girarono un po’ per le sale, fino a che Fumagalli si fermò:
“Questi due. Andreas, questi due. Andreas…? Andreas, mi ascolti…?”
No, Andreas era distratto: poco amante dell’arte figurativa, nonostante la professione di Lalore, si era soffermato a guardare una custode della sala, bionda e ben vestita, con i capelli sciolti e mossi che le tangevano il seno.
“Sei uno stupido,” disse Fumagalli, “Lalore è adorabile.”
“Lo so, sto solo guardando, mica sto facendo qualcosa di male. Questi due, allora. Belli.”
“Questo a destra è del mio periodo iniziale, mi sono chiaramente ispirato ai futuristi perché mi era più congeniale, immediato. Il soggetto è la foto di un panorama marittimo, ma l’ho dipinto alternando una pennellata relativa a quanto vedevo con la testa abbassata a destra, a una legata alla visione dall’altro lato. In questo quadro alla tua sinistra vedi chiaramente che il mio tratto è notevolmente maturato, anche se direi che lo stile è impressionista, quindi antecedente. Vedi che le pennellate sono meno nervose-”
“Scusi,” disse la custode bionda, che si era nel frattempo avvicinata, “lei è l’autore di questi due quadri?”
“Permette,” si intromise Andreas, “lui è l’artista, Fumagalli, e io sono Andreas. Piacere.”
“Sì, piacere…” rispose la donna pensosa senza rivelare, come sperava Andreas, qualcosa sulle proprie generalità.
“Come ha detto che si chiama?” disse dopo un lungo silenzio.
“Fumagalli.”
“Ma allora le sue opere non possono stare qui, essendo lei un artista non anonimo.”
Andreas e Fumagalli si guardarono meravigliati.
“Ma guardi che lui lo era, quando il quadro è stato dipinto,” lo difese Andreas.
“Ma ora no. Al più, il suo amico può esporre in una mostra dedicata ai Fumagalli, ma non le garantisco che ne sia prevista una a breve.”
La donna prese il telefono e chiamò qualcuno, che si rivelò essere un uomo che, in pochi minuti, prese a togliere le due tele dal muro e metterle su un carrello, nello stupore della gente e, soprattutto, di Andreas e Fumagalli.
Quest’ultimo disse:
“Va be’, direi che possiamo tornare a casa.”
“Ma scusa, non ti dispiace?”
“Il signor Maglione, che ha comprato queste tele, mi aveva già ben pagato.”
Tornarono a casa e, dopo qualche ora, anche Lalore rientrò. Appena fu nel salotto, dove Fumagalli era in chat e Andreas davanti al televisore, disse:
“Sapete che cosa leggevo in metro, sulla chat di alcune colleghe che lavorano nei musei della città? Che a una è capitato di dover togliere dei quadri perché l’artista si è rivelato avere un nome diverso da quello dichiarato.”
“Ah, ma pensa. E come si chiamerebbe questa a cui è successo?”
Fumagalli, a quella domanda di Andreas, mosse le penne. Lalore continuò:
“Ragazzi, per favore! Non ci sono molti pavoni che dipingono… Fumagalli, mi dispiace che abbiano ritirato i tuoi quadri dalla mostra. Ti ho preso un regalo, per rimediare a quanto ti è capitato,” e gli mostrò sul cellulare il riepilogo di un ordine Amazon che prevedeva colori a olio, un cavalletto e delle tele.
“Lalore, sei una persona splendida,” rispose Fumagalli, però guardando Andreas.
“Vero. Che mangiamo per cena?”