Il tatuaggio misterioso

Unexpected Inking – Prompt:

Una mattina, stai facendo la doccia, quando noti sul tuo corpo un tatuaggio che sei abbastanza sicuro di non ricordare di aver fatto. Che cos’è, come te lo saresti procurato e che cosa significa?

“Che cazzo!”
L’urlo proveniva dal bagno, e Fumagalli si avvicinò alla sua porta.
“Andreas,” lo chiamò, “che succede?”
“Guarda tu stesso!”
Gli aprì la porta, completamente nudo, ma ben profumato, fresco di doccia.
“Scusa, ma mi hai fatto venire qui per vederti fare commenti sul tuo membro?”
“Macché, no! Era per questo.”
Andreas si mise di profilo e mostrò delle lettere nere, ben regolari e slanciate, come scritte in Arial, tutte in maiuscolo, piazzate all’altezza del suo punto vita: ASIR_SAT.
“Ah, quello. Non te la prendere, è il prompt della settimana.”
“Sì, ho capito, però perché a me? Non poteva capitare a te o a Lalore? Perché a me?”
“Perché sei il personaggio principale: ti becchi la scena, ma anche le rogne.”
“Secondo te me lo toglierà, per la prossima volta?”
“Lo sapremo la prossima settimana.”
“Questa storia mi piace pochissimo. Lalore è già andata via?”
“Sì, è partita un quarto d’ora fa per andare al museo.”
“Allora andiamo in salotto a parlarne,” disse Andreas avvolgendosi in un accappatoio blu.
Andreas si sistemò sul divano, Fumagalli gli stava di fronte, per terra.
“Visto che dobbiamo parlarne, te lo chiedo subito: sei stato tu a farmelo?”
“Andreas, ma sei impazzito? Ma come ti viene in mente di accusarmi?”
“Perché… Perché che dovrei pensare? Fino a qualche settimana fa non ce l’avevo. Certo, il prompt lo prevede, ma tu sei un personaggio della storia, perciò avresti potuto avere un motivo per farlo.”
“Potrei offendermi per questa insinuazione,” gli rispose, ma le penne non si mossero.
“Hai ragione. Tu sai niente?”
“In verità, potrei saperlo, ma non sono sicuro. Cioè, io non ho visto la scena di te che ti fai tatuare-”
“Infatti non esiste questa scena: nella scena precedente parlavamo di neologismi, e ora sono tatuato. Null’altro.”
“Però ti posso dire che potrebbe essere successo una sera in particolare.”
“Quindi tu sapevi qualcosa, ma non me lo hai detto?”
“Scusami, non credevo che ti fosse successo questo. È stato qualche giorno fa, tra oggi e lo scorso prompt.”
“Su questo non avevo dubbi, altrimenti questa storia sarebbe venuta fuori la scorsa volta.”
“Dicevo, una di quelle volte quando siamo andati al parco, per farmi un po’ sgranchire le zampe. Poi al ritorno ci siamo fermati per mangiare qualcosa prima di cena e- ”
“Oh no,” disse Andreas portandosi la mano sulla fronte, “non dirmi che mi sono ubriacato…”
Fumagalli annuì, poi disse:
“A un certo punto sei scomparso, ma poi sei ricomparso dopo una mezz’ora, sano e ubriaco come quando te ne eri andato, e siamo tornati a casa. Il giorno dopo stavi bene, perciò non ho dato peso alla cosa. Deve essere successo lì.”
Andreas si massaggiò il fianco sinistro, dove era stato tatuato, pensoso.
“Sarà stato due o tre giorni fa, perché un po’ per non fare tardi al lavoro, un po’ per pigrizia, ho saltato un paio di docce.”
Fumagalli scosse lievemente le penne:
“Io continuo a dire che Lalore è una donna favolosa e che dovresti trattarla meglio.”
“Stai andando fuori tema, non c’entra nulla con la storia. Dimmi che cosa ti ricordi della serata al bar.”
“Dici che conviene a far partire un flashback, oppure racconto io e manteniamo una struttura narrativa lineare?”
“Figurati se quella là si prende la briga di intervenire interrompendo l’azione: dobbiamo fare da noi.”
“Sì, ma se facciamo solo dialogo, la scena viene poco equilibrata, mancherebbero azioni tra le battute. Anzi, peggio, sarebbe un monologo tutto mio.”
“Non preoccuparti, provvederò a interromperti e a fare qualcosa per far sì che si inserisca del testo ogni tanto. Vai, comincia.”
Fumagalli prese a raccontare, cominciando a camminare come fanno tutti gli investigatori dei film anni 50 quando stanno srotolando la matassa di eventi a fine pellicola.
“Eravamo al bar, abbiamo chiamato Lalore per dirle che saremmo tornati a casa per ora di cena e abbiamo ordinato: tu un panino e un’aranciata, io delle granaglie con acqua frizzante. A un tavolo non lontano dal nostro, c’erano tre tizi: due uomini e un gatto.”
“Un gatto? Ma faceva parte del prompt?” disse Andreas saltellando in salotto sulla sola gamba destra.
“No, se lo è inventato la Robi.”
Andreas smise di saltellare e rimase a bocca aperta, poi lasciò che Fumagalli continuasse il racconto.
“Insomma, questi tre hanno iniziato a guardarci, specialmente il gatto, fino a che non sono venuti al nostro tavolo. Il gatto si è presentato, dicendo di chiamarsi Odoacre-”
“Odoche?”
“Odoacre, per gli amici Acre, ci ha detto.”
“Tu gli avresti di certo dato un nome migliore. Comunque, continua.”
“Odoacre ci ha spiegato che voleva sfidarci: freccette, biliardino, biliardo, ping pong o, se preferivamo, carte.”
“Non dirmi che abbiamo giocato a carte, perché io non so giocare.”
“Infatti: tu hai risposto che sai solo giocare a scopa, e un po’ a briscola e tressette. Io invece gli ho detto che non ho proprio modo di tenere le carte in mano, perché non ce le ho. Però, e qua riconosco la sua astuzia, Odoacre ha detto di non preoccuparsi, e ti ha offerto una birra.”
“Oh no, non dirmelo…” disse Andreas, interrompendo di sploverare con un piumino i libri poggiati sullo scaffale appeso alla parete.
“Purtroppo sì: a metà della prima birra avevi già le carte e stavi giocando la partita di riscaldamento contro Odoacre. Hai perso, come pure hai perso le prime due mani ufficiali. Alla terza avevi in mano anche la terza, di birra: hai perso di nuovo, e pagato il giro di birra per i suoi due amici, nonché il latte di capra per lui. Avete continuato così per un po’: tu sempre più birre, che bevevi e pagavi ai due uomini, e lui sempre più latte, sempre a tue spese, che gli sarà venuto il colesterolo a 250.”
“Questa storia non promette bene, ho paura di sentire oltre,” disse Andreas, seduto sul divano, con le mani messe alle tempie.
“Infatti. A un certo punto Odoacre ti dice che basta così, che sono tutti allegri per le tue birre e che la serata va bene così. Ma tu niente, dicevi che la donna di spade ti aveva parlato e garantito una mano buona, e che eri disposto a tutto, pur di giocarla.”
“Va bene, basta così, non dire oltre: avrò perso.”
“Ed è stato lì che sei scomparso.”
Andreas sospirò:
“Ma che tatuaggio è, questo?”
“Non saprei: Asir sat…”
“Suona come un canale satellitare. Magari possiamo fare un po’ di zapping.”
Fumagalli smosse con la testa il telecomando e, con il becco, accese il televisore. Era molto bravo nello zapping, con i suoi becchettii ravvicinati e decisi.
Andreas controllava che ASIR_SAT non apparisse negli oltre 500 canali che avevano a disposizione. Poi, quando la sequenza tornò su Rai 1, disse a Fumagalli di fermarsi.
“No, non è un canale… Ma allora cosa… Non sarò mica diventato un terrorista?”
“Assoldato da un gatto?”
“Era un persiano?”
“No, un gatto rosso.”
“E allora non lo so, si sarà semplicemente divertito alle mie spalle. Va be’, niente, vado a prepararmi per andare al lavoro.”
Andreas si alzò dal divano e andò in camera, poi da lì urlò:
“Fumagalli! Mi prenderesti dallo stendino un paio di mutande?”
Fumagalli obbedì, ed entrò nella camera reggendo l’indumento nel becco. Lo poggiò nella mano di Andreas, il quale subito lo indossò.
Fu così che Fumagalli notò che la scritta era ora parzialmente coperta, e che mancava la parte inferiore. Le lettere, così tagliate, erano diventate ΛCID CΛT.
Andreas notò lo sguardo del pavone su di sé, aggrottò la fronte e si guardò la vita allo specchio.
“Se arriverà mai un prompt che parla di vendetta, saprò da chi andare!”
“Basta che ti fai portare pure tu il latte, fosse pure scremato.”